Collegati con noi

Esteri

Macron torna dal G20 ed è alle prese con 3 morti, centinaia di feriti e la devastazione di Parigi da parte dei gilet gialli: linea dura dell’Eliseo contro la violenza

Pubblicato

del

Emmanuel Macron torna dal G20 in Argentina e atterra direttamente all’Arco di Trionfo, il monumento sacro alla Francia violato da graffiti e vandalismi. Il presidente non vuole che neppure “un’azione violenta resti impunita” dopo il sabato in cui Parigi è stata messa a ferro e fuoco. Ma con i gilet gialli moderati che gli tendono la mano, apre per la prima volta al dialogo. Intanto i duri del movimento danno appuntamento a sabato prossimo, per “il quarto atto” della protesta. E mentre in mattinata si è registrato il terzo morto, a causa dei blocchi dei gilet gialli su una strada di Arles nel sud, Macron ha sostato in raccoglimento alla tomba del milite ignoto, con il volto scuro. Da lontano un gruppetto di gilet gialli gli chiedeva ancora una volta le dimissioni. Poi si è avviato a piedi fra le macerie dell’avenue Kleber, dove qualcuno lo ha applaudito. Mentre Marine Le Pen e Jean-Luc Melenchon gli chiedevano addirittura di sciogliere le camere e indire nuove elezioni, il presidente si concentrava per una riunione di crisi con i massimi responsabili del governo. Molti aspettavano un gesto forte, Macron ha avuto parole molto dure per i casseur, auspicando che tutti i responsabili delle devastazioni di ieri, che il prefetto di Parigi Michel Delpuech ha definito “senza precedenti”, abbiano una condanna in tribunale. Fra i 3 e i 7 anni, per i reati più gravi, che vanno dall’aggressione contro la polizia all’incendio di auto (112 in tutto), dal vandalismo contro i monumenti (anche l’interno dell’Arco di trionfo con i suoi tesori è stato devastato dai vandali) all’uso di armi da fuoco.

Il presidente – sorvolando sull’ipotesi di dichiarare lo stato d’emergenza ventilato questa mattina dal portavoce del governo Benjamin Griveaux – ha chiesto al ministro dell’Interno, Christophe Castaner, di “riflettere sull’eventuale necessita’ di adattare il dispositivo di ordine pubblico nei prossimi giorni”, un modo asettico di bocciare il flop sicurezza di ieri. Ma sul piano politico, la giornata e’ stata caratterizzata dal primo via libera al dialogo, finora assente: da un lato le ‘colombe’, i 10 portavoce del movimento, fra i quali Jacline Moraud – che con il suo video sui social è stata una delle scintille della protesta – che hanno aperto la porta al negoziato. Parlando di “rabbia costruttiva”, dicendosi disposti a “incontrare il primo ministro” e soprattutto circoscrivendo le richieste e riportandole al nucleo iniziale: congelamento degli aumenti di tasse sui carburanti e rinuncia alla sovrattassa sulla revisione dei veicoli piu’ vecchi. Un’apertura importante, che mette da parte l’elenco di richieste che era andato crescendo ogni giorno: dall’abolizione del Senato alle dimissioni di Macron, fino ad arrivare a una lista di 42 esigenze. Immediatamente, già nel vertice di crisi all’Eliseo, Macron ha accolto la mano tesa: al premier Philippe ha chiesto di ricevere i leader dei partiti politici presenti in Parlamento e i rappresentanti dei gilet gialli. Gli incontri cominceranno domani. Il segnale e’ positivo, nel clima che l’opposizione di destra e sinistra ha definito “insurrezionale”. Ma resta l’incognita di un governo fin qui irremovibile sull’ecotassa. Macron non ha parlato oggi, ma ha fatto ribadire al portavoce Griveaux che “non si cambia rotta, perche’ la rotta è quella giusta”. Altra incognita, i “falchi” del movimento, che sulla loro pagina Facebook “Atto 4, Tutti all’Eliseo” – in cui si da’ appuntamento a sabato prossimo – hanno raccolto già 15.000 potenziali partecipanti e oltre 90.000 “interessati”.

Advertisement

Esteri

Maradona, nuove rivelazioni dal processo: «Luque vietò l’ingresso ai medici chiamati dalle figlie»

Il chirurgo che seguì Diego negli ultimi giorni avrebbe impedito le valutazioni cliniche dopo l’intervento alla testa.

Pubblicato

del

Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.

Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»

Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.

«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».

Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»

Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.

«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».

Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica

Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.

Continua a leggere

Esteri

La crociata di Ursula contro ‘i populisti filo-Putin’

Pubblicato

del

Lontano dalle suggestioni populiste, fermamente contro gli “estremisti di destra e di sinistra che non sono a favore della pace ma sono amici di Putin”, per usare le parole di Ursula Von der Leyen. E’ il Partito popolare europeo che si è ritrovato al Congresso di Valencia forte di una stagione di successi elettorali, a trazione sempre più tedesca, convinto di essere il motore propulsore di un’Europa che vuole rilanciarsi ed essere sempre più protagonista anche fuori dai confini dei 27. L’Europa disegnata dai popolari è un’entità politica capace di difendere i propri interessi nei confronti dell’alleato tradizionale, gli Usa, ma anche in grado di aprirsi nei confronti dei mercati emergenti, dalla Cina all’India, dall’Australia ai Paesi del Mercosur. Impegnata a voltare pagina sul fronte della difesa comune, della crescita e della lotta ai clandestini. L’asse formato da Ursula Von der Leyen, l’applauditissimo cancelliere in pectore Merz e il neo eletto presidente del partito, Manfred Weber tiene banco e dà la linea. “L’Europa è la nostra casa. E la nostra prima missione è proteggere il luogo che tutti chiamiamo casa”, ha sintetizzato Ursula Von der Leyen.

