Quello che segue è un lungo comunicato stampa, che vi offriamo integralmente, del presidente dell’Isde Medici Ambiente Napoli Antonio Marfella che ha accompagnato padre Maurizio Patriciello all’incontro con il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
In data 15 novembre 2018, su invito dell’Onorevole Pina Castiello, accompagnando quale consulente tecnico Padre Maurizio Patriciello, il sottoscritto Dr Antonio Marfella, Presidente ISDE MEDICI AMBIENTE NAPOLI , ha avuto un incontro con il Ministro dell’Interno Matteo Salvini sul tema “TERRE DEI FUOCHI”.
Padre Maurizio Patriciello ha illustrato con chiarezza le nostre priorità di richiesta di intervento sui rifiuti industriali e tossici ed in particolare sui rifiuti industriali prodotti in regime di evasione fiscale che , insieme, costituiscono circa il 90% dei rifiuti prodotti alla base del fenomeno delle “Terre dei Fuochi”.
Al primo punto è stato quindi ribadito un intervento diretto alla emersione fiscale del “lavoro a nero” nella linea prioritaria di intervento indicata sin dal 2014 dal Prefetto Donato Cafagna.
Immediatamente dopo, è stato richiesto un intervento quanto più efficace e veloce possibile sulla “TRACCIABILITA” dei rifiuti industriali, al momento da decenni totalmente assente, e che pertanto, per le ovvie maggiori quantita’ di rifiuto industriale prodotto, mette in gravissimo pericolo di disastro ambientale e danno sanitario innanzitutto le Terre dei Fuochi del Nord, in particolare la Provincia DI Brescia.
Successivamente , e con i precedenti punti come presupposto, intervenire sulla impiantistica necessaria che, in Campania come altrove, deve vedere prioritaria la impiantistica per il corretto smaltimento dei rifiuti industriali, tossici ed ospedalieri, e non certo solo urbani, a cominciare dagli impianti per i rifiuti ospedalieri e per i rifiuti tossici come l’amianto, non certo ulteriori quanto inutili inceneritori .
Abbiamo fatto presente infatti che la Campania è già dotata di un maxi inceneritore che, da solo, equivale e già brucia più di tutti gli inceneritori oggi presenti nel Lazio, Toscana, Umbria, Molise Puglia e Marche (8) messi insieme e che gli indispensabili impianti di compostaggio non sono bene accetti dalla popolazione a seguito della mancata tracciabilità certa dei rifiuti in ingresso, nella perdurante assenza di tracciabilita’ sia dei rifiuti industriali che dei rifiuti umidi urbani.
Abbiamo chiesto un intervento di legge immediato sulla tracciabilità di tutti i manufatti specie del settore tessile e pellettiero, a tutela della qulitaò del marchio italiano , sulla base del principio , già in vigore per il prodotto agroalimentare, che “ogni manufatto non tracciato è di per se stesso un manufatto insalubre!”.
A completamento ed integrazione di quanto affermato abbiamo quindi consegnato al Ministro, che ha letto con attenzione, la allegata tabella di produzione totale dei rifiuti in Italia, per kg di produzione procapite/anno, sulla base dei dati ISPRA 2018 sui rifiuti speciali pubblicati la settimana scorsa, da cui si evince chiaramente la enorme sproporzione di produzione dei rifiuti soprattutto in evasione fiscale tra nord e sud di Italia.
Questa enorme sproporzione di produzione di rifiuti industriali , che nei decenni scorsi era stata la base del flusso di rifiuti tossici dal nord verso il sud, è oggi , in presenza di una legge che punisce penalmente con oltre 5 anni di reclusione “l’incendio dei rifiuti abbandonati” il movente preciso per cui gli incendi si sono spostati dai bordi delle strade all’interno dei depositi di stoccaggio legali, sia al sud che al nord di Italia, e dell’inversione dei flussi di rifiuti tossici dal sud verso gli impianti legali del nord ma soprattutto, dal momento che si è sempre a sud di qualcuno, di intensi quanti pericolosi flussi di rifiuti tossici in provenienti dal Sud della Germania ed indirizzati innanzitutto verso gli impianti legali della Lombardia (Procura di Trento) con eccezionale nocumento della salute pubblica soprattutto in alcune province lombarde (Brescia!).
