Nuovo capitolo della guerra legale ai bianconeri: “Ora basta, la Juventus non può assegnarsi da sola 36 scudetti visto che due glieli ha tolti la giustizia sportiva”
“La Juve ritiene di avere 36 scudetti? È un problema suo, sbaglia. Ne ha 34. Bisogna accettarlo e va rispettato” è quel che dice il presidente neo eletto della Federcalcio Gabriele Gravina, dando a modo suo una lettura più chiara della questione assegnazione scudetti ai bianconeri. Due degli scudetti che la Juventus si auto assegna (su merchandising, nello stadio, sue pubblicazioni) sono quelli revocati dalla giustizia sportiva. Ora se a sostenere che la Juventus può dire quello che vuole degli scudetti vinti è un quivis de populo, può anche andare bene. Non può e non deve andare bene se a sostenere certe cose non vere siano dei tesserati appartenenti alla Federcalcio o della Lega. Il movimento calcistico italiano si regge anche sul rispetto di certe regole che vanno oltre quella che è la legislazione ordinaria, per quanto siano meno importanti per la collettività ma non per chi è un iscritto al movimento calcistico. Contro la Juventus che ovunque si pubblicizza e fa promozione sfoggiando 36 scudetti, è sceso in campo il movimento Noi Consumatori che “denuncia” il comportamento della società di Andrea Agnelli che si fregia di 36 titoli nazionali come esempio illuminante di “pubblicità ingannevole e violazione delle norme di diritto”.
Angelo Pisani. L’avvocato che sta bersagliando la Juventus con decine di diffide
Sostiene l’avvocato Angelo Pisani, presidente di Noi Consumatori, che “la scritta allo Stadium, le scritte su magliette, pubblicazioni, prodotti commerciali marchiati Juventus con 36 scudetti sono illegittime, prendono per i fondelli i consumatori, i tifosi e persino quei marchi commerciali e quelle tv a pagamento che alla Juventus versano soldi in base anche al numero di titoli vinti e la Juventus non può dichiararne più di quanti ne ha legittimamente vinti, ovvero 34. Gli altri due erano apocrifi, vinti in maniera illegittima dicono i giudici sportivi”. Ed è questa la argomentazione principale addotta da Pisani “per contrastare e far cessare le scorrettezze compiute dalla Juventus che deve smetterla di auto attribuirsi scudetti che non ha vinto”. È per questo motivo che qualche tempo fa Pisani, a nome del movimento Noi Consumatori, spedì diffide in ogni direzione per far smettere all Juventus di vantare titoli non vinti. Diffide furono notificate alla Figc, alla Procura federale oltre che, per conoscenza, a Consob, Antitrust, Ministero dello sport, Coni, Uefa e Fifa.
Andrea Agnelli. Il presidente che espone allo Stadium lo striscione che reclamizza 36 scudetti sapendo di averne vinti “solo” 34 legittimamente
L’avvocato Pisani, scrive nell’atto di denuncia, che ancora oggi, nonostante le diffide, la Juventus, “incurante della condanna subita per aver perso i due scudetti e in violazione dei fondamentali principi di trasparenza, buona fede e correttezza fa palesemente pubblicità che non ha alcun fondamento di verità”. In pratica si assegna due scudetti in più rispetto a quelli vinti legittimamente.
“Ogni comunicazione, immagine e propaganda come quella sul sito internet e all’ingresso dello stadio, di n. 36 scudetti – spiega Pisani – rappresenta anche una fattispecie di pubblicità ingannevole e violazione delle norme di diritto, oltre che essere pessimo esempio di elusione ed arroganza in violazione dei valori sportivi e dei principi di lealtà, etica, correttezza”. Inoltre la Juventus è quotata in Borsa, sostiene Pisani, “ragion per cui il divulgare notizie errate, false e fuorvianti, può avere senza dubbio effetti dannosi anche per i consumatori”. Pisani chiede quindi ai destinatari della diffida, “inspiegabilmente ancora non intervenuti d’Ufficio, di verificare ed attestare quanti scudetti può regolarmente dichiarare e pubblicizzare” la Juventus e che, “in caso di irregolarità e pubblicità ingannevole, nonché di frode nella comunicazione sportiva per la violazione dei principi di correttezza, trasparenza e buona fede, sia disposto l’oscuramento e blocco delle immagini e pagine del sito internet istituzionale della Juventus raffiguranti il numero 36 scudetti, nonché di tutte le affissioni di ogni genere all’interno della società e/o dello stadio di appartenenza”. A distanza di qualche mese dalla presentazione delle diffide abbiamo chiesto all’avvocato Pisani che cosa hanno deciso le autorità adite. La risposta è incredibile. “Vuole sapere che cosa hanno deciso? Hanno risposto – spiega Pisani – che o non possono intervenire, o non hanno competenza, o non sanno come e cosa fare o che la Juventus può dire e fare quello che vuole tanto gli scudetti sono sempre 34” conclude Pisani, quasi sconsolato. “In questo paese, anche da queste piccole cose, capisci che la giustizia non esiste, esiste quella dei più forti”.
