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Cultura

Nuova geopolitica della Cina: dal vaccino per tutti alle persecuzioni degli Uiguri alla sicurezza di Hong Kong

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La notizia del giorno è che il vaccino cinese arriverà per primo: “come è stato ordinato” dicono i soldati del Celeste Impero. Già, sono loro infatti, attraverso la specialissima “Accademia delle Scienze” militare, che hanno stretto un’intesa con la CanSino Biologics, un’azienda di Tianjin, al fine di passare direttamente dalla Fase 2 (prime sperimentazioni cliniche) alla somministrazione su vasta scala. Considerando dunque quest’ultima come la Fase 3, quella prevista dai protocolli di sicurezza per attestare in via definitiva l’innocuità del farmaco e la sua efficacia.

Tianjin. La città cinese dove ha sede la CanSino Biologics che sta per testare su centinaia di migliaia di cinesi il vaccino Ad5-nCoV

          E dunque nei prossimi mesi, il vaccino sarà somministrato ai militari cinesi, che si contano a milioni, tra uomini e donne. Si chiama Ad5-nCoV: un nome impossibile. E su di esso si sanno cose vaghe: che non farebbe danni collaterali, che sarebbe significativamente efficace. Ammetto senza sforzo che un prototipo vaccinale del genere non me lo farei iniettare: senza dati analitici trasparenti e senza verifiche internazionali. Ma probabilmente avrei torto, comportandomi come si comportano quelli del Grande Oltre, che di solito capiscono poco della cultura e anche della scienza cinese, compresa la medicina. Non a caso la generalessa Chen Wei, una virologa alla testa dell‘équipe medica che collabora con la CanSino, si è iniettata lei stessa, per prima, il vaccino. È il capo che dà l’esempio, da quelle parti. E del resto, che volete: saranno mica pazzi a decimare, con una sperimentazione avventata, il glorioso Esercito Popolare di Liberazione. Tempratosi nella Lunga Marcia sotto la guida di Mao e alfine vittorioso sulle armate di Chiang Kai-shek. 

Chen Wei. Generalessa dell’Esercito cinese e capo virologa alla testa dell‘équipe medica che collabora con la CanSino Biologics

No, no, non voglio dirvi cose che tutti sapete. È solo per raccordare i simboli, operazione che in questo caso è indispensabile. Il vaccino cinese va ben oltre il suo significato farmacologico ed è scarsamente rilevante persino sotto il profilo economico. Ha invece un valore eminentemente geopolitico. Serve a indicare la fine irrevocabile dell’egemonia americana sui processi globalitari. La mondializzazione continuerà, è fin troppo chiaro, ma seguendo orientamenti e regole che altri soggetti scriveranno, avendone acquistato titolo non solo economico, ma scientifico e morale. Il vaccino infatti, promette Pechino, sarà considerato un “bene comune” dell’umanità e messo fin da subito a disposizione di tutti, anche di quelli che non hanno un centesimo per comprarselo.   

Ma c’è un’altra notizia che proviene dal Regno di Mezzo. È, per vero, la notizia che non esiste, ossia quella che i cinesi hanno deciso di ignorare. Specie se, pur riguardando cose che accadono nel loro Paese, è stata fabbricata nel Grande Oltre, ossia quella parte di mondo (poco importa se è “la più gran parte del mondo”) dove vivono i barbari, che sono poi coloro che “non capiscono”, non hanno i mezzi “confuciani” per capire. Come dite? Qual’è la notizia che non esiste nella “storia ufficiale” della Cina, inscritta nel suo presente e proiettata ahimé nel suo avvenire? È quella degli Uiguri, una minoranza turcofona e musulmana del Sinkiang, nell’estremoNord-ovest, discriminata, oppressa, violata nei suoi diritti culturali e materiali dalla Cina di sempre, quella che l’etnia Han, dominante, chiama “propria”. 

Uiguri. Minoranza turcofona e musulmana del Sinkiang, nell’estremoNord-ovest, discriminata, oppressa, internata

La repressione è metodica, pianificata, silenziosa. Un rullo compressore. Le tecniche sono collaudate, provengono dritte dritte dalla Rivoluzione Culturale: “trasformare attraverso l’educazione”. E se ieri quelli che si volevano trasformare erano i “borghesi” delle città mandati nelle campagne a ri-apprendere i sani valori del popolo e il modo per proteggerne gli interessi, oggi da educare è un’intera comunità: 12 milioni di persone. Moschee distrutte, imam arrestati, sentimenti religiosi calpestati. Né la repressione risparmia altri gruppi meno numerosi: kazaki, kirghisi, persino Hui, che sono veri cinesi Han, ma anch’essi islamici.

          Gli Uiguri possono avere solo una mobilità limitata. Ad essi si applicano strettamente le norme sul controllo delle nascite, con punizioni severissime per i trasgressori. C’è almeno un milione di persone ammassate in un migliaio di famigerati “campi di rieducazione”. Frattanto, Pechino incoraggia le politiche migratorie di genti Han dalle regioni orientali.