Abbiamo ottenuto notevole attenzione da parte del Ministro sui contenuti della tabella allegata che sarà da noi presentata ufficialmente alla cittadinanza di Brescia in data 20 novembre 2018.
I pur necessari interventi sulla legalità e il comportamento di smaltimento scorretto presso i campi rom, costituendo, per noi, soltanto l’ultimo anello della catena dello smaltimento illecito dei rifiuti industriali, non sono da noi ritenuti prioritari e certamente non sono esclusivi rispetto ai punti essenziali summenzionati (emersione del lavoro “a nero”, tracciabilità dei manufatti, impianti a norma per rifiuti industriali e non urbani) se si vuole realmente “spegnere” le Terre dei Fuochi in tutta Italia.
Sottolineiamo ancora la estrema gentilezza ed attenzione istituzionale ricevuta da parte sia della nostra Ospite On Pina Castiello, incaricata dal Ministro Salvini di proseguire nella interlocuzione con noi cittadini e tecnici campani, che del Ministro stesso che ha ascoltato con grande attenzione le nostre richieste.
Antonio Marfella
Presidente ISDE MEDICI AMBIENTE NAPOLI
Queste sono le ultime immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della Stazione Centrale di Milano in possesso della Procura della Repubblica di Lecco diffuse dai Carabinieri che ritraggono Edoardo Galli mentre cammina sul binario dove è giunto il treno proveniente da Morbegno e mentre transita in uscita dai tornelli di sicurezza lo scorso 21 marzo.
Dopo questi istanti – spiega la nota della Procura- non ci sono, al momento, ulteriori riprese che lo ritraggono dialogare o in compagnia di altre persone ovvero nei pressi di esercizi commerciali.
Le donne ‘camici bianchi’ della Sanità italiana ancora oggi sono spesso davanti ad un bivio, quello di dover scegliere tra famiglia e carriera. Accade soprattutto al Sud e la ragione sta essenzialmente nella mancanza di servizi a sostegno delle donne lavoratrici. A partire dalla disponibilità di asili aziendali: se ne contano solo 12 nel Meridione contro i 208 del Nord. E’ la realtà che emerge da un’indagine elaborata dal Gruppo Donne del sindacato della dirigenza medica e sanitaria Anaao-Assomed, coordinato dalla dottoressa Marlene Giugliano. “Al Sud le donne che lavorano nel Servizio sanitario nazionale devono scegliere tra famiglia e carriera e per le famiglie dei camici bianchi non c’è quasi nessun aiuto. Una situazione inaccettabile alla quale occorre porre rimedio”, denuncia il segretario regionale dell’Anaao-Assomed Campania Bruno Zuccarelli.
Nelle strutture sanitarie italiane, afferma, “abbiamo 220 asili aziendali, di cui 208 sono al Nord (23 solo in Lombardia). In Campania gli asili nido su 16 aziende ospedaliere sono solo 2: Cardarelli e Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II. Il Moscati di Avellino aveva un asilo nido che è stato chiuso con la pandemia e ad oggi il baby parking dell’Azienda Ospedaliera dei Colli è chiuso. Una condizione vergognosa e desolante”. Ma i dati raccolti dal sindacato dicono anche altro: se si guarda al personale del servizio sanitario nazionale, il 68% è costituito da donne, quasi 7 operatori su 10, con un forte sbilanciamento verso il Nord dove le donne sono il 76%, mentre al Sud solo il 50%. Un divario tra Nord e Sud, quello della sanità, che “si lega alle condizioni di difficoltà che le donne devono affrontare – aggiunge Giugliano – del resto in Campania il costo medio della retta mensile di un asilo è di 300 euro, con cifre che in alcuni casi arrivano anche a 600 euro.
