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Morisi, ecco le chat di un sito web gay in cui contrattava droga e sesso a pagamento con ragazzi escort

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Ci sono i reati e c’è l’etica. Sui reati decidono i giudici, sull’etica possiamo anche disquisire noi umani usando le nostre categorie morali. L’inchiesta che coinvolge Luca Morisi, fino a ieri capo della Bestia Propagandistica di Matteo Salvini e della Lega, va inquadrata in queste due sfaccettature: reati ed etica. L’inchiesta e i reati vanno raccontati così come si svolgono, senza commenti, citando atti e fatti che avrebbe come protagonista Luca Morisi. Su questi giornale spesso ci siamo occupati in passato di Morisi e del suo apparato propagandistico, sulla cui eticità abbiamo avuto sempre molti dubbi e l’abbiamo detto. Ma ora vediamo come è caduto nella polvere Morisi. C’è una chat.
“Cerco qualcuno con cui divertirsi…bere, sballarsi. Ma quando sareste liberi? Perché io sono già in onda”. Dagli atti dell’inchiesta non coperti da segreto istruttorio, compare questa chat di cui il Corriere della Sera è in possesso e ne pubblica i contenuti. Erano le 3.13 del 14 agosto. Luca Morisi, allora responsabile della comunicazione social di Matteo Salvini, scrive un messaggio nella chat del sito di incontri gay, Grinderboy. Morisi interloquisce con un ragazzo rumeno che si fa chiamare Alexander e propone di estendere l’invito a un amico, un ventenne che fa l’escort sotto il nome di Nicolas e si chiama Petre, anche lui rumeno. Morisi che ha le sue rispettabilissime preferenze sessuali (da capo propaganda della Lega ne aveva altre) , parla con questo Alexander e si accordano sulle prestazioni e sul prezzo. E parlerebbe anche di droga. La chiamano “divertimento”, così la chiama Morisi. Per gli inquirenti il “divertimento” è la droga. Quei messaggi – finiti nelle mani di alcuni amici di Alexander – consentono di ricostruire alcuni dei passaggi fondamentali che la Procura di Verona sta cercando di accertare. Dalle chat si evince chiaramente che la droga dello stupro (quella sequestrata dai carabinieri ai due rumeni) non è di Morisi, come lui stesso giura dall’inizio. È Alexander che la propone e spiega di volerla portare.
A dire il vero quella droga o presunta tale è in analisi e saranno i laboratori dell’Arma a dirci se è “ghb” ovvero droga dello stupro. Alexandre dice della droga quando non sa ancora se il suo cliente accetterà o no la presenza dell’amico Petre, quindi fra i due escort è lui ad averne la disponibilità. La ricostruzione degli orari dimostra che per l’incontro a base di sesso a pagamento e droga i due ragazzi sono arrivati a casa di Morisi, a Belfiore, che era ormai l’alba. Quindi non era uno di loro l’uomo che la sera prima una vicina aveva visto entrare verso le 22 a casa di Morisi. Era il pusher della cocaina? Alle tre del mattino Morisi scrive ad Alexander: “Ciao, ti ho visto sul sito, sto cercando per nottata insieme sex & fun, stanotte o domattina. Ospito e ho anche divertimento. Vorrei stare varie ore. Se sei libero ne parliamo. Scusa orario”. La risposta arriva subito: “Certo. Quanti anni hai? Dove ti trovi?”