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Salute

Nove le vittime del West Nile, stimate 10 mila infezioni: quattro morti in Campania

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Resta alta l’allerta per il virus West Nile. I casi in Italia sono in crescita ed anche il bilancio delle vittime si allunga di giorno in giorno: al momento sono nove i pazienti deceduti dall’inizio dell’anno, gli ultimi due in giornata. Ed anche il numero delle infezioni stimate sul territorio nazionale preoccupa: sarebbero almeno 10mila, la maggioranza in forma asintomatica. Il picco dei casi si prevede dopo Ferragosto, ma a destare timore è anche l’imprevedibilità di questo virus diffuso dalle comuni zanzare Culex. Entrambe nel Casertano le ultime vittime: un uomo di 73 anni deceduto nell’ospedale del capoluogo dove era ricoverato ed un 76enne ospite di una residenza saniatria a Grazzanise.

Diventano così quattro i decessi in Campania e nove in Italia. La prima vittima, di Maddaloni, aveva malattie pregresse e un quadro clinico complesso. Anche l’altra aveva un quadro clinico compromesso. Quanto al numero dei casi confermati, l’ultimo bollettino dell’Istituto superiore di sanità, risalente alla scorsa settimana, ne segnalava 31 soprattutto concentrati tra Lazio e Campania. In pochi giorni, però, le infezioni segnalate e confermate sono notevolmente aumentate. Anche oggi, due nuovi casi si sono registrati in Lombardia. Si tratta di due donne, una 38enne a Milano e una 66enne a Pavia. Soltanto quest’ultima è attualmente ricoverata.

E in Campania, sempre oggi, sono stati resi noti altri due casi di positività al virus, e uno dei pazienti è in gravi condizioni. A L’Aquila sono in corso accertamenti su un unico caso sospetto segnalato. Quanto alle donazioni di sangue, nelle province dove è stata certificata la presenza del virus vengono eseguiti specifici test sulle sacche. Nelle altre regioni dove il virus non è rilevato, se non è prevista l’esecuzione del test, il donatore dovrà astenersi per 28 giorni se ha soggiornato in aree a rischio. Dal canto loro, le istituzioni invitano alla calma. Per il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, “sul West Nile non c’è emergenza, ma preoccupa l’incapacità dei dirigenti del ministero della Salute”. La situazione “è assolutamente sotto controllo e i cittadini possono stare tranquilli” anche per il direttore generale del Welfare di Regione Lombardia, Mario Melazzini. Il numero delle infezioni appare però in aumento.

Attualmente in Italia, afferma Federico Gobbi, direttore Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e Microbiologia dell’Irccs Ospedale Sacrocuore Don Calabria Negrar, “è possibile stimare la presenza di almeno 10mila infezioni da virus West Nile, la maggior parte asintomatiche”. Il calcolo è effettuato sulla base del numero attuale di decessi registrati nel 2025. Le infezioni, avverte l’esperto, “potrebbero aumentare ma è difficile ipotizzare come andrà, perchè questo virus è imprevedibile sia in relazione al target di persone che verrà colpito sia nell’andamento”. Cruciali restano, dunque, la sorveglianza e il monitoraggio: “Purtroppo, se ci saranno più infezioni – afferma – aumenteranno inevitabilmente sia i casi gravi di neuro-encefalite sia i decessi”. Anche Antonello Maruotti, ordinario di Statistica all’università Lumsa, stima che nelle prossime settimane “i casi continueranno ad aumentare: la curva di solito comincia a crescere da metà luglio raggiungendo il picco fra la seconda e la terza settimana di agosto.

Per poi scendere rapidamente subito dopo”. Intanto, la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) ha attivato la propria rete di ospedali sentinella su tutto il territorio per supportare il monitoraggio della febbre West Nile, in seguito ai recenti focolai in diverse aree del Paese. Una “azione concreta per garantire una sorveglianza precoce e coordinata dei casi e contribuire alla sicurezza dei cittadini, in collaborazione con le autorità sanitarie regionali e nazionali”, afferma Fiaso. “La rete delle aziende sanitarie è pronta a fare la sua parte. Con l’attivazione degli ospedali sentinella, mettiamo a disposizione un’infrastruttura di monitoraggio capillare e affidabile, che ha già dimostrato la sua efficacia durante la pandemia da Covid-19”, sottolinea Giovanni Migliore, presidente Fiaso.

