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Cronache

Negato il suicidio assistito, Martina muore in Svizzera

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Martina Oppelli ha “tolto il disturbo”. Il suo appello per una “legge sensata” sul suicidio assistito in Italia è “finito nel vuoto”. E il tempo per aspettare “un quarto diniego” all’autosomministrazione del farmaco letale non c’era. Così ha affrontato un ultimo viaggio, “lunghissimo”, “uno sforzo titanico” viste le condizioni di salute, e si è recata in Svizzera per trovare “una fine dignitosa alla sofferenza” attraverso il suicidio assistito. E’ morta così questa mattina la donna triestina di 50 anni, da oltre 20 affetta da sclerosi multipla. A rendere nota sua la decisione è stata l’associazione Luca Coscioni, che da tempo sosteneva la sua battaglia. In Svizzera è stata accompagnata da Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, iscritti a Soccorso civile, associazione per le disobbedienze civili sul fine vita di cui è rappresentante legale Marco Cappato.

Altre 31 persone hanno fornito aiuto logistico ed economico e i nomi, spiega la Luca Coscioni, verranno resi noti. Un fine vita all’estero, dunque, e non nella sua Trieste, come Martina sperava e come ha potuto scegliere Laura Santi, appena 10 giorni fa. La giornalista 50enne, affetta da sclerosi multipla, è morta nella sua casa a Perugia accedendo al suicidio medicalmente assistito. Ad accomunarle c’è però lo stesso accorato appello: solo chi soffre può decidere di se stesso e nessun altro. La prima richiesta che Martina ha avanzato all’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina, per la verifica delle condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito, risale ad agosto 2023. Respinta. Ne sono seguite altre due, supportate da una battaglia legale. Ma il 4 giugno è arrivato il terzo diniego. Per la asl, come riporta la Luca Coscioni, Oppelli “non era sottoposta ad alcun trattamento di sostegno vitale, nonostante la completa dipendenza dall’assistenza continuativa dei caregiver e da presidi medici (farmaci, catetere e macchina della tosse)”.

Il 19 giugno, assistita dal team legale coordinato da Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale della Luca Coscioni, Martina ha presentato un’opposizione al terzo diniego, accompagnata da una diffida e messa in mora nei confronti dell’asl. A seguito della diffida, è stata avviata una nuova procedura di valutazione da parte della commissione medica, ma “Martina ha deciso di andare in Svizzera per accedere all’aiuto alla morte volontaria perché era impossibile per lei attendere altro tempo per una risposta: le sofferenze non erano in alcun modo tollerabili”. E lo ha spiegato bene lei stessa nell’ultimo video registrato in Svizzera, dopo essere stata “costretta” a lasciare l’Italia per scegliere di “morire dignitosamente”. L’appello ricalca quello lanciato più di un anno fa: un richiamo a parlamentari e cittadini perché si possa approvare una “legge sensata che regoli il fine vita”. Basta rinvii, basta essere “rimandati a settembre”, “perché ci sono urgenze più grandi”. Ogni dolore “va rispettato”.

“In questi ultimi due anni – dice Martina – il mio corpo si è disgregato, io non ho più forza, perfino i comandi vocali non mi capiscono più. Ho anche il catetere vescicale”. “Fate una legge sensata”, insiste. “Mettiamo da parte le diatribe politiche, perché non esiste destra o sinistra o centro, siamo tutti esseri umani”. Al momento al Senato è in corso l’esame del disegno di legge sul fine vita e ieri è stata ‘incardinata’ la proposta di legge dell’associazione Coscioni, quella di iniziativa popolare che chiede di legalizzare tutte le scelte di fine vita, compresa l’eutanasia attiva, sostenuta da oltre 70mila firme raccolte. “La fine di Martina Oppelli in Svizzera è una sconfitta per le nostre istituzioni, l’abbiamo lasciata sola. Le sue ultime parole pacate pesano come pietre”, dice la dem Debora Serracchiani. “Il grido di Martina Oppelli non può essere ignorato”, scrive in una nota il consigliere regionale Fvg Furio Honsell (Open sinistra Fvg). “E’ necessario riprendere, con convinzione e responsabilità, un percorso di riflessione su un tema quanto mai urgente qual è il fine vita”, sostiene il gruppo consiliare Patto per l’Autonomia.

