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Lotito da Chiambretti: non vendo sogni, e i romanisti mi amano

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Ospite sul battello di Piero Chiambretti in ‘Fin che la barca va su Rai 3’, il presidente della Lazio, Claudio Lotito, ha parlato del suo rapporto con i tifosi della Roma: “Io faccio i fatti e non le parole – le sue parole -, io non vendo sogni, ma solide realtà. I romanisti mi amano perché vorrebbero avere un presidente più presente”. “I tifosi della Roma vorrebbero un presidente presente con cui sfogare le frustrazioni – ha spiegato Lotito -. Io ho il coraggio di assumermi le mie responsabilità, anche con la piazza contraria. Quest’estate contestavano la squadra, Baroni, ho avuto diecimila persone contro, ma si sono dovuti ricredere davanti ai fatti”. Però la Lazio ha appena preso una ‘manita’ dal Bologna, e a questo proposito, viene chiesto a Lotito, che è anche senatore di Forza Italia, fanno più male i 5 gol subìti o i 5 Stelle? ” Quello che conta è arrivare al traguardo, deve essere di monito per far capire agli addetti ai lavori gli obiettivi – la risposta di Lotito -. Elezioni o campionato? Sono due mondi diversi, nel calcio ci sono fattori diversi. Dipende dalla capacità di dimostrare attraverso il voto che sei la persona giusta”. “Quanto alla sconfitta con il Bologna – ha aggiunto -, penso che l’importante è rialzarsi, può capitare di cadere ma la volontà di rialzarsi è fondamentale. Sono convinto che ci siano le condizioni per poter fare bene”.

Dopo aver detto che preferisce essere chiamato “Claudio Lotito a Presidente o Senatore”, il presidente della Lazio ha risposto anche alla domanda sul perché debba ancora girare con la scorta. “Più che i miei nemici direi, chi sono i miei amici? Ci sono stati fatti gravi che hanno minato l’incolumità mia e della mia famiglia – le sue parole -. Nemici? Sono pseudo tifosi, tifoso significa appassionato, che non scade in comportamenti che nulla hanno a che fare con il calcio e il rispetto delle regole. Qualcuno di questi è morto, altri sono stati arrestati, avevano un comportamento non all’insegna dei valori del calcio”.

Parlando con Piero Chiambretti nella sua apparizione a ‘Fin che la barca va’ su Rai 3, Claudio Lotito ha voluto smentire chi dice che in passato sia stato tifoso della Roma. “Non fate confusione, sfatiamo il mito – le sue parole -. Sono tifoso della Lazio da quando avevo 5 anni e mezzo. Poi mi sono trovato in più occasioni a vedere anche la Roma allo stadio perché mio suocero (Pietro Mezzaroma ndr) era nella Roma insieme a Sensi. E lui da tifosissimo della Roma è diventato laziale”. Ma perché, gli è stato chiesto, il calcio è così indebitato? “Chiedete a chi li produce, questi debiti – la risposta -: io produco risorse e ho abbinato risultati sportivi a quelli economici, sono il più vincente dopo la Juve nei miei anni. Il calcio può produrre, ma bisogna trasformare le risorse liberate in fatti. E adesso spero di realizzare lo stadio Flaminio”.

Perché Lotito non partecipa mai ai talk show politici? “Non amo apparire, anche nel calcio faccio pochissime interviste. All’inizio dovevo far capire chi fossi, oggi parlano i fatti per me. La differenza tra fenomeno e noumeno: chi ha sostanza non ha bisogno di apparire”. Una domanda al Lotito politico: preferirebbe l’esercito europeo o la Lazio in una finale europea? “Io interpreto in una certa maniera l’esercito europeo: ogni stato dovrebbe dotarsene di uno per la propria difesa e metterlo a disposizione dell’Europa”. Una battuta sulle polemiche per Totti in Russia. “In Russia non credo ci siano certe criticità. Io vado dove credo”. Lotito è cattolico praticante: crede nel Diavolo? “Se la Chiesa nomina gli esorcisti, significa che esiste il Diavolo. Sono cattolico praticante, ho 67 anni e non ho mai saltato una Messa”.

E se scoprisse che Dio è romanista? “Dio sarà di tutte le squadre. Anche della Juve? Anche della Juve… Contano i comportamenti sulla terra”. Come commenta le foto in cui sembra addormentato in Senato? “Quando uno parla, consuma energia. Io cerco di concentrarmi, quando ascolto – ha spiegato Lotito -. Sembra che io dorma, apparentemente, ma in realtà io penso. Infatti rimangono tutti allibiti quando vedono che so le cose di cui stavano parlando. Io con questo, alle 2 di notte, ci ho vinto tante trattative…”. Quindi qual è il suo segreto? “Voglio essere ricordato come una persona che ha lavorato nell’interesse esclusivo della collettività e che sarà ricordata per il bene che ha fatto. Segreti? Non ne ho, assolutamente. Non devo nascondere nulla e la mia forza è questa. Quando sei cosciente dei tuoi mezzi e delle tue capacità, sai anche dove spingerti”. Inevitabile la domanda su come sia finita con il falconiere Juan Bernabè. “Sta ancora a Formello, l’aquila invece purtroppo non c’è e non so dove l’abbia portata – la rivelazione di Lotito -. Lui sta occupando abusivamente e senza titolo una stanza, e abbiamo fatto le procedure per potersi riappropriare della proprietà, in termini giudiziari. Dopo quello che ha fatto… Su questo direi che sono stato apprezzato, non c’è giustificazione. Io credo nel calcio didascalico e moralizzatore e mandavo lui nelle scuole con l’aquila e poi mi fa quegli atti in luogo pubblico”.