          Richiama con forza la nostra attenzione su questa vicenda di discriminazione razziale la neonata IPAC (Inter-Parliamentary Alliance on China), un organismo internazionale e interpartitico. Per l’Italia ne fanno parte Lucio Malan, senatore di Forza Italia, e Roberto Rampi, senatore del Partito Democratico. È questa organizzazione che sta valorizzando le fonti ormai corpose che si accumulano su tale spinoso problema. E che per l’essenziale risalgono da un lato allo studioso tedesco Adrian Zenz (https://www.ipac.global/news/ipac-releases-report-on-sterilisation-of-muslim-minorities-in-china-commits-to-political-action) e, dall’altro lato, all’australiana ASPI (Australian Strategic policy Institute: https://www.aspi.org.au/report/uyghurs-sale?__cf_chl_jschl_tk__=035580cb9e13a6cb3e92d3bd138c1f1b3febba3e-1593591312-0-AR01M3WplnqFsgb4KR7MGUCxFYawjp9Ah-sKCS1y0yKleKzAZrZQhrHVAURtgzVsnywealXIvRAOF85CVhKU9D7tHkXQ6w122tCkCxCO6JaqZE1NXL_09Yz6uC7Oya3zPm6zSj_paPvEMyunp1RQmfp_d2maKaB78hriNULnP33X20KeQAwD-nZl-9DTRMwtwTgqr8QidRAKUHIDb6YZCd24uM9osWQHCc6JaelrXYVRwdOsZUs_Kjyy_hiU7LpgAgggvn5NSFg7hs3N4hfbhHzCOwNcKLCESVNLPb3jC-tI).

          Infine, quella che per Pekino può essere considerata una non-notizia, una specie di ordinanza amministrativa che regola la pubblica sicurezza di Hong Kong. Il Parlamento cinese ha votato unanime ieri, 30 Giugno, una legge di cui ancora non si conosce il testo esatto, ma che è rivolta a contrastare “il separatismo, il terrorismo, la sovversione, la collusione con agenti stranieri”. E’ la risposta di Xi Jinping a oltre un anno di mobilitazioni studentesche e popolari in favore di un’autonomia prolungata e rafforzata nell’ex colonia britannica. La liquidazione del sogno democratico in quello che il Partito Comunista considera, insieme a Taiwan, un odioso contro-modello dell’intangibile patriottismo cinese.

          Alla fine, chiediamo noi che molto ci attendiamo dalla Cina globalitaria ma continuiamo a tenere saldi i piedi nel nostro Grande Oltre democratico, come può pretendere questo immenso Paese di giocare un ruolo di leadership? Come, se fonda il proprio profilo politico su una deriva dei continenti morali che non solo non rispetta i fondamenti della democrazia, non solo fa scempio delle riserve ambientali di un pianeta che non appartiene a nessuno Stato ma è di tutti i suoi abitanti, ma in più calpesta ovunque i diritti umani e politici? E ciò, in nome di pretese razzialistiche e principi vetero-nazionalistici miopi al punto che nessun letterato confuciano, di quelli che hanno saputo garantire la perennità dell’Impero, potrebbe mai risolversi ad accettare.  

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Maurizio Landini, esce “Un’altra storia” per parlare ai giovani

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Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini si racconta per la prima volta nel libro ‘Un’altra storia’ con l’intento di parlare soprattutto ai giovani. “Uno dei motivi che mi ha spinto a raccontare la mia esperienza di vita e di lotta, è che vedo tra le giovani generazioni una straordinaria domanda di libertà. Una domanda di libertà e di realizzazione che non può essere delegata ad altri o rinviata a un futuro lontano, ma che si costruisce giorno per giorno a partire dalla lotta per cambiare le condizioni di lavoro e superare la precarietà. Se riuscirò ad accendere nei giovani la speranza e la voglia di lottare per la loro libertà nel lavoro e per un futuro migliore, potrò dire di aver raggiunto uno degli obiettivi che mi ero prefisso. Questo libro, con umiltà, vuole parlare soprattutto a loro” dice Landini.

In libreria proprio a ridosso dei referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza, ‘Un’altra storia’ è una narrazione intima tra ricordi, aneddoti e svolte professionali ed esistenziali, che si intreccia alla storia degli ultimi quarant’anni di questo paese, con un focus su alcune grandi ferite sociali di ieri e di oggi che ancora sanguinano e che devono essere rimarginate. Dagli anni Settanta ai giorni nostri, dall’infanzia e l’adolescenza a San Polo d’Enza, fino alle esperienze sindacali degli inizi a Reggio Emilia e Bologna, al salto nazionale in Fiom prima e in Cgil poi, nel libro di Landini non mancano le analisi sulle grandi questioni legate al mondo del lavoro e a quello delle grandi vertenze, tra cui Stellantis, il rapporto con i governi Berlusconi, Prodi, Renzi, Conte, Draghi e Meloni, nella declinazione dell’idea-manifesto del “sindacato di strada”, in cui democrazia e autonomia sono il grande orizzonte.

