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Politica

Manca il numero legale, slitta fiducia su dl Ucraina-bis

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Il numero legale che manca per tre volte a Montecitorio, impedendo al governo di porre la fiducia sul dl Ucraina bis, risuona come un nuovo allarme al governo di una maggioranza piu’ che mai litigiosa e gia’ alle prese con la campagna elettorale. Mentre il M5s continua a strattonare l’esecutivo, rilanciando la battaglia contro il termovalorizzatore di Roma, il leader della Lega Matteo Salvini si unisce al coro di chi invoca lo stop all’invio di armi a Kiev e chiede al premier Mario Draghi garanzie precise per i balneari. L’accordo, che sarebbe legato anche alla tenuta dell’intesa sul fisco, potrebbe essere vicino ma il governo avrebbe messo paletti ben precisi sulle deadline: le gare si devono fare entro fine 2023 salvo singole deroghe tecniche al 2024. Il mantra di Draghi sulle riforme non e’ cambiato: vanno fatte subito per non perdere i fondi del Pnrr, essenziali per l’Italia, a maggior ragione in un momento difficile come questo. Perdere tempo non e’ un’opzione, il messaggio inviato solo pochi giorni fa dal forum di Sorrento. A Salvini il premier parla dell’ultima visita negli States, nel corso della quale e’ stato riaffermato “l’impegno dell’Italia per la pace attraverso il sostegno all’Ucraina, l’imposizione di sanzioni alla Russia, la rinnovata richiesta di un cessate il fuoco e dell’avvio di negoziati credibili”. Il leader leghista plaude al ruolo dell’Italia “protagonista di un processo di pace”, ma – proprio in questo contesto – dice no all’invio di ulteriori armi a Kiev. Quanto all’embargo di gas e petrolio russo, “fa piu’ male all’Italia e all’Europa”, spiega. Sul tavolo c’e’ anche il ddl concorrenza, con il nodo dei balneari. Salvini chiede “tutelare coloro che nella spiaggia hanno la principale fonte di reddito” e prevedere “un congruo indennizzo in riconoscimento del valore dell’azienda in caso di mancato rinnovo”, richiesta quest’ultima che sarebbe stata accolta. Sulle scadenze resta vago: “Se sara’ nel 2024 o nel 2025 lo vedranno i tecnici…”. Mentre l’ex ministro dell’Interno e’ nella sede del governo, a Montecitorio per ben tre volte viene a mancare il numero legale e – stando ai tabulati – e’ proprio la Lega il gruppo con le maggiori assenze (il 68% di non partecipanti al voto). Di certo e’ la prima spia della tensione crescente nella maggioranza che sostiene Draghi, anche se qualcuno nei corridoi della Camera minimizza: “Molti parlamentari erano impegnati sui territori con le liste”. Da Azione il deputato Osvaldo Napoli punzecchia: “Salvini non chiedera’ un altro voto (sull’invio delle armi all’Ucraina, ndr), si accontenta di far mancare il numero legale in aula”. L’ex pentastellato Alessandro Di Battista ironizza sulla maggioranza “bulgara” e la presidente di FdI Giorgia Meloni rincara la dose: “O la maggioranza e’ troppo distratta, oppure qualcuno sta dando dei segnali”. Sul fronte del M5s, la battaglia si sposta dalle armi (su cui per ora non sono previste iniziative per arrivare subito ad un voto) all'”inceneritore” di Roma. Secondo alcune indiscrezioni i parlamentari pentastellati sarebbero pronti a presentare un emendamento in Aula al dl aiuti per cancellare la norma che affida i poteri sui rifiuti al sindaco Roberto Gualtieri, in quanto commissario per il Giubileo. Una nuova strategia d’attacco che il leader conta di usare per ricompattare il Movimento, anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, che non passa inosservata in casa dem. Se il quadro della maggioranza e’ quanto meno caotico, anche i singoli schieramenti appaiono piu’ che mai divisi: con il centrodestra spaccato sulla leadership e le distanze tra i giallorossi che si allargano. Il segretario del Pd Enrico Letta, che a breve riunira’ la direzione del partito, per ora cerca di guardare il bicchiere mezzo pieno: “Quello che Draghi ha detto a Washington ha avvicinato molto le posizioni e reso tutti consapevoli del fatto che in questo momento dobbiamo essere uniti”.