 

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L’Udinese rallenta la corsa Champions del Bologna

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La corsa Champions del Bologna rallenta a Udine, dove i padroni di casa muovono di nuovo la classifica grazie a uno 0-0 dopo cinque sconfitte consecutive. Per la truppa di Vincenzo Italiano una gara sottotono, imbrigliati da Runjaic, che ha soffocato tutte le fonti di gioco dei felsinei. Resta il rammarico per gli ospiti per la palla gol sciupata allo scadere da Orsolini, che una settimana dopo il gol-vittoria all’Inter non si ripete e getta alle ortiche due punti con una zuccata a lato a un metro dalla porta. L’allenatore tedesco dei friulani è ancora orfano del bomber Lucca e di capitan Thauvin e con loro di gran parte dei gol e degli assist della squadra in stagione.

Li rimpiazza con Davis come centroboa e con Ekkelenkamp a ruotargli attorno. Niccolini – Italiano è in tribuna, squalificato – deve rinunciare all’infortunato Ndoye e sceglie Dominguez nel trio di assaltatori alle spalle di Dallinga. Pronti, via e proprio Davis al 2′ spacca la traversa con una conclusione di sinistro dal limite che Skorupski può solo guardare. L’Udinese è più intraprendente e al 23′ Payero recupera palla e si invola: la sua conclusione è deviata in angolo dal portiere ma sulla sinistra c’era Kamara liberissimo, ignorato. Bisogna attendere il 32′ per la prima chance rossoblù: Miranda vede l’inserimento di Dallinga alle spalle della difesa, ma Okoye è tempestivo, in uscita bassa, e sventa il pericolo: sul rimpallo Freuler non ci arriva di testa. L’Udinese perde Ekkelenkamp per infortunio: dentro Modesto in un ruolo per lui inedito ed ennesima bocciatura per Pafundi e Sanchez, che non vengono scelti nemmeno con la moria di compagni di reparto.

La frazione si chiude allo stesso modo di com’era iniziata: al 45′ serpentina di Davis e sinistro velenoso che finisce a fil di palo solo per una provvidenziale deviazione di Beukema. Italiano – via smartphone – lascia negli spogliatoi uno spento Aebischer per proporre la fisicità di Pobega. L’Udinese ci prova al 7′ su punizione dal limite conquistata da Payero per fallo di Beukema, che rimedia il primo giallo della stagione nonostante le ben 32 presenze e il ruolo strategico al centro della difesa. Il tiro a giro dell’argentino fa venire i brividi a Skorupski, ma si spegne di poco sul fondo. Il Bologna non punge e allora c’è spazio per gli incursori Fabbian e Cambiaghi per Dominguez e Odgaard.

Al 22′ gli ospiti pareggiano il conto dei legni: è Orsolini a disegnare una parabola favolosa con una punizione dal limite. Okoye può solo sperare. E la sorte lo aiuta. Uno stremato Davis lascia il posto a Iker Bravo, mentre Niccolini prova anche la carta Castro per Dallinga. Al 44′ è ancora Orsolini ad avere il match point: stavolta, come detto, il bomber del Bologna si divora un gol fatto, spedendo incredibilmente a lato il colpo di testa in tuffo dopo la spizzata di Castro. Nell’ ultimo minuto di recupero, una punizione di Lovric – entrato da poco per Payero – costringe Skorupski a una respinta bassa, su cui non arriva alcun attaccante bianconero per la ribattuta. Resta un pareggio a reti bianche che lascia l’amaro in bocca per i mille rossoblù accorsi a Udine.

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Pavoletti-Deiola, colpo salvezza del Cagliari a Verona

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Alla sua prima da titolare Leonardo Pavoletti regala tre punti d’oro al Cagliari che batte il Verona e lo supera in classifica. Un successo di straordinario valore per gli uomini di Nicola, bravi a colpire in una delle pochissime emozioni di tutta la gara e, soprattutto, molti attenti e concentrati nel non offrire nulla al Verona sotto il profilo offensivo. Troppo sterile l’Hellas che una volta in inferiorità numerica in pieno recupero subisce in contropiede il raddoppio con Deiola. Un passo in avanti decisivo per i sardi sulla strada salvezza. Senza Piccoli e con Pavoletti in campo, il disegno tattico del Cagliari è evidente. Chiudersi davanti a Caprile e ripartire con gli uomini di gamba come Luvumbo e Zortea. Verona che cerca di rimanere corto il più possibile proprio per evitare le ripartenze dei sardi.