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Sequestrata salma Dj Godzi, ‘omicidio preterintenzionale’

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La procura di Roma vuole fare luce sulla fine di Dj Godzi, il trentacinquenne napoletano Michele Noschese morto durante l’arresto da parte della Guardia Civil, il 19 luglio scorso in un complesso residenziale di Sant’Eulaia, sull’isola di Ibiza. La salma, liberata dalle autorità spagnole, è tornata oggi a Roma e la procura di Piazzale Clodio (competente ad indagare sui fatti che riguardano i cittadini italiani all’estero) l’ha sequestrata nell’ambito di un’inchiesta, ancora contro ignoti, in cui si ipotizza il reato di omicidio preterintenzionale.

I pm della Capitale, con l’audizione di testimoni e una nuova autopsia, vogliono capire se è vero, come ipotizzano amici e familiari di Noschese, che l’uomo sia morto in seguito alle percosse della Guardia civil, oppure se è fondata la tesi degli inquirenti spagnoli, secondo cui il decesso sarebbe da attribuire ad un abuso di droghe. Ma cominciamo dall’inizio. Il 19 luglio mattina gli abitanti del residence dove viveva Noschese sono stati svegliati da strepiti e urla. “Michele era fuori di sè, sembrava un pazzo”, hanno raccontato dei testimoni alla polizia, intervenuta sul posto perchè l’italiano, secondo le chiamate al 112, stava minacciando un anziano vicino con un coltello. In quell’appartamento si era rifugiata, poco prima, una giovane argentina che da qualche giorno era ospite di Noschese: era scappata gridando, a quanto pare spaventata dallo stato di agitazione dell’uomo, che l’aveva inseguita fin dentro l’abitazione. Qui sono intervenuti gli uomini della Guardia civil, che hanno immobilizzato Noschese.

“Gli hanno messo le manette alle mani e anche ai piedi, non ho visto mai nessuno ammanettato ai piedi… e poi hanno iniziato a dargli dei pugni al volto e sulla schiena… Io ero sul ciglio della porta, ho visto e sentito le urla del mio coinquilino: ‘Lasciatemi stare, lasciatemi stare’. Michele era spaventato, loro si sono accorti della mia presenza e mi hanno detto di scendere”, ha raccontato un amico del dj, Raffaele Rocco. La Guardia civil, all’indomani del fatto, ha chiarito che il comportamento degli agenti è stato sempre corretto: è stata usata “la forza minima necessaria” a bloccare un uomo in stato di agitazione, che poi ha avuto le convulsioni e, nonostante i tentativi di rianimarlo, è morto. Tutto confermato dall’autopsia, che non avrebbe riscontrato segni di violenza sul corpo e attribuito la morte alla “continua assunzione di stupefacenti”, tracce dei quali sono state trovate anche in casa del giovane.

All’autopsia non ha potuto partecipare un consulente della famiglia Noschese ed è anche per questo che il padre del dj, Pino, con un lungo passato di medico ortopedico al Cardarelli di Napoli, definendo l’esame “incompleto”, ha chiesto e ottenuto dalle autorità spagnole l’autorizzazione a svolgere nuovi accertamenti diagnostici, in particolare una Tac e una risonanza total body, che sono stati effettuati in una clinica privata di Ibiza. I risultati ufficiali ancora non si conoscono, ma secondo quanto trapelato finora sarebbero emerse costole e clavicole rotte. La procura di Roma vuole ora districare questo ginepraio, svolgendo ulteriori esami e sentendo persone informate sui fatti, a partire proprio da Pino Noschese, già ascoltato per rogatoria dalla polizia di Napoli. Agli investigatori il medico ha ripetuto quanto gli è stato riferito dagli amici del dj; ha poi sottolineato che “se aveva le convulsioni doveva essere soccorso e non buttato a terra e ammanettato mani e piedi” e infine ha consegnato un messaggio vocale inviato dal figlio a un amico: “Alle 7,49 di sabato Michele diceva ‘basta fare chiasso, che protestano i vicini’. E alle 8,15 era morto. Aspetto di capire ancora perché”.