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Tumore al polmone: nuovi farmaci marini migliorano la sopravvivenza nello SCLC

Il carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC) resta tra i tumori più letali. Nuovi dati clinici presentati all’ASCO 2025 rivelano l’efficacia di un farmaco di origine marina in combinazione con l’immunoterapia.

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Il tumore al polmone, protagonista della Giornata mondiale del 1° agosto, resta una delle neoplasie più diffuse e mortali in Italia. Ogni anno nel nostro Paese si contano oltre 44.800 nuovi casi e, tra questi, circa il 12% è rappresentato dal carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC), una delle forme più aggressive e a rapida evoluzione.

Una nuova speranza dalla biotecnologia marina

Per molto tempo, le opzioni terapeutiche per lo SCLC in stadio esteso (ES-SCLC) sono rimaste limitate. Oggi, però, una nuova combinazione terapeutica apre nuove prospettive: si tratta di un composto sintetico di origine marina, estratto da un invertebrato chiamato Ecteinascidia turbinata, in combinazione con l’immunoterapia.

I risultati dello studio IMforte, presentati al Congresso ASCO 2025 di Chicago e pubblicati su The Lancet, hanno dimostrato che questa combinazione riduce del 46% il rischio di progressione della malattia o di morte, rispetto alla sola immunoterapia. La sopravvivenza mediana globale è passata da 10,6 mesi a 13,2 mesi.

La conferma degli oncologi italiani

“I risultati dello studio IMforte rappresentano una novità importante per il trattamento dello SCLC”, ha dichiarato Silvia Novello, direttrice dell’Oncologia Medica dell’Ospedale San Luigi di Orbassano e professoressa all’Università di Torino. “Il beneficio clinico è significativo, con miglioramenti sia nella sopravvivenza globale che in quella libera da progressione”.

La ricerca sottomarina di PharmaMar

La scoperta del farmaco si inserisce nell’approccio innovativo di PharmaMar, azienda che ha investito nella ricerca di molecole antitumorali da organismi marini. Con una raccolta di oltre 500.000 campioni di invertebrati, ottenuti in più di 35 paesi e conservati nel centro R&S di Madrid, l’azienda studia ogni anno circa 2.000 nuovi organismi marini, cercando nuovi principi attivi contro il cancro.

Questo modello di ricerca ha già prodotto composti terapeutici con meccanismi d’azione differenti dalla chemioterapia tradizionale, offrendo così ai pazienti nuove armi in lotta contro tumori fino a oggi difficili da trattare.

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Salute

Orrore in Rsa a Cerreto Sannita: anziani e disabili picchiati e umiliati dagli operatori

Vessazioni e violenze in una Rsa di Cerreto Sannita: anziani e un giovane autistico maltrattati da quattro operatori sociosanitari. Inchiesta choc in partenza a settembre.

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Una tragedia silenziosa consumata tra le mura di una Rsa di Cerreto Sannita, nel Beneventano. I fatti risalgono al periodo gennaio-agosto 2024, ma solo ora emergono in tutta la loro brutalità: anziani e disabili vessati, picchiati, insultati, lasciati in balia di operatori sociosanitari che invece avrebbero dovuto proteggerli e accudirli.

Il caso Salvatore Martorana: “Colpito con un bastone per costringerlo a mangiare”

Tra le vittime c’è Salvatore Martorana, 68 anni, originario di Ragusa e malato di Alzheimer. L’uomo, come racconta il legale della famiglia Leonardo D’Erasmo, era un appassionato di teatro, canto e ballo, ma oggi vive in uno stato di regressione psichica profonda. “Se qualcuno gli si avvicina per una carezza, inizia a urlare e si chiude a riccio, temendo di essere picchiato”.

Secondo la denuncia, Martorana sarebbe stato ripetutamente colpito alla testa con un bastone per costringerlo a mangiare, umiliato con frasi come: “Ti tratto come un tonno nelle tonnare siciliane”. Un comportamento disumano, che gli ha inflitto danni psicologici irreversibili.