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Comunali a Bolzano: Corrarati avanti con il 36,5%, Andriollo al 27,6% dopo 75 sezioni scrutinate

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Con lo scrutinio ormai quasi completato, Claudio Corrarati, candidato sindaco del centrodestra, si conferma in netto vantaggio alle elezioni comunali di Bolzano. Dopo lo spoglio di 75 sezioni su 80, l’ex presidente della Cna ha raggiunto il 36,5%, mentre il suo principale sfidante, l’assessore uscente Juri Andriollo del centrosinistra, è fermo al 27,6%.

Nel capoluogo altoatesino, dove il voto è storicamente influenzato dalla composizione linguistica e territoriale eterogenea, il dato resta comunque soggetto a variazioni nelle ultime sezioni. Tuttavia, il vantaggio consolidato di Corrarati fa già pensare con concretezza a un ballottaggio tra due settimane, per il quale sarà decisivo il posizionamento della Svp. La Südtiroler Volkspartei, che governa già con il centrodestra in Provincia, potrebbe sostenere proprio Corrarati, rendendo per lui più agevole la sfida finale.

Il candidato della Svp Stephan Konder è attualmente in terza posizione con il 18,46%, seguito dall’assessore regionale Angelo Gennaccaro (La Civica) con il 12,30%.

A Merano, dopo lo scrutinio parziale (3 sezioni su 28), è avanti il sindaco uscente Dario Dal Medico, sostenuto da liste civiche di centrodestra, con il 38,9%. Lo tallona la sua attuale vice della Svp, Katharina Zeller, al 23,6%, possibile sfidante al ballottaggio.

Situazione ancora in evoluzione a Trento, dove lo scrutinio procede a rilento. Nella notte, nessuna delle 98 sezioni risultava ancora scrutinata. Il sindaco uscente del centrosinistra Franco Ianeselli è considerato favorito, ma una riconferma al primo turno appare difficile.

Il vero dato politico di questa tornata elettorale è però il crollo dell’affluenza. A Bolzano ha votato solo il 52,16% degli aventi diritto, contro il 60,65% del 2020, quando si votò su due giorni. A Trento, l’affluenza è scesa dal 60,98% al 49,93%. A livello provinciale ha votato in Alto Adige il 60% (contro il 65,4% del 2019) e in Trentino il 54,53% (contro il 64,08%).

 

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Lega va avanti su Autonomia, legge delega al prossimo Cdm

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Con passo da maratoneta, la Lega non molla e va avanti sull’attuazione dell’Autonomia differenziata, sua battaglia storica. Il padrino della riforma, il ministro Roberto Calderoli, è pronto con la legge delega per la determinazione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazione. La presenterà al Consiglio dei ministri la prossima settimana, al massimo quella successiva. Il responsabile degli Affari regionali e dell’Autonomia l’ha detto nel suo mini tour tra Trento e Bolzano, dove oggi si vota per le Comunali. In effetti, dopo i ritocchi fatti alla legge originaria e imposti dalla Corte Costituzionale che, nella sentenza di dicembre, ha dichiarato l’illegittimità di alcune parti, la delega è pronta per il passaggio a Palazzo Chigi e subito dopo in Parlamento.

Nel testo vengono individuati – distinti per funzioni e non più per materie, come indicato dalla Consulta – gli standard minimi di servizio pubblico che sono indispensabili a garantire, da Nord a Sud, i diritti civili e sociali che la Costituzione tutela. Si va dal lavoro al diritto all’istruzione, dall’ urbanistica alle reti di trasporto fino ad ambiente ed energia. Per Calderoli, l’obiettivo è chiudere la partita entro fine anno. Parallelamente procede l’altro fronte: quello delle negoziazioni sulle materie non Lep avviate con 4 regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria) che hanno chiesto forme differenziate di autonomia. Superate le riserve di alcuni ministeri (non guidati dalla Lega) su alcune funzioni come la Protezione civile, si prosegue e chissà che anche gli alleati più dubbiosi possano cedere. Specialmente Forza Italia, spinta dagli amministratori del Sud che temono disparità rispetto al più ricco Nord.

Apparentemente, si avvera l’auspicio di Matteo Salvini che, anche al congresso della Lega di aprile, ha associato l’Autonomia alla riforma del Premierato: “Vanno insieme, mano nella mano”. Un binomio che, secondo le opposizioni, tradisce uno scambio tra FdI e Lega. Di certo, il Presidenzialismo sta a cuore alla premier Giorgia Meloni che l’ha ribadito di recente all’AdnKronos (“Ci riusciremo”). E anche oggi i vertici del suo partito insistono sul fatto che la priorità sia la “madre di tutte le riforme” (nel copyright di Meloni), più della legge elettorale. A tirare in ballo, implicitamente, il sistema di voto sono state le parole della premier tentata da un secondo mandato.

