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Spettacoli

Linguaggio sessista, Guardì crocifisso dai fuorionda delle Iene: e la Rai apre una indagine interna

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“Patriarcato, misoginia e omofobia in tv”: questo il titolo del servizio proposto ieri sera dalle Iene, su Italia 1, che hanno trasmesso alcuni fuorionda di Michele Guardì, storico autore Rai e regista de I Fatti Vostri, con insulti omofobi e sessisti rivolti a persone presenti in studio, compreso l’ex conduttore Giancarlo Magalli. “Sono cose vecchie, è pretestuoso”, ha replicato lo stesso Guardì intervistato da Filippo Roma.

“In 5.600 puntate si possono dire cose inopportune nella certezza di non essere ascoltati e me ne scuso”. I fuorionda risalgono al 2009: la Rai sta valutando se ci sono novità rispetto a vicende relative a tredici-quattordici anni fa. Le Iene hanno mostrato anche l’autista di Guardì, sostenendo che si tratterebbe di un collaboratore del programma pagato dalla Rai, circostanza negata ancora dal regista. Oggi le scuse e ulteriori precisazioni di Guardì, in una lettera a Dagospia.

“Quanto ha fatto emergere il programma Le Iene, nella trasmissione di martedì scorso, a proposito di un mio collaboratore impropriamente definito autista devo precisare che si tratta di un assistente che lavora con me con regolare contratto dal 2010 anno in cui ho messo in scena il musical sui Promessi Sposi.

Successivamente, dato il rapporto di fiducia, gli ho chiesto di collaborare con me anche alla realizzazione di rubriche tv, che seguivo io personalmente per il programma I Fatti Vostri. Si è reso perciò necessario anche un altro contratto di consulente e non di dipendente proprio per I Fatti Vostri, contratto che gli ha consentito e gli consente di lavorare dentro una redazione Rai. Si tratta dunque di due contratti distinti, uno dei quali a mio totale carico. Le attività che svolge come mio collaboratore privato sono dunque da me e solo da me personalmente retribuite con regolare contratto”.

Quanto agli epiteti e agli insulti, Guardì precisa che “si tratta di fuorionda risalenti al 2009 e cioè a quattordici anni fa. Lo stesso Giancarlo Magalli, intervistato ieri dalle Iene mentre entrava in Rai, per partecipare come settimanalmente avviene ai Fatti Vostri, ha risposto che sarebbe ancor più divertente sentire quello che le persone alle quali mi sarei riferito sono solite dire a me replicando. Inoltre a tutti coloro che si erano sentiti offesi ho già chiesto scusa a suo tempo. Cosa che torno a fare anche adesso”.

“ll linguaggio d’odio si basa su una cultura sessista, misogina e omotransfobica che non dovrebbe essere tollerata in nessun luogo. Preoccupa il fatto che venga consentito a chi ricopre ruoli di responsabilità, anche culturale e sociale, forse proprio in ragione di una posizione di potere. Preoccupa per gli effetti prevaricatori e intimidatori sulle persone nell’ambiente di lavoro, per il fatto che questi comportamenti siano stati agiti legittimando una minorazione e sessualizzazione delle donne, ma anche una stigmatizzazione delle persone omosessuali”.

Come Gay Help Line, servizio di supporto per vittime di omolesbobitransfobia, e come Arcigay Roma, “riteniamo essenziale un intervento sanzionatorio di questi comportamenti, che affermi il principio del rispetto delle identità sul posto di lavoro, perché il linguaggio d’odio non sia alla base di un escalation che troppo compromette la tutela dalle discriminazione e dalla violenza”.

“Chiedo alla Rai di prendere posizione rispetto a quanto emerso su Michele Guardì. Le sue frasi irriguardose, in qualunque momento siano state pronunciate, sono incompatibili con il servizio pubblico, e l’azienda ha il dovere di intervenire pubblicamente tanto più in un momento in cui il dibattito sul linguaggio d’odio e sul contrasto alla cultura sessista, misogina e omotransfobica attraversa in maniera così decisiva il Paese. Non ha senso avere un contratto di servizio con previsioni molto specifiche e importanti su questo fronte, se poi non si agisce di conseguenza. Mi aspetto una verifica puntuale da parte dell’azienda sul rispetto del contratto, del codice etico e di ogni altro aspetto che riguarda questa vicenda”. Così la presidente della commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia.

“Si tratta di una cosa di 14 anni fa e nessuno allora si lamentò di quello successe. Hanno riso tutti, nessuno si è ribellato. Basta vedere quello che ha detto Magalli, che ha, tra l’altro, fatto presente che sono una persona molto invidiata. In ogni modo nessuno ha denunciato e il reato di insulto comunque si prescrive in cinque anni. È chiaramente una cosa pretestuosa, fatta per darmi fastidio”. Lo afferma Michele Guardì, precisando che attende quello che la Rai gli chiederà di fare dopo l’apertura dell’audit, “con il massimo rispetto per l’azienda che mi dà lavoro da 40 anni”.

La Rai già nella giornata di ieri ha dato mandato per l’apertura di un audit interno e di tutte procedure aziendali previste sui fatti che riguardano il regista Michele Guardi. La decisione è giunta dopo la messa in onda, martedì 28 novembre su Italia 1, di un servizio contenente alcuni fuori onda del regista e sue dichiarazioni.