Un giovane autistico tra le vittime: “Anche lui sottoposto a vessazioni sistematiche”

Nel registro delle vittime figura anche un giovane affetto da autismo, anch’egli, secondo l’accusa, sottoposto a trattamenti degradanti e violenti. Le indagini dei Carabinieri di Cerreto Sannita e della Guardia di Finanza di Solopaca hanno documentato episodi inquietanti: schiaffi, calci, tirate di capelli, con i maltrattamenti che si consumavano approfittando della totale non autosufficienza degli ospiti.

Gli indagati: quattro operatori sotto accusa

Sono due donne e due uomini gli operatori sociosanitari coinvolti. Già destinatari di provvedimenti cautelari e di un avviso di conclusione delle indagini, dovranno ora rispondere dei reati di maltrattamento fisico e psicologico a danno delle persone a loro affidate.

Secondo quanto emerso, la violenza nella struttura sarebbe stata sistematica e reiterata. “Il mio assistito era diventato il bersaglio preferito – racconta l’avvocato D’Erasmo – e la sua condizione di fragilità veniva usata per sfogare frustrazioni e rabbia”.

Verso il processo: “Si giudica la dignità di uno Stato”

Il procedimento giudiziario entrerà nel vivo a settembre, ma l’indignazione per quanto accaduto è già forte. “La qualità di uno Stato di diritto – conclude il legale – si misura da come tratta le persone fragili. E quanto accaduto a Cerreto Sannita è uno specchio impietoso delle falle nel nostro sistema di assistenza”.

Un caso che apre interrogativi profondi sul controllo delle strutture sanitarie, sulla formazione del personale e sull’etica nel trattamento delle persone più vulnerabili.

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Roma, salvata neonata con tumore raro: operata prima e dopo la nascita

Una neonata affetta da tumore raro di 800 grammi è stata salvata grazie a due interventi, uno in utero e uno dopo il parto, eseguiti all’Ospedale San Pietro e al Bambino Gesù di Roma.

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Un tumore di 800 grammi su una neonata che ne pesava appena 1,9 chilogrammi alla nascita. È questa la sfida che hanno affrontato – e vinto – i medici dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli e dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, eseguendo due interventi salvavita: uno in utero, alla 28esima settimana di gestazione, e uno pochi minuti dopo la nascita prematura, alla 30esima settimana.

La diagnosi e la corsa contro il tempo

La diagnosi prenatale ha individuato un teratoma sacro-coccigeo, una rara neoplasia che si sviluppa alla base della colonna vertebrale. Pur essendo nella maggior parte dei casi benigno, questo tumore può causare gravi complicazioni nel feto, come scompensi cardiaci o addirittura la morte in utero.

Il tempo è un fattore decisivo in questi casi – ha spiegato Isabella Fabietti, chirurga fetale del Bambino Gesù – perché l’intervento tempestivo può evitare la necessità di una nascita estremamente prematura o, peggio, un esito fatale”.

L’intervento in utero e il parto prematuro

Alla 28a settimana, vista la crescita accelerata del tumore, i medici hanno eseguito una procedura mini-invasiva all’ospedale San Pietro per rallentarne lo sviluppo: mediante lasercoagulazione, hanno ridotto l’afflusso di sangue alla massa tumorale. Ma due settimane dopo, è stato necessario procedere al parto prematuro.

Subito dopo la nascita, la piccola è stata trasferita al Bambino Gesù, dove è stato asportato completamente il tumore da 800 grammi, oltre la metà del peso corporeo della neonata.

L’operazione e il futuro della piccola

L’intervento, definito “complesso e delicato”, ha coinvolto anche la ricostruzione della zona perineale, con l’obiettivo di preservare la funzionalità di vescica e colon, come sottolineato da Andrea Conforti, responsabile di Chirurgia Neonatale e Pediatrica del Bambino Gesù.

Grazie a un approccio multidisciplinare fin dalla diagnosi, siamo riusciti a intervenire con precisione pochi minuti dopo la nascita. È stato un lavoro di squadra che ha fatto la differenza per questa piccola paziente”.

Pronta per tornare a casa

Oggi, a poche settimane dall’intervento, la bambina respira da sola, si alimenta per bocca e sta per essere dimessa. Una storia di medicina d’eccellenza e di speranza che ha trasformato un caso raro in un lieto fine.

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