Questa narrazione personale e intima, ricca di spunti e riflessioni, si tiene insieme a quelle che sono le battaglie storiche del segretario e della sua azione “politica”: la dignità del lavoro, affermata nel dopoguerra e nella seconda metà del Novecento e “negata nell’ultimo ventennio a colpi di leggi sbagliate, che le iniziative referendarie propongono, infatti, di correggere e riformare profondamente” sottolinea la nota di presentazione. ‘Un’altra storia’ è un libro che ci parla di diritti da difendere, battaglie ancora da fare e del futuro.

Eletto segretario generale della Cgil nel 2019, Landini ha cominciato a lavorare come apprendista saldatore in un’azienda artigiana e poi in un’azienda cooperativa attiva nel settore metalmeccanico, prima di diventare funzionario e poi segretario generale della Fiom di Reggio Emilia. Successivamente, è stato segretario generale della Fiom dell’Emilia-Romagna e, quindi, di quella di Bologna. All’inizio del 2005 è entrato a far parte dell’apparato politico della Fiom nazionale. Il 30 marzo dello stesso anno, è stato eletto nella segreteria nazionale del sindacato dei metalmeccanici Cgil. Il primo giugno del 2010 è diventato segretario generale della Fiom-Cgil. Nel luglio del 2017 ha lasciato la segreteria generale della Fiom per entrare a far parte della segreteria nazionale della Cgil.

MAURIZIO LANDINI, UN’ALTRA STORIA (PIEMME, PP 224, EURO 18.90)

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Consulta: niente automatismo sulla sospensione dei genitori, decide il giudice

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Stop all’automatismo che impone la sospensione della responsabilità genitoriale per i genitori condannati per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 55 del 2025, dichiarando illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del Codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto l’interesse del minore.

Una norma rigida che non tutela sempre i figli

L’automatismo previsto dalla norma, secondo cui alla condanna per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) segue obbligatoriamente la sospensione della responsabilità genitoriale per il doppio della pena, è stato giudicato irragionevole e incostituzionale. Secondo la Consulta, la previsione esclude qualsiasi valutazione caso per caso e impedisce al giudice di verificare se la sospensione sia effettivamente nell’interesse del minore, come invece richiedono gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

Il caso sollevato dal Tribunale di Siena

A sollevare la questione è stato il Tribunale di Siena, che aveva riconosciuto la responsabilità penale di due genitori per maltrattamenti nei confronti dei figli minori, ma riteneva inadeguato applicare in automatico la sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice toscano ha evidenziato la possibilità concreta che, in presenza di una riconciliazione familiare e di un miglioramento del contesto domestico, la sospensione potesse arrecare un danno ulteriore ai minori.

Il principio: al centro l’interesse del minore

La Corte ha ribadito che la tutela dell’interesse del minore non può essere affidata a presunzioni assolute, bensì deve derivare da una valutazione specifica del contesto familiare e della reale efficacia protettiva della misura. Il giudice penale deve dunque essere libero di stabilire, caso per caso, se la sospensione della responsabilità genitoriale sia davvero la scelta più idonea alla protezione del figlio.

La continuità con la giurisprudenza

La decisione si inserisce nel solco della sentenza n. 102 del 2020, con cui la Consulta aveva già bocciato l’automatismo previsto per i genitori condannati per sottrazione internazionale di minore. In entrambi i casi, si riafferma il principio secondo cui le misure che incidono sulla genitorialità devono essere coerenti con i valori costituzionali e orientate alla tutela concreta del minore.

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Addio a Mario Vargas Llosa, Nobel per la Letteratura: è morto a Lima a 89 anni

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Il mondo della cultura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa (foto in evidenza di Imagoeconomica), uno dei più grandi romanzieri del Novecento e premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Lo scrittore peruviano si è spento oggi, domenica, a Lima all’età di 89 anni, circondato dalla sua famiglia, come ha comunicato suo figlio Álvaro attraverso un messaggio pubblicato sul suo account ufficiale di X.

«Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace».

Una vita tra letteratura e impegno

Nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936, Vargas Llosa è stato tra i più influenti autori della narrativa ispanoamericana contemporanea. Oltre ai riconoscimenti letterari internazionali, ha vissuto una vita profondamente segnata anche dall’impegno civile e politico.

Con la sua scrittura tagliente e lucida, ha raccontato le contraddizioni della società peruviana e latinoamericana, esplorando con coraggio e passione temi di potere, ingiustizia e libertà.

I capolavori che hanno segnato la sua carriera

Autore di romanzi fondamentali come “La città e i cani” (1963), durissima denuncia del sistema militare peruviano, e “La casa verde” (1966), Vargas Llosa ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del Novecento. La sua vasta produzione comprende anche saggi, articoli e testi teatrali.

Un addio in forma privata

Come reso noto dalla famiglia, i funerali saranno celebrati in forma privata e, nel rispetto della volontà dell’autore, le sue spoglie saranno cremate. Un addio sobrio, coerente con la riservatezza che ha spesso contraddistinto l’uomo dietro lo scrittore.

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