. Morisi mente sull’età: “Ho 35 anni”, e scrive con quale nome si fa chiamare lui su un altro sito di incontri. “Ok, io attivo dominante. Ho pure amico se vuoi, tutta la notte”, propone Alexander anche se, fra gli accordi e il viaggio, della notte rimarrà ben poco. Segue un breve scambio di messaggi sull’opportunità o meno di un terzo uomo e alla fine Morisi accetta. “Fai metà di bonifico ora e metà dopo, quando stiamo lì” chiede Alexander. Poi dà le coordinate per il bonifico bancario, chiede un anticipo per le spese e vuole che i soldi siano disponibili subito. “Basta che siete seri e non mi prendete in giro” si preoccupa Morisi. “Noi seri, certo. Facciamo bene il nostro lavoro, mica è la prima volta che ci mandano un anticipo per spostarci”, è la risposta. “Ok, per me è la prima volta – precisa il social media manager -. Importante è che state qua un bel po’”. Risposta: “Sì sì, facciamo con calma”. La conversazione entra nei dettagli. Alexander si spinge oltre l’argomento sesso. “Poi ti portiamo anche G. Vedrai ti piacerà molto, ti assicuro”, dice. Per i carabinieir “G” è Ghb, la “droga dello stupro” che sarà sequestrata nello zaino di Petre. Su questo le versioni dei due ragazzi divergono: Alexander dirà di averla avuta da Morisi, Petre giura di non sapere chi l’abbia messa nello zaino. Evidentemente Morisi capisce al volo che G sta per Ghb. E risponde: “Conosco, non lo faccio da un sacco”.
E comunque è contento che la portino: “Perfetto” scrive Morisi. “Tutto quello che volete. Io anche fornito”», scrive. “Tu cosa usi?” lo incalza Alexander. “Oggi c”, risponde Morisi. Dove “c” sta per cocaina, sostanza che  i carabinieri hanno poi trovato a casa di Morisi. Due grammi. Poca, per uso personale. E’ costata una segnalazione alla prefettura per Morisi. Morisi effettua il pagamento bancario i due si riscrivono. “Oh… mi hai fatto solo 500! Ho detto 2.000 totale”, si lamenta Alexander. “Non mi hai detto 500?”, risponde Morisi. “No, 500 per le spese di viaggio, 1.500 per noi. Almeno 1.000 euro…”. Morisi: “Dai fatemi sconto, non sono un vecchio di m…”. Ma l’altro non cede: “Devi mandare. Già te l’ho fatto, caro. Sono le 4 del mattino. Dopo mandami anche la posizione con via e numero che partiamo subito. Intanto fai il bonifico”. Sono le 4.37 quando Alexander annuncia al suo interlocutore sconosciuto che lui e l’amico stanno partendo: “Stiamo per uscire”. Morisi conferma che li sta aspettando: “Dovreste arrivare a Belfiore per le 6.40”. Dello scambio di messaggi fra Alexander e Morisi non vuole parlare nessuno dei tre protagonisti di quell’incontro. Ma non vuole farlo nemmeno l’avvocato di Morisi, Fabio Pinelli, o l’avvocata di Petre, Veronica Dal Bosco, che confidano su quella chat per scagionare i propri assistiti. Entrambi sono infatti indagati per la cessione della Ghb, ma se si dimostrerà che non sono stati loro a procurarla a finire indagato potrebbe essere proprio Alexander. Ulteriore passo di un’inchiesta dove sono ancora numerose le circostanze da verificare. A confermarlo è la procuratrice di Verona, Angela Barbaglio: “Nulla è escluso finché non avremo finito”. Questa la chat che racconta la storia di Luca Morisi a notte fonda che cerca sesso a pagamento con uno o due escort rumeni. Poi c’è la cocaina. C’è la droga dello stupro. E c’è la questione della cessione o meno della droga. A valutare le chat e a decidere se sono stati commessi reati saranno gli inquirenti, non i giornalisti. Quanto a Morisi, beh, diciamo che le sue virtù pubbliche di grande social media manager erano molto ben raccontate e note rispetto ai vizi privati non sempre commendevoli che ben nascondeva.

