Mario Desiati trionfa al ‘Premio Strega 2022′, in un’edizione che restera’ nella storia del piu’ ambito riconoscimento letterario italiano per essere stata la prima con 7 autori in finale. Arrivato con la fidanzata al Ninfeo di Villa Giulia, a Roma, poco dopo le 21, con abito gessato Valentino, una camicia di seta crema, al collo un collarino fetish che ricorda quello di Damiano dei Maneskin, gli occhi truccati con kajal e scarpe Converse arcobaleno come la mascherina, Desiati ha brillato subito per originalita’ la sera della proclamazione, il 7 luglio, all’improvviso bagnata della pioggia. In collegamento da casa, Veronica Galletta, a causa del Covid mentre Fabio Baca’, finalmente negativo al tampone, e’ riuscito a venire in un Ninfeo contingentato, ma che sembra quasi tornato alla normalita’. La diretta su Rai3 e’ partita alle 23 sotto un improvviso ma breve acquazzone, con Geppi Cucciari sotto l’ombrello tenuto da Emanuele Trevi, presidente del seggio, e un fuggi fuggi degli ospiti sotto i portici del Ninfeo. Vincitore annunciato, super favorito dall’inizio della competizione, Desiati, con 166 voti per il suo ‘Spatriati’ (Einaudi), ha sbaragliato tutti al suo secondo emozionante ritorno in finale dopo quello del 2011 con Ternitti (Mondadori). I suoi personaggi irregolari, alla ricerca di un futuro e di un’identita’, come Francesco Veleno (che avevamo gia’ incontrato ne ‘Il Libro dell’amore proibito’) e Claudia Fanelli, protagonisti di questa storia fluida, ambientata tra la Puglia e Berlino, dove torna spesso la parola patria, hanno conquistato pubblico e critica. Lui e’ insicuro, lei e’ ribelle, sono profondamente amici fin dai tempi del liceo a Martina Franca e arriveranno sul grande schermo grazie alla Dude, giovane casa di produzione milanese che ha acquistato i diritti del romanzo presentato allo Strega da Alessandro Piperno. ‘Spatriati’ e’ una parola del dialetto martinese che vuol dire, appunto, irregolare.
“E’ un seme dentro tutti noi’ spiega Desiati, 45 anni di Martina Franca. Al secondo posto, con un ampio distacco, Claudio Piersanti che ha avuto 90 voti per il suo ‘Quel maledetto Vronskij ‘ (Rizzoli) in cui racconta la storia di un tipografo, Giovanni, che non si arrende all’improvviso addio, in un biglietto, della moglie Giulia, con cui sta insieme dall’adolescenza. E al terzo Alessandra Carati, con un vestito cortissimo fiorato sui toni grigio neri, in stile giapponese che ha avuto 83 voti per ‘E poi saremo salvi’ (Mondadori) con Aida, profuga bosniaca che a sei anni fugge dalla guerra con la famiglia verso l’Italia. Con lei era ex aequo nella settina finalista Fabio Baca’ (anche nella cinquina del Premio Campiello 2022) che si e’ aggiudicato il il sesto posto con 51 voti per ‘Nova’ (Adelphi), storia di violenza e conoscenza dell’altro con protagonista il neurochirurgo Davide. Al quarto posto Veronica Raimo, in sobrio total black, gia’ vincitrice del Premio Strega Giovani 2022 con ‘Niente di vero’ che va in direzioni non prestabilite con molta ironia, che ha avuto 62 voti ed e’ il secondo titolo Einaudi in gara, per un totale di quattro titoli del Gruppo Mondadori. Quinto per un soffio Marco Amerighi in vestito firmato riciclato, un po’ ansioso di natura che dice: “non vedo l’ora di scendere a bere un cocktail”. Il suo Randagi (Bollati Boringhieri) in cui da voce a una generazione spiazzata dalla consapevolezza di vivere la decrescita e alla storia di una famiglia dove prima o poi tutti i maschi spariscono, ha avuto 61 voti. E settima Veronica Galletta con ‘Nina sull’argine’ (minimum fax), titolo ripescato di un editore indipendente. Omaggio a Raffaele La Capria, morto il 26 giugno 2022, protagonista di una grande edizione del Premio, quella del 1961 che vinse con ‘Ferito a morte’ che il regista e scrittore Roberto Ando’ ha annunciato di voler portare in teatro in un adattamento con Emanuele Trevi. “E’ un romanzo diventato subito un classico, molto adatto al teatro” ha detto Ando’.
Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini si racconta per la prima volta nel libro ‘Un’altra storia’ con l’intento di parlare soprattutto ai giovani. “Uno dei motivi che mi ha spinto a raccontare la mia esperienza di vita e di lotta, è che vedo tra le giovani generazioni una straordinaria domanda di libertà. Una domanda di libertà e di realizzazione che non può essere delegata ad altri o rinviata a un futuro lontano, ma che si costruisce giorno per giorno a partire dalla lotta per cambiare le condizioni di lavoro e superare la precarietà. Se riuscirò ad accendere nei giovani la speranza e la voglia di lottare per la loro libertà nel lavoro e per un futuro migliore, potrò dire di aver raggiunto uno degli obiettivi che mi ero prefisso. Questo libro, con umiltà, vuole parlare soprattutto a loro” dice Landini.