Tuttavia, è innegabile che una riforma che potenzi i poteri del capo del governo debba definire anche il resto dell’architettura istituzionale del Paese, a partire proprio dalla legge elettorale. Il centrodestra ci sta ragionando, anche considerando che il premierato da 10 mesi è di fatto in standby alla Camera (al secondo dei 4 passaggi richiesti) e che è difficilissimo che l’iter si chiuda entro fine legislatura e si voti il referendum confermativo.

La bozza a cui si sta lavorando prevede di cancellare i collegi uninominali (anche nell’ottica di evitare il rischio di alleanze che tenterebbero il centrosinistra specie al Sud), puntare a una legge proporzionale con un premio di maggioranza del 15% per la coalizione che superi la soglia del 40%, indicare sulla scheda il candidato Premier della coalizione e fissare una soglia di sbarramento per i partiti più piccoli attorno al 3% e non oltre il 5%. Ma più fonti del centrodestra assicurano che non ci sono novità all’orizzonte, né confronti a breve.

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Politica

Napoli laboratorio politico: consiglieri e assessori pronti a candidarsi alle regionali, Manfredi prepara il rimpasto

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Alle elezioni regionali d’autunno la città di Napoli potrebbe trasformarsi in un vero e proprio laboratorio politico. Almeno dieci consiglieri comunali e tre assessori dell’attuale amministrazione guidata dal sindaco Gaetano Manfredisono pronti a scendere in campo, con lo stesso Manfredi che guarda già al rimpasto di Giunta dopo il voto. Si preannuncia dunque una rivoluzione politica tra gli scranni di Palazzo San Giacomo e nei futuri equilibri regionali.

Il fronte progressista: la coalizione plurale e l’ipotesi Fico

Nel campo del centrosinistra, il candidato alla presidenza della Regione Campania potrebbe essere Roberto Fico, ex Presidente della Camera. Una candidatura che ha il sostegno del Movimento 5 Stelle, del Partito Democratico e di Manfredi stesso, garante di una coalizione plurale. Il nome di Fico rassicura sia per il suo profilo istituzionale, sia per la capacità di dialogo trasversale: d’altronde fu incaricato dal presidente Sergio Mattarella di tentare due esplorazioni di governo.

Manfredi accompagnerà la candidatura con un’agenda politica centrata su Napoli e la sua area metropolitana, che rappresentano il 60% del peso elettorale regionale. Ogni partito presenterà la sua lista, e in caso di vittoria del centrosinistra, il risultato determinerà anche la spartizione degli incarichi.

I nomi nella lista del presidente e i candidati dei partiti

Nella lista del Presidente, che sarà il contenitore civico a sostegno della coalizione, correranno diversi volti noti dell’amministrazione Manfredi. Tra i sicuri candidati ci sono:

  • Nino Simeone, presidente della commissione Infrastrutture;

  • Walter Savarese d’Atri, in ticket con Angela Cammarota;

  • Fulvio Fucito, in uscita dalla lista Manfredi sindaco;

  • Roberto Minopoli, in quota centrista.

Tra gli assessori, Edoardo Cosenza (Infrastrutture) potrebbe sostenere Simeone, mentre la candidatura della vicesindaca Laura Lieto appare poco probabile, vista la sua centralità nei progetti urbanistici.

Il M5S dovrebbe candidare Luca Trapanese (Politiche sociali), Emanuela Ferrante (Sport), e i consiglieri Salvatore Flocco e Claudio Cecere. Ci pensa anche Enza Amato, presidente del Consiglio comunale.

Nel Pd spinge Salvatore Madonna, vicino a Mario Casillo, mentre Avs schiererà Rosario Andreozzi e Luigi Carbone, affiancato da Roberta Gaeta. In campo anche Pasquale Sannino per il Psi e un possibile ticket moderato tra Annamaria Maisto e Armando Cesaro.

Il centrodestra tra incertezze e scommesse

Sul fronte opposto, Forza Italia dovrebbe puntare su Salvatore Guangi, con forti pressioni su Catello Maresca, ex magistrato e nome spendibile anche per ruoli di vertice, sponsorizzato dal deputato Cosimo Silvestro. La Lega schiererà Domenico Brescia e Bianca D’Angelo, moglie dell’ex parlamentare Enzo Rivellini. Ancora nessun nome certo per il candidato presidente.

L’effervescenza politica napoletana, trasversale agli schieramenti, preannuncia una campagna elettorale caldissima e piena di incroci tra Palazzo San Giacomo e la futura sede del Consiglio regionale.

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