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Carmela Quaranta, strangolata in casa la sera di Pasqua: indagato il compagno per omicidio volontario

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È stata un’amica preoccupata, che non riusciva a contattarla da ore, a dare l’allarme: Carmela Quaranta, 42 anni, operatrice sanitaria e madre di due figlie, è stata trovata senza vita sul pavimento della sua camera da letto, la sera di Pasqua, nella sua abitazione di via Trieste a Mercato San Severino, piccolo centro in provincia di Salerno.

I primi sospetti e il cambio di accusa

Inizialmente si era ipotizzato un malore o un’overdose, ipotesi che aveva portato a una prima contestazione al compagno, un uomo di 56 anni, per morte come conseguenza di altro reato. Ma un esame più attento del medico legale ha svelato segni di strangolamento sul collo della vittima, e questo ha portato alla modifica dell’imputazione: ora l’uomo è indagato per omicidio volontario, furto (il cellulare di Carmela è scomparso) e detenzione di stupefacenti (sono stati trovati alcuni grammi di droga in casa).

Le indagini e i sospetti

L’inchiesta è coordinata dalla Procura di Nocera Inferiore. I carabinieri del Ris stanno passando al setaccio l’abitazione, palmo a palmo, per raccogliere tracce, impronte, elementi biologici e ogni dettaglio utile a chiarire cosa sia accaduto nelle ultime ore di vita di Carmela. Una seconda ispezione tecnica dell’abitazione è prevista per domani.

Il cerchio degli investigatori si è stretto attorno alle persone più vicine alla donna: l’ex marito e il compagno, con cui aveva una relazione da circa un anno, sono stati entrambi interrogati. Le risposte fornite e le discrepanze negli alibihanno portato gli inquirenti ad approfondire in particolare la posizione del 56enne.

Il profilo della vittima

Carmela viene descritta da amici e conoscenti come una donna solare, legatissima alle sue figlie, piena di energia e voglia di vivere. Lavorava in più ambiti, collaborava con un’azienda del settore nutrizionale, la stessa in cui operava anche il compagno indagato.

All’inizio la relazione sembrava felice: nel giugno 2024 Carmela aveva pubblicato una foto con lui sui social. Ma col passare dei mesi, i rapporti si erano incrinati. In particolare, un post pubblicato da lui a febbraio — una frase volgare accompagnata da un teschio e tibie incrociate — oggi assume una luce inquietante.

La ricerca della verità

Carmela si era trasferita da poco a Mercato San Severino, dopo aver vissuto a lungo a Nocera Inferiore. Domani, nella sua casa, torneranno ancora una volta i carabinieri del Ris di Roma. Gli investigatori lavorano per ricostruire le ultime ore di Carmela, cercando riscontri oggettivi che possano dare una svolta al caso. Il mistero della mamma trovata senza vita nel giorno di Pasqua attende ancora risposte.

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Misterbianco, madre lancia la figlia dal terrazzo: arrestata per omicidio aggravato

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Una tragedia sconvolgente ha colpito la comunità di Misterbianco, nell’hinterland di Catania. Anna (nome di fantasia), 40 anni, ha lanciato nel vuoto la figlia di appena sette mesi, Maria Rosa, dal terzo piano della palazzina in cui viveva con la famiglia. La bimba è morta sul colpo, sotto gli occhi disperati del padre, che ha tentato il suicidio subito dopo aver visto la scena.

Una madre fragile, ma mai violenta

Secondo i familiari, Anna era affetta da una profonda depressione post-parto. Dopo la nascita di Maria Rosa, non era mai riuscita ad accettarla, a differenza del primogenito di 7 anni, verso cui nutriva un legame totalizzante. Eppure, nonostante l’evidente disagio psicologico, non era mai stata violenta con la piccola.

Una tragedia inaspettata

Al momento del gesto, in casa erano presenti il marito, la suocera e il figlio maggiore. Nessuno, raccontano, si aspettava una simile esplosione di follia. «A volte era nervosa, ma mai avremmo immaginato che potesse fare una cosa simile», ha dichiarato una cugina. Anche il sindaco di Misterbianco, Marco Corsaro, ha espresso sgomento: «Siamo senza parole. Il compagno è una persona perbene, le è sempre stato accanto».

