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Lavoro

Oltre 500mila assunzioni a gennaio, metà non si trova

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Oltre mezzo milione di assunzioni a gennaio e quasi un milione e mezzo da qui a marzo. Aumentano gli ingressi nelle aziende, sia a livello mensile, 508mila, sia nel trimestre, 1,4 milioni, ma continua a crescere anche la difficoltà a reperire il personale che ora ha raggiunto quasi il 50%. E le aziende per alcuni settori operativi guardano preferenzialmente ai lavoratori immigrati. Intanto crescono i contratti stabili. E’ questa in estrema sintesi la prima fotografia del 2024 del mercato del lavoro nelle imprese scattata dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal.

Anche a gennaio 2024 i contratti a tempo determinato si confermano la forma più diffusa: sono circa 206mila, il 40,5% del totale, ma risultano in calo rispetto a un anno fa, quando erano il 41,3% del totale. Sono invece in crescita i contratti a tempo indeterminato che passano dai 122mila di gennaio 2023 agli attuali 129mila (+7mila; +5,7%). A guidare la domanda di lavoro sono i servizi alle persone che programmano a gennaio 70mila assunzioni (+10,0% rispetto a gennaio 2023). Seguono commercio (68mila unità; +13,7% su base annua) e le costruzioni (51mila unità; +1,8%).

È negativa la tendenza prevista delle imprese del turismo e dell’industria manifatturiera (rispettivamente -12,1% e -2,3% rispetto all’anno precedente). L’industria complessivamente a gennaio ha in programma 172mila assunzioni (-1,1% su base annua) 121mila delle quali nelle industrie manifatturiere e nelle public utilities, mentre appunto le altre riguardano le costruzioni. I servizi prevedono di assumere in totale 336mila lavoratori (+2,0% su base annua). In generale sono le piccole e le medie imprese a una crescita delle assunzioni ma la tendenza è positiva anche per le grandi imprese.

In flessione invece le microimprese. Ma anche nel 2024 resta in primo piano e si fa sempre più evidente il problema del mancato incrocio tra domanda e offerta, quel mismatch che interessa 250mila assunzioni delle 508mila programmate. Perchè mancano i candidati (31,1%), o non sono preparati adeguatamente (14,3%) o per altri motivi (3,8%). A mancare sono gli specialisti nelle scienze della vita (è di difficile reperimento il 91,4% di farmacisti, biologi e altri profili appartenenti a questo gruppo professionale), seguiti dagli operai addetti a macchinari dell’industria tessile e delle confezioni (72,8%), dai fonditori, saldatori, montatori di carpenteria metallica (72,6%), dagli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (71,8%) e dai tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (70,6%).

Il 19% delle ricerche di personale è rivolto a laureati il 30% a diplomati e il 32% a chi è in possesso di una qualifica/diploma professionale. Per il 18,1% delle assunzioni (oltre 91mila) le imprese pensano di rivolgersi preferenzialmente a lavoratori immigrati, soprattutto nei settori dei servizi operativi (30,8% del totale entrate), della logistica (29,1%), dei servizi di alloggio, ristorazione, turismo (24,4%), delle costruzioni (21,0%) e delle industrie alimentari, bevande e tabacco (20,6%). A livello territoriale Nord-ovest e Nord-est hanno in programma il maggior numero di assunzioni, seguite dalle regioni del Sud e del Centro . Tra le regioni guida la Lombardia, seguita da Lazio, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Campania.

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Fumata nera su contratto infermieri, fermi anche medici

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Dopo 13 mesi di stallo, ancora una fumata nera sul contratto del comparto Sanità 2022-24, che riguarda oltre 580mila lavoratori del Servizio sanitario nazionale tra infermieri – che rappresentano oltre la metà del totale – tecnici e personale non medico. Sul tavolo ci sono 172 euro di aumento mensile ma i sindacati di categoria sono divisi e varie sigle reputano insufficienti le risorse stanziate e carente la parte normativa. L’incontro di oggi all’Aran per la ripresa delle trattative, dopo che alcune sigle avevano già fatto saltare l’accordo nei mesi scorsi, si è dunque chiuso con un nulla di fatto. Un nuovo incontro è previsto il 22 maggio.

Intanto, anche per il contratto dei medici è stallo: attendono ancora l’atto di indirizzo e chiedono di avviare subito le trattative. Nell’incontro di oggi, i sindacati degli infermieri e di categoria confermano posizioni differenti. Da un lato il sindacato Nursind, favorevole ad una chiusura. “Anche oggi – rileva il segretario Andrea Bottega – abbiamo ribadito la nostra disponibilità a sottoscrivere il Ccnl, ma soprattutto sollevato un problema di tempi perché i fondi, seppure pochi e insufficienti a compensare l’inflazione degli ultimi anni, vanno spesi entro fine anno come previsto dal Documento di finanza pubblica. Oppure sarà meglio poi doversi piegare a quanto sarà deciso unilateralmente dal governo? Questa sì che sarebbe una sconfitta per le relazioni sindacali”. Riferendosi quindi alle sigle che insistono sul nodo dei fondi, Bottega sottolinea che “la questione delle scarse risorse non è da porre al tavolo Aran. Non è in quella sede che può essere affrontata e risolta. Per disporre di nuovi stanziamenti, infatti, serve una legge”.