E nella nostra regione c’è un posto in asili nido solo ogni 10 bambini”. Per questo le donne campane dell’Anaao chiedono di essere ascoltate dalle Istituzioni regionali, così come dalle Aziende ospedaliere e Sanitarie. Tre i punti chiave sui quali intervenire, sottolineano: “creazione di asili nido aziendali che rappresentano una forma di attenzione per le esigenze dei propri dipendenti e consentono una migliore conciliazione dei tempi casa-lavoro; sostituzione dei dirigenti in astensione obbligatoria per maternità o paternità e applicazione delle norme già esistenti, come flessibilità oraria; nomina, costituzione e funzionamento dei Comitati unici di garanzia”. Sono organismi che “prevedono compiti propositivi, consultivi e di verifica in materia di pari opportunità e di benessere organizzativo per contribuire all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, agevolando l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni e favorendo l’affezione al lavoro, garantendo un ambiente lavorativo nel quale sia contrastata qualsiasi forma di discriminazione”, spiega Giugliano. In regioni come la Campania, “questi organismi hanno solo un ruolo formale, cosa – conclude l’esponente sindacale – che non siamo più disposte ad accettare”.
È costituzionalmente illegittima la previsione dell’automatica rimozione dall’ordinamento giudiziario dei magistrati finiti in vicende penali culminate con la condanna, a loro carico, a una pena detentiva non sospesa. Lo ha deciso la Consulta – esaminando il caso di un giudice coinvolto in aspetti ‘secondari’ del cosiddetto ‘sistema Saguto’ – che ha accolto una questione sollevata dalle Sezioni Unite della Cassazione alle quali si è rivolto l’ex giudice Fabio Licata.
L’ex magistrato è stato condannato in via definitiva alla pena non sospesa pari a due anni e quattro mesi per falso materiale per aver apposto la firma falsa della presidente del collegio, Silvana Saguto, con il consenso di quest’ultima, ed è stato rimosso dalla magistratura. Per effetto della decisione della Consulta, il Csm “potrà ora determinare discrezionalmente la sanzione da applicare” a Licata, compresa ancora l’opzione della rimozione, “laddove ritenga che il delitto per cui è stata pronunciata condanna sia effettivamente indicativo della radicale inidoneità del magistrato incolpato a continuare a svolgere le funzioni medesime”. Saguto, anche lei radiata dalla magistratura, e ora reclusa a Rebibbia, è stata condannata in via definitiva a 7 anni e dieci mesi di reclusione per aver gestito in modo clientelare le nomine degli amministratori giudiziari dei beni confiscati alla mafia, ottenendo in cambio anche denaro.
La Corte costituzionale – con la sentenza n. 51 depositata – ha ricordato che, secondo la propria costante giurisprudenza, la condanna penale di un funzionario pubblico o di un professionista non può, da sola, determinare la sua automatica espulsione dal servizio o dall’albo professionale. Sanzioni disciplinari fisse, come la rimozione, sono anzi indiziate di illegittimità costituzionale; e in ogni caso deve essere salvaguardata la centralità della valutazione dell’organo disciplinare nell’irrogazione della sanzione che gli compete. La norma dichiarata incostituzionale, invece, ricollegava la sola sanzione della rimozione alla condanna per qualsiasi reato, purché la pena inflitta dal giudice penale superasse una certa soglia quantitativa, finendo così per spogliare il Csm di ogni margine di apprezzamento sulla sanzione da applicare nel caso concreto.
Nel caso che ha dato luogo al giudizio, il giudice penale – rileva la Consulta – aveva irrogato una severa pena detentiva non sospesa, senza poter considerare gli effetti che tale pena avrebbe necessariamente prodotto nel successivo giudizio disciplinare. In conseguenza poi dell’automatismo creato dalla norma, neppure nel giudizio disciplinare era stato possibile vagliare “la proporzionalità di una tale sanzione rispetto al reato da questi commesso, dal peculiare angolo visuale della eventuale inidoneità del magistrato a continuare a svolgere le proprie funzioni”. E ciò pur “a fronte dell’entità delle ripercussioni che l’espulsione definitiva dall’ordine giudiziario è suscettibile di produrre sui diritti fondamentali, e sull’esistenza stessa, della persona interessata”.