Il tentativo di suicidio del padre e l’arresto della donna

Dopo aver assistito alla caduta della figlia, l’uomo si è lanciato dalla stessa terrazza nel tentativo di togliersi la vita. Trasportato in ospedale in stato di choc, è ora ricoverato ma fuori pericolo. La donna è stata arrestata dai carabinieridella Tenenza di Misterbianco con l’accusa di omicidio aggravato.

Le fragilità psichiche e il vuoto della prevenzione

Anna era sotto amministrazione di sostegno, decisione presa dal Tribunale di Catania, ed era seguita dai servizi di salute mentale dell’Asp etnea. In passato era stata sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio. Tre mesi fa aveva partecipato a un’udienza davanti al giudice, accompagnata da un legale amico di famiglia. Aveva risposto “in modo impeccabile”, riuscendo a nascondere lo stato di alterazione, tanto che nessun provvedimento fu adottato.

Il padre della donna, un medico molto noto che vive fuori dalla Sicilia, era stato nominato come amministratore di sostegno. Tuttavia, nessuno tra i familiari aveva percepito segnali chiari del crollo psichico in corso. Per precauzione, la suocera si era trasferita in casa per stare vicino alla nuora e ai nipotini.

Una comunità sotto choc

La morte della piccola Maria Rosa ha lasciato sgomenta un’intera comunità. Le indagini proseguono per ricostruire ogni dettaglio e chiarire le responsabilità della rete di supporto. In attesa dell’esito degli esami e delle valutazioni psichiatriche, resta il dolore immenso per una vita spezzata e il peso di domande a cui, forse, sarà difficile dare risposte.

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Oppido Mamertina, denuncia gli stupri subiti da minorenne: la zia la frusta per mesi. Arrestata

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Ha trovato il coraggio di denunciare le violenze sessuali di gruppo subite quando era ancora minorenne, indicando i suoi aggressori: giovani legati alle cosche di Seminara, in provincia di Reggio Calabria. Ma la scelta di rompere il silenzio ha scatenato contro di lei la rabbia della sua stessa famiglia.

Una giovane di Oppido Mamertina, oggi maggiorenne, è stata punita con frustate per mesi dalla zia 78enne, ora agli arresti domiciliari su disposizione del gip del Tribunale di Palmi. La donna l’ha segregata in una stanza, tappandole la bocca con un foulard per impedirle di urlare, e l’ha colpita con una corda, come forma di “punizione” per aver denunciato.

La denuncia “inimica” la ’ndrangheta

Dalle intercettazioni ambientali emerge che la zia avrebbe voluto punirla perché la sua testimonianza aveva compromesso i rapporti con le famiglie di ’ndrangheta del territorio. La Procura aveva chiesto anche l’arresto del cugino 47enne, figlio dell’anziana, ma il giudice ha disposto solo il divieto di avvicinamento.

Sei condanne e un nuovo processo

La ragazza è una delle due minorenni abusate dal branco. A marzo scorso, sei dei responsabili sono stati condannati a pene comprese tra 5 e 13 anni. Un secondo processo per altri imputati, all’epoca minorenni, inizierà il 15 maggio davanti al Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria.

I tentativi di zittirla: psichiatra compiacente e istigazione al suicidio

Dopo la denuncia, la famiglia ha fatto di tutto per farla ritrattare. Avevano persino fissato un incontro con uno psichiatra per farla dichiarare incapace. Due suoi fratelli, oggi in carcere, l’avevano addirittura spinta, insieme alla madre che la difendeva, a buttarsi dalla finestra per “lavare la vergogna” inflitta alla famiglia.

La verità emersa dalle intercettazioni

Le indagini sono partite per caso, grazie a intercettazioni telefoniche legate ad altri reati commessi dagli stessi aggressori. La prima vittima identificata aveva denunciato, dando forza e ispirazione anche alla seconda ragazza, che oggi lotta non solo contro i suoi aggressori, ma anche contro chi avrebbe dovuto proteggerla.

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