Per il Nursing up, l’incontro “si è rapidamente trasformato nell’ennesimo muro contro muro, senza uno spiraglio di soluzione”. E pur chiedendo di chiudere il contratto al più presto, il sindacato chiede a governo e regioni “da che parte stanno: basta teatrini, i professionisti sanitari non sono marionette”. E’ netta invece l’opposizione di Fp Cgil e Uil Fpl: “Non è emersa alcuna novità sostanziale, né sul piano economico né su quello normativo. Ancora una volta – affermano – il confronto si è rivelato privo di contenuti in grado di rispondere concretamente alle attese dei lavoratori e lavoratrici del settore. Ribadiamo con fermezza l’indisponibilità a sottoscrivere una pre-intesa che non riconosca il valore del personale sanitario attraverso tutele reali, diritti esigibili e un adeguato incremento salariale”. Insomma, avvertono, “in assenza di un cambio di rotta non esistono le condizioni per la chiusura positiva della trattativa”. Da parte sua, l’Aran sottolinea che, anche se restano distanti le posizioni delle parti, “il confronto ha permesso di entrare nel merito di alcune questioni specifiche, offrendo l’occasione per un dialogo più concreto. Per continuare il confronto e verificare se ci sono le condizioni per arrivare a un’intesa”.

Ricorda quindi che si prevede un aumento medio mensile di 172,37 euro per tredici mensilità, pari al 6,8% in più rispetto agli stipendi attuali, e le risorse stanziate ammontano a 1,784 miliardi. Oltre agli aspetti economici, il contratto introduce inoltre “maggiore tutela contro le aggressioni al personale, riorganizzazione degli incarichi professionali, potenziamento della formazione e nuove misure per migliorare l’equilibrio tra vita e lavoro”. Intanto, medici e dirigenti sanitari ancora attendono l’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il loro contratto 2022-24, dunque già scaduto. “Non solo non siamo disponibili ad aspettare, perchè è inaccettabile dover attendere la conclusione del contratto del comparto Sanità per poter iniziare a discutere di quello dei medici – affermano i leader dei sindacati Anaao e Cimo, Pierino Di Silverio e Guido Quici – ma anzi chiediamo di fare un ulteriore passo avanti accorpando i trienni contrattuali 2022-24 e 2025-27, una decisione che sarebbe storica”. Questo, concludono, per “garantire ai colleghi adeguamenti retributivi accettabili e bloccare l’intollerabile tradizione di firmare solo contratti già scaduti”.

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Economia

Intelligenza artificiale e HR: il futuro è umano, ma potenziato dalla tecnologia

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L’intelligenza artificiale smette i panni salvifici per diventare uno strumento concreto al servizio delle persone e della produttività aziendale. È quanto emerge dal nuovo report Zucchetti HR 2025, che ha intervistato oltre 1.200 professionisti delle risorse umane, fotografando le nuove priorità delle imprese italiane.

Dall’euforia tecnologica alla strategia concreta

Dopo anni di entusiasmo quasi mitico attorno all’IA, oggi la tecnologia torna a essere mezzo e non fine. Le imprese puntano su soluzioni a valore aggiunto, ancorate alle esigenze reali: automazione dei processi (30%), comunicazione interna (20%), benessere del personale (19%), formazione (16%) e recruiting (15%).

«Le tecnologie non devono sostituire l’essere umano, ma potenziarlo», sottolinea Domenico Uggeri, vicepresidente Zucchetti. È questo il principio del nuovo modello HR, che diventa data-driven, flessibile e centrato sulla persona.

Intelligenza artificiale e selezione del personale

Il 70% degli intervistati crede che l’IA cambierà profondamente il proprio lavoro. E in effetti machine learning e algoritmi sono già protagonisti nell’analisi dei CV e nella selezione dei candidati. Tuttavia, nelle PMI manca ancora un’applicazione integrata e proattiva. Il rischio? Perdere il vantaggio competitivo.

HR sempre più strategico

La funzione risorse umane è oggi chiamata a un ruolo centrale nell’impresa: agente del cambiamento, partner del business, guida nei processi di innovazione. Secondo Uggeri, l’HR è il nodo tra produttività, digitalizzazione e benessere. Un equilibrio delicato da mantenere con consapevolezza tecnologica, empatia e visione sistemica.

Welfare, talent retention e dialogo con la Gen Z

La carenza di talenti e la difficoltà a trattenere i collaboratori richiedono nuove politiche di welfare. Fringe benefit, anticipo stipendio, incentivi per le famiglie: tutto contribuisce a contrastare fenomeni come Grandi Dimissioni e Quiet Quitting.

«Il ruolo HR è sempre più leva strategica e garante della centralità della persona», afferma Maristella Di Raddo, Direttore Full Service Gruppo Conad Nord Ovest.

Per Alessandro Premoli, Head of HR di F&B Italy (gruppo Autogrill), «serve agilità nel raccogliere le sfide, adattarsi ai cambiamenti e semplificare la vita delle persone con soluzioni tecnologiche intuitive».

Ma la partita vera si gioca con la Generazione Z. Come spiega Andrea Arrighi di Lagardère Travel Retail Italia, trattenere i giovani talenti sarà una sfida epocale. Se non affrontata con progettualità rapide e mirate, potrà mettere a rischio lo sviluppo industriale.

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Economia

Metalmeccanici in piazza in tutta Italia per contratto

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La rabbia dei metalmeccanici è ancora scesa in piazza, in tutta Italia, per il nuovo sciopero di otto ore proclamato da Fim, Fiom e Uilm per chiedere a Federmeccanica e Assistal la ripresa della trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di categoria, scaduto a giugno 2024 per circa 1,5 milioni di lavoratori. Da nord a sud della Penisola, i lavoratori hanno incrociato le braccia e partecipato alle manifestazioni organizzate su scala territoriale, con le tre organizzazioni che parlano di una “straordinaria riuscita” della mobilitazione e “molte fabbriche ferme”: chiusa, dicono sulla base dei primi dati parziali, la Lagostina di Cusio, completamente vuota la Fincantieri di Marghera e gli appalti del polo petrolchimico di Siracusa, mentre adesioni “ben oltre il 90%” ci sono state, tra le altre, dalla Isringhausen di Chieti agli stabilimenti Leonardo di Napoli, dalla Electrolux di Pordenone alla Magna di Livorno.

Interviene anche la ministra del Lavoro Marina Calderone: “Credo che sia importante accompagnare le parti al rinnovo del contratto della metalmeccanica, perché è un contratto importante che riguarda settori strategici e che, soprattutto, porta con sé anche una riflessione su quello che è il futuro della metalmeccanica e della meccatronica nel nostro Paese, anche alla luce di quelle che sono le tante sollecitazioni, ma anche le tante transizioni di settori che devono essere ripensati”. La protesta però è destinata a non fermarsi, visto che le tre organizzazioni sindacali minacciano che, in assenza di una ripresa della trattativa interrotta a novembre, i primi giorni di aprile decideranno “ulteriori azioni più incisive ed estese”. “Non ci fermeremo di fronte all’irresponsabilità degli imprenditori” ha detto dalla piazza di Torino il segretario generale della Fim Cisl, Ferdinando Uliano, ricordando che “sono undici mesi che abbiamo presentato la piattaforma”, ma che Federmeccanica e Assistal “non hanno risposto sulle questioni salariali e su quelle normative”.

Anche secondo il segretario della Fiom, Michele De Palma, in corteo con i lavoratori di Reggio Emilia, le associazioni datoriali, non riaprendo il confronto, stanno compiendo “un atto irresponsabile e antidemocratico”. “Non ci fermeremo – ha aggiunto – fino a quando non ripartirà la trattativa e porteremo a casa il rinnovo del contratto nazionale”. Per il segretario della Uilm Rocco Palombella, in piazza a Napoli, gli 11 punti della piattaforma sindacale “sono importantissimi”, perché riguardano “il sociale, il futuro, e il rilancio del Paese. Noi andremo avanti” ha ribadito anche lui.

E a fianco della battaglia dei lavoratori metalmeccanici si sono schierati anche i segretari generali della Cgil Maurizio Landini (nella foto in evidenza), che ha partecipato al corteo di Roma, della Uil PierPaolo Bombardieri e della Cisl Daniela Fumarola, con i primi due che hanno chiamato in causa il governo, chiedendo la detassazione degli aumenti salariali di tutti i contratti. Con la mobilitazione di oggi salgono a 24 in totale le ore di sciopero proclamate da novembre da Fim, Fiom e Uilm, che nella loro piattaforma, sul fronte del salario, hanno chiesto un aumento medio a regime per il livello C3 (ex quinto livello) di 280 euro lordi per il triennio luglio 2024-giugno 2027.

Le imprese offrono invece un aumento salariale medio allo stesso livello di 173 euro, sulla base dell’indice Ipca, ma allungando la vigenza del contratto di un anno, fino a giugno 2028. Intanto, l’Istat certifica un miglioramento del fatturato dell’industria, che a gennaio registra aumenti in termini congiunturali del 3,8% in valore e del 4% in volume, incrementi sia sul mercato interno (+3,9% in valore e in volume) sia su quello estero (+3,6% in valore e +4,4% in volume). Un quadro, questo, che si conferma positivo anche in termini tendenziali.

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