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Ad agosto 18 milioni in vacanza, il 70% resta in Italia

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Sono più di 18 milioni gli italiani che si concederanno una vacanza nel mese di agosto. Emerge dal focus sulle vacanze di agosto degli italiani dell’Osservatorio Turismo Confcommercio in collaborazione con Swg che prevede una spesa di 975 euro pro capite, per un totale quindi di 17,6 miliardi. “Anche il mese di agosto ci regala numeri davvero soddisfacenti, l’ennesima conferma del momento d’oro che il settore sta vivendo, grazie al lavoro instancabile di tutti gli operatori e alle politiche mirate del dicastero e del Governo” dice la ministra del Turismo, Daniela Santanchè.

“Registriamo – calcola Santanchè – un incremento di 600mila turisti in più rispetto ai 17,5 milioni registrati nello stesso periodo del 2024: questo si traduce in una crescita del +3,4%, un segnale forte della fiducia e della rinnovata voglia di scoprire le nostre innumerevoli eccellenze. Ma ancora più positiva è la previsione sulla spesa turistica totale: 17,6 miliardi di euro. Un aumento superiore ai 2 miliardi di euro che si traduce in una variazione percentuale del 13,5%”. Agosto vuole dire mare per 26 italiani su 100, montagna per 11 e, per altrettanti, la ricerca di un luogo immerso nella natura. Seguono, nell’ordine, città e luoghi d’arte, piccoli borghi, mete dalla campagna, laghi e crociere.

Il tutto in Italia nel 68% dei casi, con 4 intervistati su 10 che programmano di spostarsi oltre i confini della propria regione, mentre il 32% sceglierà mete estere e solo 1 su 10 destinazioni extra europee. Le regioni più gettonate sono Emilia Romagna, Toscana e Trentino Alto Adige. Distaccate di pochissimo seguono, nell’ordine, Sicilia, Puglia, Lazio, Liguria e Campania. Tuttavia, se si considerano le sole vacanze di 7 giorni o più, quelle che costituiscono la metà delle partenze nel mese, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige si confermano in testa ma, subito a seguire, troviamo la Sardegna. Per l’estero, ai primi posti tutte mete europee: Spagna al comando e poi Francia e Grecia. Per i viaggi a lungo raggio, sono gli Stati Uniti a prevalere. Nel dettaglio le partenze programmate nel mese – 20,2 milioni – sono, per la metà, per viaggi di oltre 7 giorni, in strutture turistico-ricettive nel 59% dei casi, di cui oltre un terzo, precisamente il 22%, in albergo, mentre il 15% soggiornerà in una seconda casa di proprietà o presso amici e parenti e il 12% in affitto breve fino a 30 giorni.

Case in affitto di lungo termine e agriturismi completano il panorama. Secondo le stime del Centro Studi di Fipe-Confcommercio la spesa degli italiani per i consumi fuori casa nel mese di agosto 2025 raggiungerà i 9,3 miliardi di euro. Tra i luoghi di consumo preferiti, i bar e i ristoranti rappresenteranno le scelte principali, con una spesa rispettivamente di circa 1,8 e 5,4 miliardi di euro, cifra che sale a 6 miliardi includendo anche la ristorazione veloce. In aggiunta, i take away e gli street food assorbiranno circa 900 milioni di euro, mentre gelaterie e discoteche si spartiranno 100 milioni di euro ciascuno. Inoltre, agosto è anche il mese in cui si svolgono sagre e fiere, eventi per i quali gli italiani spenderanno 500 milioni di euro. Anche un’indagine Coldiretti/Ixè vede in partenza 18,6 milioni gli italiani. Tra le attività più richieste l’enoturismo, ma anche il birraturismo, l’oleoturismo e quelle legate ai prodotti caseari. Parallelamente, cresce anche il fenomeno dei cammini rurali, itinerari da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo, che offrono un modo lento, sostenibile e immersivo di esplorare il paesaggio.

