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Meloni vede von der Leyen,collaboriamo su Pnrr e migranti

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Il Pnrr, che va per forza rivisto per continuare a mantenere gli impegni come fatto finora. E i migranti, su cui va trovata una soluzione europea. Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen si rivedono a distanza di due mesi dal primo incontro, quando la premier era entrata da pochi giorni a Palazzo Chigi. Sorrisi, gesti cordiali nel momento dell’accoglienza nella sede del governo, che mostrano, si racconta, un clima ben diverso dalla circospezione con cui le due leader si erano guardate a Bruxelles a inizio novembre. La “diffidenza” che le istituzioni europee avevano nelle prime settimane di vita del governo di destra, sintetizza un ministro, a questo punto non c’è più. Anche perché l’Italia finora ha rispettato le scadenze, ha presentato una manovra che tiene in equilibrio i conti e si appresta a chiedere – ma entro le regole e senza stravolgimenti – di “implementare” il Piano di ripresa e resilienza per renderlo più attuale. Lo scenario di due anni fa quando era stato pensato, il concetto ripetuto da Meloni alla presidente della Commissione, è stato stravolto dalla guerra in Ucraina e dalla corsa dell’inflazione.

Per questo non si può non mettere mano a quelle parti che oramai sarebbero obsolete o non contribuirebbero abbastanza a quella “ripresa economica” pure oggetto del colloquio. von der Leyen arriva a piazza Colonna sotto il diluvio, dopo avere reso omaggio a David Sassoli alla presentazione del libro coi suoi discorsi. Una “ottima occasione”, sottolinea Palazzo Chigi, per “uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio Europeo straordinario del 9-10 febbraio dedicato in particolare all’economia e alla migrazione”. E per “riaffermare”, per parte italiana, “l’impegno sul Pnrr”. In apertura del colloquio le due condividono la condanna per le violenze in Brasile e la solidarietà per le istituzioni “democratiche” del Paese e confermano il comune impegno nel sostegno a Kiev.

Che porta ad affrontare uno dei temi che saranno al centro del Consiglio del 9 e 10 febbraio, cioè il dossier degli aiuti all’industria Ue. E’ la sfida che von der Leyen si è posta da qui alla prossima estate, quella di creare un Inflaction Reduction Act europeo in risposta alle legge sull’inflazione americana. Sfida che trova l’Italia favorevole, come assicura Meloni ribadendo che è fondamentale una risposta europea evitando azioni di singoli paesi (leggi la Germania) in base alle capacità di spesa. Con la presidente della commissione, nei resoconti dei bene informati sul colloquio, non ci sarebbero state “divergenze”. von der Leyen avrebbe “molto apprezzato” il lavoro fatto da Roma fin qui sul Pnrr e avrebbe incitato a “continuare in questa direzione” la delegazione italiana, che a sua volta avrebbe posto sul tavolo le varie opzioni per arrivare a modifiche guardando anche al RepowerEu e ai fondi legati alle politiche di coesione.

Sul dettaglio di tutte queste questioni – a partire dalle voci che potrebbero essere espunte dal Piano, fino al rinvio di alcune misure come l’entrata in vigore del Codice degli appalti – il ministro Raffaele Fitto, titolare del Pnrr e a fianco a Meloni durante l’incontro, si sta confrontando con le strutture della commissione. Temi che illustrerà, molto probabilmente, nella relazione al Parlamento che dovrebbe essere pronta prima di fine mese. La sintonia registrata sul Pnrr non sarebbe venuta meno nemmeno nel passaggio all’altro tema oggetto del prossimo Consiglio straordinario di Bruxelles, quello della gestione dei migranti. Meloni avrebbe ribadito che vanno difesi i confini esterni della Ue, vanno fermati gli sbarchi intervenendo sui paesi di origine delle migrazioni. E le due avrebbero concordato sulla necessità di una “risposta europea” che però, difficilmente arriverà a febbraio. I tempi per una intesa a 27 sui migranti sono lunghi. E sui ricollocamenti la Svezia, presidente di turno dell’Unione, ha già fatto sapere che non ha intenzione di avanzare iniziative.

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Esteri

Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Ambiente

Qualità dell’aria in Italia, allarme inquinamento: superati i limiti UE e OMS già nel primo trimestre 2025

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I dati raccolti nei primi tre mesi del 2025 confermano una situazione drammatica per la qualità dell’aria nelle città italiane. Secondo l’Osservatorio Mobilità Urbana Sostenibile, promosso da Clean Cities Campaign e Kyoto Club, in molti capoluoghi i livelli di PM2,5 (polveri sottili) e biossido di azoto (NO₂) hanno superato abbondantemente i limitifissati dalla Direttiva europea e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

In alcune zone urbane, come Torino Rebaudengo, non si è registrato neanche un giorno sotto i limiti dall’inizio dell’anno, evidenziando un’emergenza ormai strutturale.

Le città più colpite: Padova, Milano, Napoli, Torino e Palermo

Per quanto riguarda il PM2,5, i superamenti dei limiti sono stati registrati già nel primo trimestre nelle città di Padova, Milano, Brescia, Torino, Vicenza, Modena, Bergamo, Parma, Terni, Trento e Bologna.
La maglia nera per il biossido di azoto (NO₂) va invece a Palermo, Napoli, Messina, Genova, Torino, Catania, Milano, Vicenza, Venezia e Trento.

L’inquinamento come emergenza sanitaria

«L’inquinamento atmosferico è una vera emergenza sanitaria», afferma Roberto Romizi, presidente dell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (ISDE Italia). «Le evidenze scientifiche dimostrano l’aumento di malattie respiratorie, cardiovascolari, neurodegenerative, problemi riproduttivi e disturbi dello sviluppo nei bambini. Non possiamo più permetterci esitazioni. Servono politiche urgenti e coraggiose, in linea con le indicazioni dell’OMS».

Le richieste di Kyoto Club: mobilità sostenibile e transizione energetica

Per Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club, è essenziale «procedere rapidamente verso la decarbonizzazione, investendo in efficienza energetica, fonti rinnovabili e soprattutto mobilità sostenibile».
Una critica netta viene rivolta al Governo per la Legge di Bilancio 2025, che avrebbe dirottato risorse verso il Ponte di Messina, sottraendole a trasporto pubblico locale e mobilità attiva: «Così si aggrava l’emergenza climatica e sanitaria».

I numeri che preoccupano l’Europa

Secondo l’OMS, oltre 7 milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo a causa dell’inquinamento atmosferico. L’Agenzia Europea dell’Ambiente stima decine di migliaia di morti premature ogni anno solo in Italia per esposizione a inquinanti.

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Esteri

Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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