Una rete di truffatori che, utilizzando prevalentemente prestanome, tra cui senza fissa dimora, percettori di reddito di cittadinanza, persone decedute o con precedenti penali, aveva creato un numero imprecisato di imprese inesistenti per riscuotere crediti di imposta fittizi per “Ecobonus” e “Bonus Facciate” per 1,7 miliardi di euro. A fare luce sulla truffa è stata la Guardia di Finanza di Avellino e di Napoli, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Avellino. Si tratta del sequestro di crediti d’imposta più alto di sempre e che ha portato a perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato. “Non si può parlare di imprenditori, dato che le società esistevano soltanto sulla carta e in qualche caso erano da tempo non operative”, sottolinea il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Avellino, Salvatore Minale, che insieme alle Fiamme Gialle di Napoli, ha disarticolato l’organizzazione che nel corso degli ultimi mesi e su base quotidiana ha inviato alla Agenzia delle Entrate un elevatissimo numero di comunicazioni di cessione del credito di imposta. Nei confronti degli indagati si ipotizzano i reati di associazione a delinquere, truffa, riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Gli investigatori escludono il loro collegamento con organizzazioni criminali, ma evidenziano la rodata ‘specializzazione’ raggiunta dagli indagati: in molti casi, le particelle catastali corrispondevano ad immobili inesistenti e a turno, gli stessi soggetti si scambiavano i ruoli di cedenti e cessionario dei crediti. Ad innescare l’indagine è stata un’analisi di rischio del Settore Contrasto Illeciti dell’Agenzia delle Entrate. Sono state inoltrate istanze anche per immobili inesistenti, senza fatture oppure riportanti importi “incoerenti”. In duemila casi, è stato accertato, i lavori si sarebbero dovuti realizzare addirittura in comuni inesistenti. I lavori dichiarati per i quali sono stati inoltrate richieste di bonus avrebbero avuto un costo di circa 2,8 miliardi di euro. I sequestri eseguiti oggi – uno preventivo emesso dal gip e un altro d’urgenza della Procura di Avellino – hanno di fatto impedito che i crediti possano essere utilizzati in compensazione o monetizzati presso gli intermediari finanziari. In corso anche indagini per verificare la posizione di una persona, residente in Irpinia ma non indagata, finita nell’operazione portata a termine stamattina dalla Guardia di Finanza di Asti che in diverse regioni, per gli stessi reati, ha portato al sequestro di 1,5 miliardi e all’emissione di un’ordinanze di custodia cautelare per dieci persone.
Gli sviluppi delle indagini hanno permesso di accertare un ammontare di crediti fittizi per circa 1,7 miliardi di euro, parte dei quali usati in compensazione.
Gli interventi edilizi dai quali sarebbero sorti i crediti (per un importo complessivo di lavori dichiarati di circa 2,8 miliardi di euro) erano riferibili a immobili inesistenti, con indicazione nelle comunicazioni di cessione, in oltre 2.000 casi, di comuni anch’essi inesistenti.
Contestualmente al sequestro sono in corso perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 soggetti indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato.
Inizia un periodo particolare per quasi due miliardi di persone nel mondo: il mese del digiuno sacro del Ramadan, con tutto il suo portato di preghiere e tradizioni, rinunce e feste. La ricorrenza ricorda quando nel 610 a.C. l’angelo Gabriele, secondo la religione musulmana, è apparso al profeta Maometto rivelandogli il Corano. Le date di inizio e fine cambiano costantemente perché l’Islam utilizza un calendario basato sui cicli lunari, che fa arretrare la ricorrenza di 10 o 11 giorni ogni anno rispetto a quello gregoriano. L’inizio esatto è determinato dall’avvistamento della luna in Arabia Saudita prevista quest’anno la sera di mercoledì 22 marzo con il digiuno da rispettare a partire dall’alba seguente. Ci sono però musulmani che seguono le indicazioni leggermente divergenti dell’autorità religiosa principale della propria setta o Paese. Dopo il cristianesimo, l’Islam è la seconda religione al mondo: la diffusa cifra di 1,9 miliardi di credenti rimane basata su una stima del Pew Research Center del 2010. Circa due terzi dei musulmani vivono nella regione Asia-Pacifico, in particolare in Indonesia, che da sola conta più di 209 milioni di abitanti, il doppio rispetto al più popoloso Paese musulmano del Nordafrica e Medio oriente, l’Egitto. Il digiuno diurno – che vieta pure di bere acqua, fumare e fare l’amore – , dura dall’alba al tramonto.
