Una telefonata fatta il 25 luglio ad un collega da Andrea Pellegrini, il poliziotto arrestato per avere torturato Hasib Omerovic nel corso di un “controllo” nella sua abitazione di Primavalle, a Roma, potrebbe rappresentare un tassello fondamentale nell’impianto accusatorio della Procura in una vicenda definita “grave” dal capo della Polizia Lamberto Giannini, che ha rivendicato “impegno e trasparenza” ma anche “serenità e orgoglio per aver fatto quello che bisognava fare”. La comunicazione è citata nell’ordinanza con cui il gip della ha disposto per il 50enne gli arresti domiciliari. Dopo l’intervento delle forze dell’ordine nell’appartamento di via Gerolamo Aleandro, culminato con la caduta dalla finestra di Omerovic, Pellegrini chiamò infatti un agente della Polizia Locale affermando che “la persona si era buttata di sotto una volta che loro erano giù nel cortile”. Per il giudice si tratta di una “anomalia” che “assume al contempo valenza indiziaria del fatto che le cose non fossero andate come riferito nell’ annotazione dal Pellegrini”.
L’agente della Locale è stato ascoltato dagli uomini della Squadra Mobile che, in tempi stringati, hanno effettuato l’attività di indagine. E ha raccontato che la mattina del 25 luglio gli agenti di Primavalle andarono al loro comando per rintracciare l’abitazione di Omerovic. A presentarsi fu proprio Pellegrini, che lui conosceva, e un altro collega, entrambi in borghese. I due, scrive il Gip, chiesero “se aveva informazioni circa una persona rom, sordomuta che gira il quartiere rovistando nei cassonetti, aggiungendo che tale soggetto gli interessava in quanto era stato oggetto di diverse segnalazioni nel quartiere per molestie sulle donne”.
Il testimone ha poi aggiunto che quel pomeriggio, “ha ricevuto una telefonata da Pellegrini che stranamente lo ragguagliava del fatto che l’accertamento era finito male facendo riferimento in particolare al fatto che ‘la persona si era buttata di sotto una volta che loro erano giù nel cortile’, passaggio anche questo del tutto singolare e verosimilmente denotante – scirve il gip – l’intento di fornire una giustificazione non richiesta. L’anomalia appare ancora maggiore considerato che dai tabulati non risulta alcuna telefonata in quell’orario, in partenza dal cellulare di Pellegrini verso il cellulare dell’agente”.
Ed è proprio sulla annotazione di servizio che l’attività di indagine ha portato all’iscrizione di altri quattro agenti per il reato di falso e depistaggio. Una annotazione in cui sostanzialmente viene raccontata un’altra storia e non dell’aggressione fisica e psicologica a cui fu sottoposto il 36enne affetto da sordomutismo. Nell’ordinanza, sul punto, viene citato anche un messaggio che un ispettore inviò ad una collega del commissariato Primavalle.
Per l’agente era necessario redigere una nuova relazione di servizio su quanto appurato nelle settimane dopo i fatti per “pararsi il c.. dall’onda di m…che quando arriva sommerge tutti”. Nel documento del gip si afferma, infatti, che i due ispettori poco prima del messaggio inviato via WhatsApp avevano avuto un colloquio telefonico durante il quale la poliziotta ha raccomandato il collega “‘di svolgere in modo accurato le indagini poiché le cose non stanno come hanno scritto gli operanti’ sottolineando anche l’insussistenza di valide ragioni che potessero giustificare, nel caso di specie, un accesso all’interno di una privata abitazione nei termini descritti”.
Fondamentale per ricostruire quanto avvenuto nell’appartamento è il racconto fornito agli uomini della Squadra Mobile da uno degli agenti presenti. “Ho provato un senso di vergogna” per non essere intervenuto e fermare quanto stava accadendo, ha raccontato ai colleghi che lo hanno ascoltato per ore.
Nell’ordinanza il gip scrive che il poliziotto, testimone oculare, “ha riferito di essersi limitato a confidare alcune cose (la porta sfondata a un collega e gli schiaffi a un altro) e di essersi in qualche modo determinato a sottoscrivere la relazione di servizio, il cui contenuto non era corrispondente a quanto avvenuto, perché Pellegrini, che verrà sentito dal gip il 27 dicembre, è pur sempre un suo superiore, di cui in qualche modo subiva il ‘peso’ e gli atteggiamenti, e che soltanto quando la pressione delle notizie di stampa sulla vicenda si era fatta insostenibile aveva finalmente sentito l’esigenza di recarsi dal dirigente per ‘riferire le cose come erano andate perché in queste situazioni è inutile cercare di nasconderle'”. Intanto, a distanza di mesi, migliorano le condizioni di salute dell’uomo. Hasib ha iniziato a respirare da solo, mangia autonomamente e fa qualche passo. “Non ha una coscienza piena e non gli è stato fatto riferimento all’accaduto. I familiari non fanno nessun accenno quando vanno a trovarlo”, spiega Carlo Stasolla dell’associazione 21 luglio.