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Economia

L’Ue lima in negativo il Pil delI’talia, per Moody’s invece è “appropriato” l’outlook stabile sul rating

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La Commissione Ue lima al ribasso le previsioni di crescita dell’Italia: nel 2020 crescerà “solo leggermente” di 0,3%, “anche a causa di un effetto negativo di trascinamento”, e nel 2021 si fermerà a +0,6%. A novembre scorso la previsione Ue era di 0,4% e 0,7%. Inoltre Bruxelles segnala che “i rischi al ribasso sulla prospettiva di crescita restano pronunciati”.

“Le indagini sulle imprese suggeriscono un lento avvio nel 2020. La fiducia nell’industria è migliorata a gennaio, ma non suggerisce ancora un rimbalzo imminente nella produzione industriale. L’attività dei servizi, anche se non immune dal debole ciclo industriale, dovrebbe sostenere la crescita del Pil reale nel breve termine”, scrive Bruxelles.

L’Italia, con una crescita dello 0,3% per il 2020 e dello 0,6% per il 2021, si conferma fanalino di coda nell’Ue. Lo scrive la Commissione Ue nelle nuove previsioni economiche d’inverno. Penultime la Germania e la Francia, ferme all’1,1% per il 2020. Record di crescita invece per Malta e Romania: 4% e 3,8% nel 2020.

Moody’s considera al momento “appropriato” l’outlook stabile sul rating dell’Italia, in quanto sintetizza bene i punti di forza e debolezza del nostro Paese, e non vede “ragioni” per tagliare “adesso” le stime di crescita del Pil dell’Italia nel 2020, attualmente fissate a +0,5%. Lo ha spiegato Kathrin Muehlbronner, senior vice president di Moody’s e analista principale per il rating italiano, in occasione della presentazione dei Credit trends 2020, a Milano.

“Guardiamo sempre alle nostre previsioni e ai nostri numeri. Un taglio delle previsioni e’ sempre possibile ma non vedo molte ragioni per farlo adesso. In altre regioni stiamo tagliando le previsioni a causa del coronavirus ma l’Europa non e’ molto colpita, almeno questa e’ la nostra valutazione al momento”, ha spiegato Muehlbronner, secondo cui un cambio delle previsioni di qualche decimale, che per quest’anno sono di una crescita del 0,5%, non farebbe “una grande differenza” per un Paese che “non e’ molto veloce e resta dietro alla maggior parte dei Paesi europei”. Quanto al rating sull’Italia “siamo piuttosto confortevoli con un outlook stabile, l’Italia ha un basso debito nel settore privato, un’economia molto diversificata, competitiva in molto settori, una gestione professionale del debito e una solida posizione esterna”. Questi punti di forza sono pero’ bilanciati da una serie di “debolezze” rappresentate da “un debito pubblico alto, con un’alta vulnerabilita’ agli shock” e una “crescita debole” a cui si aggiungono “elevate necessita’ di finanziamento”, per le quali “c’e’ piu’ bisogno di mantenere la fiducia degli investitori”. Un rialzo del rating potrebbe scattare in presenza “di una crescita piu’ alta ma per questo servono riforme strutturali” mentre i rischi di downgrade sono “collegati alla politica fiscale, ai rischi di liquidita’, di non aver accesso al mercato e di lasciare l’area euro”.

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Dichiarazione dei redditi al via, dal 30 la precompilata

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Parte la stagione della dichiarazione dei redditi. Da mercoledì pomeriggio la precompilata 2025 sarà disponibile in modalità consultazione sul sito dell’Agenzia delle Entrate. I modelli già predisposti contengono i dati in possesso del fisco oppure inviati dagli enti esterni, come datori di lavoro, farmacie e banche. Sono complessivamente circa 1,3 miliardi le informazioni trasmesse per la stagione dichiarativa in corso. Dal 15 maggio sarà poi possibile modificare e inviare i modelli dichiarativi. I contribuenti potranno anche quest’anno optare per il 730 semplificato, che nel 2024 è stato scelto da oltre metà della platea. Con questa modalità la compilazione è facilitata e il il cittadino non deve più conoscere quadri, righi e codici ma viene guidato fino all’invio della dichiarazione.