La parola Ramadan deriva dalla radice araba ar-ramad che vuol dire “forte calore”, “torrido” o “insopportabile”, ma quest’anno, almeno nell’emisfero nord, il digiuno diurno dura meno rispetto a quello degli anni scorsi, più vicini al solstizio d’estate. Come sempre sono esentati dal digiunare, fra gli altri, bambini, anziani, malati, donne incinte, con il ciclo mestruale e durante l’allattamento, persone in viaggio. In generale, secondo i precetti islamici, il digiuno è necessario solo se si è in buona salute anche se – assieme a preghiera, carità, pellegrinaggio alla Mecca e professione di fede – è uno dei cinque pilastri dell’Islam. La fine del Ramadan è segnata dalla festa dell’Eid al-Fitr. Ad accompagnare il digiuno non sono però solo numerose preghiere ma anche una miriade di tradizioni locali che variano da Paese a Paese: gli addobbi di strada, comuni al Cairo, ad esempio sono quasi assenti a Tripoli. Il mese sacro, almeno nei Paesi musulmani, è connotato da orari di lavoro accorciati e dalla corsa pomeridiana verso casa per poter rompere il digiuno senza ritardi con l’abbondantissimo pasto dell’Iftar. Ci sono poi le estenuanti maratone tv seguendo serial e altri programmi prodotti – soprattutto in Egitto e Turchia – appositamente per questo periodo di massimi ascolti. Frequenti le riunioni familiari fino a notte inoltrata. Nonostante le sveglie dei telefonini, al Cairo come a Damasco persiste la tradizione di pagare un banditore notturno, il “Mosaharati”, per farsi chiamare dalla strada ricordando che l’ultima occasione per mangiare fino alla sera dopo è il “suhur”, il pasto consumabile prima dell’alba.
Passo indietro di Ciro Santoriello. Il magistrato ha deciso di astenersi dal sostenere l’accusa nel processo Juventus dopo le polemiche divampate nelle ultime settimane per la pubblicazione di vecchi video in cui, scherzando, manifestava le sue simpatie calcistiche per il Napoli, e il suo “odio” calcistico per la Juve. La procura di Torino, all’apertura dell’udienza preliminare contro Andrea Agnelli e altri dirigenti, in programma il 27 marzo, sarà rappresentata dagli altri due componenti del pool: il procuratore aggiunto Marco Gianoglio e il sostituto Mario Bendoni. Nei giorni scorsi Santoriello aveva comunicato la sua decisione al capo dell’ufficio, Annamaria Loreto, e come conseguenza aveva rinunciato a firmare gli ultimi atti del procedimento. Stamani la magistrata numero uno della procura subalpina ne ha formalmente “preso atto”, informando di avere “apprezzato l’alto senso istituzionale, il senso di lealtà e l’attaccamento all’Ufficio” del collega. Santoriello, 58 anni, è un esperto di reati societari. Ha al suo attivo svariate pubblicazioni ed è molto richiesto per convegni e seminari sul tema. Proprio nel corso di uno di questi incontri fra giuristi, avvenuto nel 2019, pronunciò un paio di battute di spirito sulla Juventus che divertirono la platea. Quattro anni dopo qualcuno ha ripescato il frammento del video e lo ha diffuso sul web. Il paradosso era che Santoriello – come si ricava dalla versione integrale – stava spiegando i motivi per i quali aveva da poco proposto l’archiviazione di un’inchiesta sulla dirigenza bianconera per una questione di bilanci. Qualche giorno dopo è spuntato un secondo brevissimo filmato, anche questo sapientemente tagliato. Dalla procura di Torino non sono mai arrivate dichiarazioni o esternazioni sul caso. Quanto alla procura generale, nell’immediatezza aveva chiesto una relazione sullo svolgimento dei fatti. A intervenire in difesa di Santoriello è stato uno degli avvocati difensori della Juventus, Luigi Chiappero, che lo ha descritto come “un pm colto che non hai confuso il calcio con il diritto”. Al quinto piano del Palazzo di giustizia stanno preparando l’udienza preliminare del 27 marzo. Nei giorni i pm hanno depositato un’ultima tranche di atti integrativi di indagine: ci sono annotazioni di polizia giudiziaria e verbali di interrogatori. In vista c’è un allargamento dei capi d’accusa contro la società bianconera.