Gara quindi di un ritmo non altissimo, con grandi duelli fisici ed intensi. La prima palla gol arriva, tuttavia, ben dopo il quarto d’ora di gioco. Luvumbo si getta nello spazio e ha sul destro il pallone buono, attento Montipò a respingere con i piedi. Il Verona non gioca male quando può fraseggiare palla a terra ma fatica a trovare gli spazi per innescare le punte Sarr e Mosquera. Senza considerare la perdita prima della mezz’ora di un elemento di fantasia come Suslov sostituito da Bernede. Ma il Cagliari guadagna campo e trova la rete del vantaggio. Sul traversone di Luvumbo doppio liscio di Coppola e Ghilardi, alle loro spalle Pavoletti, in agguato, stoppa e batte Montipò.

La squadra di casa accusa il colpo, la partita si incattivisce e si arrichisce di falli, il finale di tempo è tutto di marca gialloblù ma a parte una punizione di Duda per Caprile qualche uscita in presa alta e nulla di più. E in avvio di ripresa il Verona non riesce a dare pulizia al proprio gioco. Troppi errori tecnici, attaccanti isolati. Zanetti intuisce le difficoltà della squadra e prova a cambiare qualche fattore, fuori Bradaric e un evanescente Mosquera, dentro Lazovic e il giovane Lambourde. Ma il Verona gioca con troppa fretta, sbaglia troppi passaggi e Caprile resta del tutto inoperoso.

Il tecnico dell’Hellas le prova tutte, ridisegna la squadra passando alla difesa a quattro e spingendo sull’assetto offensivo con tre attaccanti, Sarrnal centro, Lambourde e Livramento sugli esterni. Ma il Cagliari difende sempre, solido, attento, ordinato. Nicola cambia l’attacco sardo. Fuori in rapida successione Pavoletti, Marin e Luvumbo, dentro le forze fresche di Mutandwa, Deiola e Gaetano. Hellas che nel finale gioca anche in inferiorità numerica. Scomposta l’entrata di Ghilardi su Gaetano, giusto il rosso diretto al difensore gialloblù. E in pieno recupero Gaetano serve sottoporta Deiola per il più facile dei raddoppi.

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Calcio: si ritira Sara Gama, esempio anche nel sociale

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Campionessa in campo e fuori al punto da meritarsi l’appellativo di “leggenda”, come l’ha definita la Juventus. Sara Gama ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo, la calciatrice ha detto basta a 36 anni. Triestina come la mamma, ma con il sangue congolese di papà, ha annunciato il ritiro attraverso un lungo videomessaggio: “Oggi quel pallone lo calcio e lo lascio andare. Con orgoglio, con gratitudine, con il cuore pieno: è il mio addio al calcio giocato. L’amore per questo sport e per le sue persone resta con me per sempre” la frase per salutare tutti dopo due minuti di ricordi e di emozioni. Ha provato a racchiuderli in una clip da 120 secondi, ma la sua carriera meriterebbe ben più spazio: è iniziato tutto da Trieste alla Polisportiva San Marco, poi è stata una parabola crescente tra Tavagnacco, Chiasiellis, Pali Blues fino ad arrivare a Brescia e Paris Saint Germain. Nel 2017 ecco la chiamata della Juve. “Un club che ha fatto diventare realtà anche i sogni che non sapevamo di avere” l’ha descritta Gama, ma nel frattempo aveva già vinto uno scudetto, due Supercoppe Italiane e una Coppa Italia, oltre a un Europeo Under 19 con l’Italia.

Già, perché tra azzurro e bianconero, Gama sale davvero alla ribalta del calcio femminile e non solo. Oltre agli indiscutibili valori tecnici, la calciatrice ne ha anche umani, tanto da spendersi in prima persona per alcune grandi battaglie: ha mandato messaggi forti contro il razzismo, si è battuta per le tutele sociali e previdenziali del calcio femminile, è stata eletta vicepresidente dell’Aic nel 2020 e nel 2021 è entrata nella Commissione Nazionale Atleti del Coni. Così, il colosso di giocattoli Mattel l’ha addirittura inserita tra le 17 personalità femminili in occasione della “Giornata internazionale della donna” nel 2018, creando pure una bambola Barbie a lei dedicata. Sui social Gama ha ricevuto applausi e complimenti nel giorno del ritiro, poi c’è una lunga lettera della Juve: “Grazie per quello che ci hai insegnato e per tutto quello che hai fatto indossando la nostra maglia, la tua maglia. Sarebbe stato impossibile desiderare di meglio” l’omaggio dei bianconeri dopo 153 presenze e 12 trofei in otto anni insieme.

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