– Guardì, regista de ‘I Fatti Vostri’ e storico autore Rai, è finito nel mirino de Le Iene per insulti misogini e omofobi nei fuorionda. Parole offensive nei confronti di alcuni personaggi, che hanno lavorato nel programma. Anche l’insulto a Giancarlo Magalli: “Cane Magalli… cane, levatelo!”. Tutti audio registrati in regia, ma risalenti a diversi anni fa.”Queste frasi sono state estrapolate da fuori onda delle prime serate de ‘I fatti vostri’. Hanno preso queste vecchie cose per applicarlo a ciò che sta succedendo adesso, al dibattito sulle discriminazioni di genere”, ha detto Guardì in un’intervista a Libero. “Chi ha mandato in onda questi audio ha scorrettamente preso delle battutacce, delle quali mi sono scusato a suo tempo e di cui mi scuso ancora oggi, che risalgono a quattordici anni fa”, ha aggiunto.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Spettacoli

Gwyneth Paltrow è stanca della dieta, ‘ora mangio pane e pasta’

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Gwyneth Paltrow ha affermato di essere tornata a mangiare cibi che in precedenza aveva eliminato dalla sua rigidissima dieta, tra cui pane, pasta e formaggio. Lo riporta la Bbc. L’attrice premio Oscar, diventata negli anni una guru del salutismo ha seguito e promosso diversi regimi alimentari negli anni. “Ho seguito per un certo periodo una dieta macrobiotica ferrea e così sono diventata ossessionata da un’alimentazione molto, molto sana”, ha detto nell’ultima puntata del suo podcast spiegando di essersi dedicata al “benessere e al cibo” a causa del cancro alla gola che ha ucciso il padre. Poi lei e il secondo marito, Brad Falchuk, hanno iniziato a seguire la dieta paleo, basata sul principio che ci si debba nutrire “come i nostri antenati”. Di recente però, Paltrow ha ricominciato a mangiare “pane a lievitazione naturale e un po’ di formaggio e un po’ di pasta”.

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Musica

Rocco Hunt, il ragazzo di giù diventa grande: “Ho 30 anni e ancora la rabbia del Sud”

Esce l’album Ragazzo di giù: tra neomelodico, rap e introspezione, la maturità artistica di un figlio del Sud.

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A 30 anni, Rocco Hunt ha già alle spalle 15 anni di carriera, una vittoria a Sanremo, hit estive, strofe militanti e un’identità artistica sempre più nitida. Ma oggi, con il nuovo album Ragazzo di giù, in uscita venerdì, Rocco — per molti ancora affettuosamente “Rocchino” — completa un percorso che lo conferma maturo, consapevole e profondamente legato alle sue radici.

“Sono fortunato, canto chi non lo è stato”

Il brano che dà il titolo al disco è un manifesto identitario.
“Io sono il ragazzo di giù fortunato”, spiega Rocco, “quelli che canto sono stati meno fortunati, magari non hanno dovuto lasciare casa, ma hanno pagato altri prezzi”. La nostalgia per la sua terra non è solo geografica, è memoria viva di un mondo che spesso si perde tra le distanze culturali.

Tra disagio e riscatto: “A Nord si perdono i valori”

“Oggi Napoli fa figo, ma vivere al Nord è diverso”, dice. Il successo, per lui, ha un prezzo. “Contano i numeri, non i valori”, afferma, parlando anche del figlio Giovanni, 8 anni, cresciuto tra Milano e Napoli: “Ha un accento diverso, ma deve sapere da dove viene, imparare l’inglese e la cazzimma partenopea”.

Il dialetto come identità: “È mamma, papà e biberòn”

Per Rocco il dialetto non è solo stile, ma lingua del cuore:
“È la strada dove sei cresciuto, la voce dei tuoi nonni, il suono dell’anima”. E anche se ha girato l’Italia e il mondo, resta anima di Scampia, del Sud e dei suoi contrasti.

Il rap, il neomelò, e il coraggio delle parole

Ragazzo di giù è un album eterogeneo, che passa da Gigi D’Alessio a Massimo Pericolo, da Irama a Baby Gang, mischiando il rap con la melodia napoletana e l’attualità più bruciante. In Demone santo, per esempio, denuncia con rabbia il crollo del ballatoio della Vela di Scampia:
“Quelle creature sono vittime dello Stato. A che serve il tricolore sulle bare bianche, se Cristo in quelle case non ci entra?”

Sanremo, De Filippo e il mare della costiera

Nel disco anche introspezione e memoria, con brani come ‘A notte, ispirato a Eduardo De Filippo, e Domani chissà, dove Rocco rievoca lo scugnizzo che si tuffava a bomba nel mare della costiera. E non manca un pensiero al futuro:
“Vorrei un secondo figlio”, dice, ma con il timore delle malattie, dei sacrifici, della fragilità.

Il tour: dal Molise a Milano, passando per la Reggia

Il tour estivo partirà il 20 giugno da Campobasso, con gran finale l’11 settembre alla Reggia di Caserta e il 6 ottobre all’Unipol Forum di Milano.
“Senza le mie radici non sarei quello che sono”, conclude Rocco.
E quando gli chiedono se oggi è ancora “‘nu juorno buono”, risponde senza esitazioni:
“Sì. Ma è sempre più difficile non vedere le nuvole all’orizzonte”.

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