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Corona Virus

“Oltre 700mila immigrati invisibili per vaccinazione”

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In Italia esiste attualmente una ‘bolla’ di oltre 700mila cittadini stranieri immigrati da paesi extra Ue ‘invisibili’ ai fini della vaccinazione anti-Covid poiche’ impossibilitati a prenotarsi attraverso le piattaforme regionali in quanto non in possesso di tessera sanitaria o codice fiscale. A questi si aggiungono alcune altre migliaia di immigrati presenti nel nostro Paese e provenienti invece da nazioni Ue. A richiamare l’attenzione su un fenomeno “preoccupante” e che potrebbe rappresentare un problema per la salute pubblica in questo momento e’ Gianfranco Costanzo, direttore sanitario dell’Istituto nazionale per la salute, le migrazioni e la poverta’ (Inmp). “Si tratta – spiega Costanzo – di oltre 700mila immigrati da Paesi extra Ue temporaneamente presenti in Italia o stranieri irregolari ai quali e’ rilasciato il tesserino Stp (Stranieri temporaneamente presenti), che garantisce l’accesso alle prestazioni sanitarie urgenti o essenziali tra cui le vaccinazioni. L’Stp viene infatti rilasciato agli immigrati irregolari con piu’ di tre mesi di presenza in Italia ma anche a chi ha fatto richiesta di asilo ma non ha ancora i documenti”. A questi, sottolinea, “si aggiungono anche gli immigrati Ue con tesserino Eni (Europeo non inscritto) che viene rilasciato ai cittadini comunitari indigenti presenti in Italia non iscritti al SSN. In questo caso sono immigrati regolari in virtu’ del principio della libera circolazione delle persone in Europa, e sono varie migliaia”. Il problema e’ che le piattaforme regionali “non prevedono l’accesso con tali documenti. Unica eccezione e’ l’Emilia Romagna”. Dunque, denuncia, “pur avendo diritto alla vaccinazione, in pratica questi immigrati non possono accedervi. Il quadro delle piattaforme regionali per le prenotazioni e’ desolante”. I siti di prenotazione informatica regionali, infatti, prevedono l’inserimento del codice fiscale e dei codici della tessera sanitaria. In alcune Regioni poi, come ad esempio in Friuli Venezia Giulia, fa notare Costanzo, “si prevede addirittura l’inserimento dello Spid, il codice di identita’ digitale, o del numero di cellulare certificato. Con tali livelli di accesso, e’ ovvio che questa fasce di cittadini stranieri non in possesso di tessera sanitaria o altri codici rimangano tagliate fuori. Al momento nessuna piattaforma prevede l’inserimento dei codici dei tesserini Stp o Eni rilasciati a tali persone. Piu’ precisamente, su 21 regioni e Pa solo una e’ la regione virtuosa che ha previsto l’inserimento dei tesserini Stp, Eni e permessi di soggiorno temporanei per l’accesso alle vaccinazioni, ovvero l’Emilia. C’e’ quindi un grande elemento di iniquita’, che non riguarda invece gli immigrati regolari in possesso della tessera sanitaria”. Insomma, avverte Costanzo, “si crea una bolla di persone non raggiungibili e questo e’ un problema. Ai fini dell’immunita’ di gregge, infatti, se escludiamo fasce importanti di popolazione che vivono in Italia dall’offerta vaccinale, da un lato danneggiamo la salute individuale ma dall’altro creiamo anche un problema per la salute collettiva”. In generale comunque, precisa, “le evidenze indicano che non c’e’ una differenza tra la circolazione del virus tra gli italiani e gli stranieri presenti nel nostro Paese”. Questa situazione, afferma, “e’ stata segnalata al ministero della Salute, che ha inviato una nota alle regioni. E’ proprio a livello regionale che bisogna agire, ma la situazione resta al momento critica”. Quanto agli immigrati giunti in Italia con gli ultimi sbarchi, “ci risulta che non ci siano elementi di preoccupazione perche’ il tasso di positivita’ al virus SarsCoV2 tra queste persone e’ addirittura inferiore a quello della popolazione italiana. Un elemento in linea con l’andamento epidemico in Africa, dove l’incidenza e’ inferiore rispetto agli altri continenti anche se i motivi del fenomeno sono allo studio”. Una problematica analoga, segnala infine Costanzo, “si pone anche per i senza fissa dimora che, non avendo una residenza, non hanno un tesserino sanitario ai fini della vaccinazione e possono essere raggiunti solo con iniziative attive sul territorio, ma ci vorrebbe un sistema piu’ organizzato da parte di tutte le regioni”.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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