“Abbiamo vinto le ultime europee – ha detto Manfred Weber – grazie all’allargamento della famiglia del Ppe: non sono più conservatori o liberali ma stanno con noi. Il Ppe è il partito dell’Europa, dello stato di diritto. Viktor Orban se ne andrà in pensione e la nuova Ungheria sarà popolare”, ha aggiunto Weber tra gli applausi. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha concordato sulla necessità per l’Unione europea di “voltare pagina”, a partire dalla lotta contro l’eccesiva burocratizzazione legislativa. E soprattutto chiudendo quanto prima la stagione del Green Deal, lasciandosi alle spalle “quella visione di Timmermans e di Greta Thunberg che – ha osservato il leader azzurro – aveva creato una sorta di dea natura, una forma di panteismo che non teneva conto della presenza dell’uomo, facendo perdere decine se non centinaia di migliaia di posti di lavoro”. Dalla pace in Ucraina, alla tensione con Trump sui dazi, dalla lotta contro l’immigrazione clandestina alla partita sulla crescita, il Ppe serra le file sulla responsabilità della leadership europea, consapevole che l’Unione, con i suoi valori e la sua storia, è destinata ad avere un ruolo centrale, in prima fila, nel mondo del futuro. L’Europa a guida popolare lancia poi un monito a Trump: “I mercati globali – ha ammonito Von der Leyen – sono scossi dall’imprevedibile politica tariffaria dell’amministrazione Usa. I loro dazi sul resto del mondo sono ai massimi da un secolo a questa parte. Le tariffe sono come le tasse. Fanno male sia ai consumatori che alle imprese. Non possiamo e non dobbiamo permettere che questo accada”.

Un partito popolare e una Commissione europea che oggi può incassare la discesa in campo di una sua nuova e fondamentale supporter, la Germania a guida Merz, il cui intervento è stato quello più applaudito nella sede della Fiera di Valencia. “Se altri Paesi mettono in discussione la legittimità della difesa dei confini e della sovranità – ha ammonito Merz – noi lotteremo ancora più forte a favore di questi valori”. Molto determinato anche sul dossier difesa: “Dobbiamo lavorare insieme come mai prima, con una sola voce, soprattutto sulla difesa: dobbiamo essere pragmatici nel nuovo progetto. Tutto deve avvenire nella cornice Nato ma dobbiamo essere capaci di difenderci meglio che nel passato”, ha concluso tra gli applausi.

Continua a leggere

Esteri

Tre morti in una sparatoria in Svezia, caccia al killer

Pubblicato

del

Una sparatoria davanti a un barbiere in pieno centro, tre morti a terra, l’aggressore in fuga. La città universitaria di Uppsala, in Svezia, è sotto shock. Alle 17:04 è scattato l’allarme con molte segnalazioni di spari uditi nel centro abitato a 70 km a nord di Stoccolma. Sul posto sono intervenuti i soccorritori e la polizia e, secondo diverse testimonianze, tre ambulanze si sono allontanate a sirene spiegate. Attorno alle 19:30 la polizia ha dichiarato che le vittime sono tre e di non averle ancora indentificate. “Si indaga per omicidio”, si legge sul sito internet della polizia. Un testimone ha detto al quotidiano Aftonbladet di aver visto un uomo su un monopattino elettrico pochi istanti prima della sparatoria: poi ha sentito gli spari e si è rifugiato in un locale nelle vicinanze.

“Stiamo lavorando a pieno ritmo e abbiamo molto lavoro da fare”, ha dichiarato il portavoce della polizia Magnus Jansson Klarin. Gli agenti confermano che sono giunte segnalazioni di un uomo con una maschera che si è allontanato dalla scena a bordo di un monopattino e che stanno cercando una o più persone. Una grossa area attorno alla scena del crimine è stata transennata mentre in serata era ancora in corso una maxi caccia all’uomo con l’ausilio di un elicottero, droni e diverse unità cinofile. Le ricerche sono ancora più complesse dalla vigilia di Valpurgis, una festività svedese particolarmente sentita nella città universitaria di Uppsala che annualmente si trasforma in un enorme festival studentesco.

Per le strade ci sono dunque più persone del solito ma per la polizia non sarebbero in pericolo: “In questo momento non riteniamo che ci sia un pericolo per il pubblico. Ci tengo a sottolinearlo visto che molte persone sono in giro per i festeggiamenti”, ha aggiunto Jansson Klarin, citato da Aftonbladet. “Questo è avvenuto mentre Uppsala stava iniziando i festeggiamenti di Valborg”, ha dichiarato il ministro della giustizia svedese, Gunnar Strömmer. “Ciò che è successo è estremamente grave. Il ministero di giustizia tiene uno stretto contatto con la polizia e segue con attenzione gli sviluppi” ha aggiunto Strömmer, citato dalla radio pubblica Sveriges Radio. Il quartiere dove è avvenuta la sparatoria è molto tranquillo, un misto di zona residenziale e negozi a poca distanza dalla stazione ferroviaria e non è nota per episodi violenti in passato.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto