Il tumore al seno, la neoplasia piu’ diffusa in Italia e che conta ancora 55mila nuove diagnosi l’anno, inizia oggi a fare meno paura. Nuovi farmaci sono in arrivo e anche per le forme piu’ avanzate, per le quali finora si disponeva di poche armi terapeutiche, si aprono nuove possibilita’ di trattamento: l’ultima novita’ e’ rappresentata dagli ‘anticorpi coniugati’, una nuova chemioterapia ‘intelligente’, ovvero ‘smart’, che, come un cavallo di Troia, atraverso l’anticorpo porta il chemioterapico direttamente dentro la cellula tumorale. Un nuovo approccio che si e’ dimostrato in grado di allungare significativamente la sopravvivenza delle pazienti con l’obiettivo di rendere la malattia cronicizzata. I nuovi dati relativi agli anticorpi coniugati, che gli oncologi hanno definto una terapia “rivoluzionaria”, sono presentati con grande risalto in assemblea plenaria al congresso della Societa’ americana di oncologia clinica (ASCO), il maggiore appuntamento mondiale del settore, e rappresentano un messaggio di speranza per migliaia di pazienti. Se per le forme in stato iniziale le prospettive di guarigione sono molto alte arrivando al 90% dei casi, le novita’ riguardano dunque soprattutto le forme di cancro al seno metastatico, spesso ‘orfane’ di cure. E’ il caso delle donne con tumore al seno avanzato caratterizzato da una bassa espressione della proteina Her2: si tratta di un gruppo che finora non poteva beneficiare di trattamenti specifici, dal momento che anticorpi in uso non si sono dimostrati efficaci nei casi di negativita’ ala proteina Her2. Ora, invece, un nuovo studio presentato all’ASCO cambia la prospettiva clinica anche per queste pazienti, che diventano un nuovo gruppo ‘trattabile’ definito Her2-low (Her2-livello basso). Si allarga quindi sempre di piu’ la platea di donne con tumore avanzato che oggi possono sperare in una cura. Il nuovo anticorpo monoclonale cosiddetto ‘coniugato’ – perche’ l’anticorpo (trastuzumab) si lega con la molecola chemioterapica (deruxtecan) – ha infatti dimostrato di migliorare la sopravvivenza globale e di raddoppiare la sopravvivenza libera da progressione della malattia rispetto alla chemioterapia standard in queste pazienti. I risultati arrivano dallo studio DESTINY-Breast04 su 557 pazienti in Asia, Europa e Nord America. Ad un follow up di 18 mesi, le pazienti che avevano ricevuto l’anticorpo coniugato hanno evidenziato una riduzione del 49% del rischio di progressione del cancro e del 36% del rischio di morte rispetto a coloro che hanno ricevuto chemioterapia standard. Dunque, afferma l’autore principale dello studio Shanu Modi, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, “e’ importante che i pazienti sappiano quale livello di proteina Her2 esprime il loro cancro, non solo se e’ positivo o negativo a questa proteina, soprattutto perche’ lo stato di Her2 basso puo’ essere determinato con semplici test”. I tumori Her2-low, sottolinea il presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) Saverio Cinieri, “costituiscono il 55% di tutti i carcinomi mammari. Al momento, questi pazienti ricevono la chemioterapia tradizionale, ma questo nuovo studio cambia l’algoritmo di cura e la pratica clinica, perche’ abbiamo la possibilita’ di trattare i pazienti con un anticorpo coniugato riducendo gli effetti collaterali della chemioterapia e migliorando la sopravvivenza. Si va insomma verso un futuro in cui la chemioterapia ‘classica’ non ci sara’ piu”. Ma dal congresso arriva un’ulteriore novita’. Un altro studio ha infatti dimostrato che un esame del sangue potrebbe rivelare in soli 15 giorni se la cura antitumorale per le donne con cancro al seno metastatico di tipo Her2 negativo sta funzionando oppure no. Intanto, l’Asco ha ampliato a ulteriori categorie di pazienti l’uso dei test genomici che permettono di identificare le donne con cancro al seno che non necessitano di ricorrere alla chemioterapia dopo l’intervento chirurgico. Test il cui uso, affermano gli oncologi Usa, va ulteriormente incentivato tra le pazienti che hanno l’indicazione ad effettuarlo.