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Madre fa a pezzi il figlio: ho fatto una cosa mostruosa

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“Ho fatto una cosa mostruosa ma era necessaria. Mi rendo conto dell’enormità ma non c’erano alternative. Mailyn è la figlia femmina che non ho mai avuto”. Parole pesanti come macigni quelle pronunciate da Lorena Venier, l’infermiera di 61 anni, di Gemona (Udine) che, assieme alla nuora, Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni, cittadina colombiana, ha ucciso e fatto a pezzi il figlio Alessandro di 35 anni. La donna, per circa tre ore, ha parlato davanti al magistrato, spiegando nel dettaglio ciò che è accaduto. Una ricostruzione così circostanziata che ha portato la Procura a contestare l’aggravante della premeditazione. Sarà il gip, domattina, nell’udienza di convalida, a decidere se sarà applicata. La lite a cena, una settimana fa, era dunque solo un pretesto per eseguire un piano che le due donne avevano architettato da tempo.

Un disegno criminale così efferato che le ha portate, dopo il delitto, a sezionare il cadavere dell’uomo, per nasconderlo, sperando di poterlo in futuro far sparire. Le due donne si erano anche procurate calce viva per limitare il rischio che il fetore della salma allarmasse i vicini. Il ‘patto’ ha retto per cinque giorni, poi ieri mattina la giovane colombiana, già affetta da depressione post parto, non ha sopportato più la pressione e, passata accanto al bidone con i resti del compagno, ha digitato il 112 e chiesto l’intervento delle forze dell’ordine, costituendosi. La donna è particolarmente provata: oggi pomeriggio doveva essere sottoposta, a propria volta, all’interrogatorio nel carcere di Trieste, ma è stata colta da malore e trasferita in ambulanza in ospedale.

Le sue condizioni non sono gravi ma è guardata a vista – così come la suocera – per scongiurare gesti autolesionistici. In questo quadro, non va dimenticato il ruolo della neonata, di soli sei mesi, della coppia. Secondo quanto è filtrato da ambienti investigativi, le nonna ha più volte fatto riferimento a lei e al fatto che non poteva crescere in quel clima. Non è stato possibile accertare a che cosa facesse esattamente riferimento. Il delitto – si è appreso durante la ricostruzione di Lorena Venier al pm – è avvenuto nella tarda serata di venerdì 25 luglio, dopo lunghi mesi di dissapori ed anche, da quanto si è appreso, violenze domestiche. Dopo aver sezionato la salma in tre parti – con un utensile utilizzato per fare la legna – è stata spostata in garage, di notte, per non essere viste.

Allo scopo di non destare sospetti, la madre della vittima si è recata regolarmente al lavoro fino a mercoledì sera. E’ dipendente del Distretto sanitario ubicato all’interno dell’ospedale cittadino: nessuno dei colleghi ha nutrito sospetti. La giovane colombiana si è invece occupata della piccina, continuava a uscire con la piccola nella carrozzina. Nel prosieguo dell’indagine si scoprirà qual era il progetto finale di suocera e nuora, che forse volevano approfittare della vita poco regolare di Alessandro – faceva lavori saltuari, non si occupava del sostentamento della famiglia – per farlo sparire definitivamente dalla circolazione senza destare sospetti, chissà, magari mettendo in giro la voce che fosse partito nuovamente per l’estero, in Colombia o in Australia, dov’era già stato. E dove aveva espresso la volontà di ritornare. O che fosse entrato nella Legione straniera, uno dei sogni del 35enne, che come hobby collezionava, nella stessa casa dove stava allevando anche la neonata, decine di pericolosi residuati bellici.

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