Nella sezione “casa” si potranno quindi trovare i dati relativi all’abitazione (rendita, eventuali contratti di locazione, interessi sul mutuo ecc.), in quella “spese sostenute” gli oneri, e nella sezione “famiglia” le informazioni su coniuge e figli. Una volta accettato o modificato i dati, sarà il sistema ad inserire automaticamente i dati all’interno del modello. Per inviare la dichiarazione ci sarà tempo fino al 30 settembre 2025.

Per chi invece presenta il modello Redditi (il modello alternativo per lavoratori dipendenti e pensionati con la differenza che il debito non viene trattenuto in busta paga, ma va pagato tramite il modello F24) la scadenza è il 31 ottobre. Nelle dichiarazioni precompilate sono già precaricati i 1.298.784.152 dati ricevuti dal Fisco. Le spese sanitarie si confermano in testa alla classifica con oltre 1 miliardo di documenti fiscali trasmessi. Seguono i premi assicurativi (più di 98 milioni di dati), le certificazioni uniche di dipendenti e autonomi (quasi 75 milioni) e i bonifici per ristrutturazioni (10,5 milioni).

In forte aumento rispetto al 2024 i dati sulle ristrutturazioni condominiali (quasi 7,5 milioni, +32%), quelli sulle erogazioni liberali (2,8 milioni, +13%) e quelli relativi alle spese scolastiche (8,5 milioni), universitarie (4 milioni) e gli asili nido (oltre mezzo milione). Per rendere ancora più agevole l’adempimento dichiarativo quest’anno sono state riviste e migliorate alcune funzionalità: ad esempio, la scelta del sostituto d’imposta e il passaggio dalla compilazione con la modalità semplificata a quella con il metodo ordinario.

Inoltre sono stati introdotti due nuovi quadri (M e T) che consentono alle persone fisiche non titolari di partita Iva di utilizzare la dichiarazione semplificata anche in relazione ai redditi soggetti a tassazione separata, a imposta sostitutiva o derivati da plusvalenze di natura finanziaria. Novità anche per gli eredi: da quest’anno il servizio web per la gestione delle autorizzazioni in capo all’erede è stato reso fruibile anche a tutori, amministratori di sostegno e genitori abilitati.

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Economia

Mediobanca lancia offerta su Banca Generali: nasce un colosso del Wealth Management

Mediobanca offre la propria partecipazione in Generali per acquisire Banca Generali e rafforzarsi nel Wealth Management con 210 miliardi di attivi in gestione.

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Mediobanca ha ufficialmente lanciato un’offerta pubblica di scambio sul 100% di Banca Generali, proponendo al Leone di Trieste la propria partecipazione azionaria in cambio della controllata specializzata nel settore del risparmio gestito. L’operazione, annunciata attraverso una nota ufficiale, comporta per Mediobanca la cessione della sua quota in Generali e un simultaneo investimento in Banca Generali per un valore complessivo di 6,3 miliardi di euro.

Evoluzione del rapporto tra Mediobanca e Generali

Secondo quanto precisato da Piazzetta Cuccia, questa mossa rappresenta un cambiamento strategico nei rapporti tra Mediobanca e Generali: da un semplice legame finanziario si passa a una “forte partnership industriale”, segnando una nuova fase di collaborazione tra i due gruppi.

Obiettivo: la leadership nel Wealth Management

L’operazione permetterà a Mediobanca di rafforzare notevolmente la propria presenza nel settore del Wealth Management. Una volta completata l’aggregazione, il gruppo potrà contare su attivi in gestione pari a 210 miliardi di euro, ricavi per circa 2 miliardi e una capacità di crescita stimata in oltre 15 miliardi annui. Un passo decisivo che conferma la volontà di Mediobanca di posizionarsi come leader di mercato in un settore strategico e in forte espansione.

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Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

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In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

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