In libreria proprio a ridosso dei referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza, ‘Un’altra storia’ è una narrazione intima tra ricordi, aneddoti e svolte professionali ed esistenziali, che si intreccia alla storia degli ultimi quarant’anni di questo paese, con un focus su alcune grandi ferite sociali di ieri e di oggi che ancora sanguinano e che devono essere rimarginate. Dagli anni Settanta ai giorni nostri, dall’infanzia e l’adolescenza a San Polo d’Enza, fino alle esperienze sindacali degli inizi a Reggio Emilia e Bologna, al salto nazionale in Fiom prima e in Cgil poi, nel libro di Landini non mancano le analisi sulle grandi questioni legate al mondo del lavoro e a quello delle grandi vertenze, tra cui Stellantis, il rapporto con i governi Berlusconi, Prodi, Renzi, Conte, Draghi e Meloni, nella declinazione dell’idea-manifesto del “sindacato di strada”, in cui democrazia e autonomia sono il grande orizzonte.
Questa narrazione personale e intima, ricca di spunti e riflessioni, si tiene insieme a quelle che sono le battaglie storiche del segretario e della sua azione “politica”: la dignità del lavoro, affermata nel dopoguerra e nella seconda metà del Novecento e “negata nell’ultimo ventennio a colpi di leggi sbagliate, che le iniziative referendarie propongono, infatti, di correggere e riformare profondamente” sottolinea la nota di presentazione. ‘Un’altra storia’ è un libro che ci parla di diritti da difendere, battaglie ancora da fare e del futuro.
Eletto segretario generale della Cgil nel 2019, Landini ha cominciato a lavorare come apprendista saldatore in un’azienda artigiana e poi in un’azienda cooperativa attiva nel settore metalmeccanico, prima di diventare funzionario e poi segretario generale della Fiom di Reggio Emilia. Successivamente, è stato segretario generale della Fiom dell’Emilia-Romagna e, quindi, di quella di Bologna. All’inizio del 2005 è entrato a far parte dell’apparato politico della Fiom nazionale. Il 30 marzo dello stesso anno, è stato eletto nella segreteria nazionale del sindacato dei metalmeccanici Cgil. Il primo giugno del 2010 è diventato segretario generale della Fiom-Cgil. Nel luglio del 2017 ha lasciato la segreteria generale della Fiom per entrare a far parte della segreteria nazionale della Cgil.
MAURIZIO LANDINI, UN’ALTRA STORIA (PIEMME, PP 224, EURO 18.90)
Stop all’automatismo che impone la sospensione della responsabilità genitoriale per i genitori condannati per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 55 del 2025, dichiarando illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del Codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto l’interesse del minore.
Una norma rigida che non tutela sempre i figli
L’automatismo previsto dalla norma, secondo cui alla condanna per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) segue obbligatoriamente la sospensione della responsabilità genitoriale per il doppio della pena, è stato giudicato irragionevole e incostituzionale. Secondo la Consulta, la previsione esclude qualsiasi valutazione caso per caso e impedisce al giudice di verificare se la sospensione sia effettivamente nell’interesse del minore, come invece richiedono gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.
Il caso sollevato dal Tribunale di Siena
A sollevare la questione è stato il Tribunale di Siena, che aveva riconosciuto la responsabilità penale di due genitori per maltrattamenti nei confronti dei figli minori, ma riteneva inadeguato applicare in automatico la sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice toscano ha evidenziato la possibilità concreta che, in presenza di una riconciliazione familiare e di un miglioramento del contesto domestico, la sospensione potesse arrecare un danno ulteriore ai minori.
Il principio: al centro l’interesse del minore
La Corte ha ribadito che la tutela dell’interesse del minore non può essere affidata a presunzioni assolute, bensì deve derivare da una valutazione specifica del contesto familiare e della reale efficacia protettiva della misura. Il giudice penale deve dunque essere libero di stabilire, caso per caso, se la sospensione della responsabilità genitoriale sia davvero la scelta più idonea alla protezione del figlio.
La continuità con la giurisprudenza
La decisione si inserisce nel solco della sentenza n. 102 del 2020, con cui la Consulta aveva già bocciato l’automatismo previsto per i genitori condannati per sottrazione internazionale di minore. In entrambi i casi, si riafferma il principio secondo cui le misure che incidono sulla genitorialità devono essere coerenti con i valori costituzionali e orientate alla tutela concreta del minore.
Il mondo della cultura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa (foto in evidenza di Imagoeconomica), uno dei più grandi romanzieri del Novecento e premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Lo scrittore peruviano si è spento oggi, domenica, a Lima all’età di 89 anni, circondato dalla sua famiglia, come ha comunicato suo figlio Álvaro attraverso un messaggio pubblicato sul suo account ufficiale di X.
«Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace».
Una vita tra letteratura e impegno
Nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936, Vargas Llosa è stato tra i più influenti autori della narrativa ispanoamericana contemporanea. Oltre ai riconoscimenti letterari internazionali, ha vissuto una vita profondamente segnata anche dall’impegno civile e politico.
Con la sua scrittura tagliente e lucida, ha raccontato le contraddizioni della società peruviana e latinoamericana, esplorando con coraggio e passione temi di potere, ingiustizia e libertà.
I capolavori che hanno segnato la sua carriera
Autore di romanzi fondamentali come “La città e i cani” (1963), durissima denuncia del sistema militare peruviano, e “La casa verde” (1966), Vargas Llosa ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del Novecento. La sua vasta produzione comprende anche saggi, articoli e testi teatrali.
Un addio in forma privata
Come reso noto dalla famiglia, i funerali saranno celebrati in forma privata e, nel rispetto della volontà dell’autore, le sue spoglie saranno cremate. Un addio sobrio, coerente con la riservatezza che ha spesso contraddistinto l’uomo dietro lo scrittore.