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Mondiali di nuoto, oro e lacrime: Quadarella regina dei 1500

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Di strada, quasi tutta in acqua, adesso ne ha fatta davvero tanta. Dopo il bronzo al suo primo mondiale dei grandi nel 2017 e la tripletta d’oro agli europei di Glasgow un anno fa, a Gwangju Simona Quadarella si prende la scena vincendo il titolo nei 1500 con record italiano (15’40″89): un’impresa, dieci anni dopo quella di un’altra romana, Alessia Filippi (a cui ha tolto il primato nazionale che reggeva proprio da Roma 2009, 15’44″93) che fa scendere lacrime di gioia sul viso della ventenne azzurra consapevole di aver fatto un altro salto che la consacra definitivamente regina delle distanze piu’ lunghe. Lo fa con autorita’ in una gara in cui avrebbe dovuto battagliare con la favorita Katie Ledecky, ma l’americana non si presenta ai blocchi causa un’indisposizione e per l’azzurra la corsa verso l’oro risulta ancora piu’ facile. “Neanche me la ricordo la gara, non ci sto capendo niente – dice la romana allenata da Christian Minotti – Quando ho saputo che Ledecky non avrebbe gareggiato ho capito che avrei potuto vincere, di essere la favorita, pero’ immaginarlo e’ una cosa e riuscirci ben altra. Se non c’era vuole dire che non era in grado di gareggiare. Sono stata fortunata, ma la fortuna va da chi si impegna”. Una favola che continua per la Simona nazionale, a cui adesso manca solo la gloria olimpica: tra un anno esatto a Tokyo l’azzurra cerchera’ un altro sigillo.

“Sto provando sensazioni pazzesche – ha aggiunto Quadarella, unghie fluo in bella mostra – Ho sempre sognato di diventare la numero uno al mondo. E’ quello che volevo e mi sembra incredibile che ci sia riuscita, che non sia un sogno. Durante la gara pensavo che non vedevo l’ora che finisse. Sapevo che stavo vincendo e quindi i 1500 metri mi sono sembrati lunghissimi. Ma a tratti me la sono pure goduta. Questo oro lo dedico a me, a Christian (Minotti, ndr), alla mia squadra e alla mia famiglia”. Le avversarie tutte a inseguire: la tedesca Sarah Kohler, argento in 15’48″83 e la cinese Jianjiahe Wang terza in 15’51″00. “Un oro inaspettato alla vigilia perche’ si sono incastrate una serie di situazioni che e’ inutile negare – l’analisi del tecnico Minotti -. Ledecky ha rinunciato alla finale e noi ne abbiamo approfittato. Simona ha voluto subito imporre un ritmo elevato, e’ stata brava. Godiamoci il momento, poi penseremo agli 800 e da settembre alle Olimpiadi. Siamo tra i piu’ forti al mondo, ma bisogna restare coi piedi per terra perche’ ci aspetteranno tutti a Tokyo”. L’Italia intanto ringrazia le sue donne, perche’ se laQuadarella manda in mondo visione il suo show dorato, con Martina Carraro arriva anche il bronzo nei 100 rana, la prima medaglia mondiale al femminile in questa disciplina. La nuotatrice ligure, fidanzata dell’altro ranista Fabio Scozzoli, sale sul podio con il record italiano di 1’06″36 alle spalle della campionessa olimpica e mondiale, la statunitense Lilly King (1’04″93) e alla russa Yuliya Efimova. Lacrime anche per lei: “Sono stata proprio brava, e’ incredibile questo bronzo alle spalle di due mostri sacri cosi'” ammette la 26enne di Genova. E poi c’e’ sempre lei, anche quando la linea verde della vasca italiana si prende la ribalta. Federica Pellegrini, infinita come la sua capacita’ di confermarsi ancora donna da battere. Nei 200 stile l’olimpionica si prende l’ottava finale mondiale consecutiva, e lo fa alla sua maniera: con il miglior tempo, da numero uno in 1’55″14, davanti alla millennial australiana Ariarne Titmus che ha gia’ vinto l’oro nei 400 e detiene il miglior tempo stagionale. “Non ho dato proprio tutto tutto, ma molto – dice la Pellegrini, 31 anni il prossimo 5 agosto -. Ho voluto comunque spingere e gia’ che stavo davanti sono andata. Ripartire dalla corsia 4 e’ un’emozione che non ho provato neanche a Budapest quando ho battuto Ledecky”. Da regina a regina, i complimenti alla neo campionessa dei 1500: “E’ stata bravissima. Mi sto un po’ preoccupando perche’ pian piano cadono tutti i record di Roma 2009”. Quadarella ringrazia e guarda alla strada d’acqua ancora da percorrere. Tra un anno Tokyo l’aspetta.

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Marino: campionato squilibrato da anni, troppa disparità fatturati e ricavi

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“Il nostro campionato non è equilibrato da diversi anni, ci sono disparità di fatturati e ricavi, non è una questione di oggi. Però è stato un bel campionato per quanto riguarda lo spettacolo offerto dalle squadre e anche per certe novità tecnico-tattiche. L’Inter ha ripercorso il campionato del Napoli dell’anno scorso. A volte ci sono anche i demeriti che determinano certi divari in classifica. Demeriti di alcune squadre che dovevano fare e non hanno fatto”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 Pierpaolo Marino, decano dei dirigenti sportivi italiani, sul campionato di Serie A ormai alle ultime curve, a quattro giornate dalla fine. Si dovrebbe tornare a un campionato a 18 squadre? “Ho fatto tanti anni con l’Avellino e con il Napoli con campionati a 16 squadre. Sia a 16 che a 18 squadre sono campionati che nella loro brevità non fanno emergere i reali valori tecnici. Una sconfitta determinava una classifica in maniera inappellabile. Sono contrario alla riduzione delle squadre. I format migliori sono la Premier e la Liga, tutti campionati a 20 squadre che non vanno a ridurre l’organico. A mio avviso, quello attuale è il format giusto”.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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