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Economia

L’inflazione rallenta, i prezzi al consumo giù: segnali positivi per il 2023

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La curva dell’inflazione ha imboccato la discesa, anche se il 2022 si è chiuso sui livelli massimi dal 1985. Dopo aver toccato il picco a ottobre e novembre (11,8%), a dicembre, secondo le stime preliminari diffuse dall’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, è aumentato su base mensile dell’11,6. Rallenta anche il dato su base mensile che passa dal +0,5% di novembre al + 0,3% di dicembre.  Anche i prezzi del cosiddetto “carrello della spesa” rallentano. Anche in questo caso è un rallentamento minimo, passando dal 12,7% al 12,6%, ma comunque ai massimi dal 1983, quando però gli stipendi venivano adeguati quasi in automatico all’inflazione. Nel dettaglio, con il dato di dicembre l’anno appena trascorso ha chiuso con un’inflazione media che si è attestata all’8,1%. Si tratta, osserva l’Istat “dell’aumento più più ampio registrato dal 1985 (quando fu del 9,2%)”.

Inoltre l’inflazione acquisita per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili fino al prossimo dicembre) è pari a un +5,1%, ben più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu pari a un +1,8%. Discordante la reazione dei sindacati. Il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra, felice per i due decimi di punto percentuale in meno dell’inflazione (solo, un decimo per il “carrello della spesa”), chiede di “bloccare gli aumenti delle tariffe, di abbassare le tasse e di rinnovare i contratti”. Di tutt’altro mood Gianna Fracassi, vicesegretaria della Cigil, che vede “la recessione alle porte” e chiede di fermare la “spirale profitti-prezzi”. L’istituto di statistica ha anche diffuso i dati sull’andamento del potere d’acquisto delle famiglie italiane nel terzo trimestre del 2022. Di fronte all’aumento dei prezzi hanno reagito riducendo i risparmi e aumentando la spesa.

“La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stimata al 7,1%, in calo di 1,9 punti rispetto al trimestre precedente” dice l’Istat. In altre parole, in media le famiglie italiane riescono a risparmiare il 7,1% di quello che guadagnano, “a livelli inferiori rispetto al periodo pre-Covid”.  A “minare” il risparmio degli italiani contribuisce anche il peso del fisco che – ricorda sempre l’Istat – aumenta la sua pressione portandola, sempre nel terzo trimestre del 2022, al 42,7%, in aumento di 1,9 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tornando all’inflazione, il dato di dicembre mantiene comunque l’ Italia ben al di sopra di Paesi come la Germania e la Francia che a dicembre hanno visto il loro indice dei prezzi scendere rispettivamente a +8,6% e a +5,9%.

A favorire il raffreddamento dei prezzi al consumo è sempre il prezzo degli energetici e del gas, che nelle ultime ore ha rivisto i 70 dollari al megawattora. Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione – spiega ancora l’Istat – è dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni energetici che, pur mantenendo una crescita molto sostenuta, passano da +67,6% di novembre a +64,7%. E per la componente non regolamentata da +69,9% a +63,3%.  Ci sono poi i prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +11,4% a +9,5%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,8% a +6,0%). Per contro, un sostegno alla dinamica dell’inflazione deriva dall’accelerazione dei prezzi degli energetici regolamentati (da +57,9% a +70,3%), di quelli dei beni alimentari lavorati (da +14,3% a +14,9%), di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +0,2% a +0,7%).

L’Istat ha anche diffuso i dati sull’indebitamento delle amministrazioni pubbliche del terzo trimestre che è risultato in miglioramento in rapporto al Pil. Nel periodo in esame, infatti, questo è stato pari al -4,7% (-6,2% nello stesso trimestre del 2021). Mentre il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo, con un’incidenza sul Pil del -0,7% (sempre in miglioramento rispetto al -2,8% nel terzo trimestre del 2021).

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Economia

Nagel incontrerà soci e istituzioni per ops su Banca Generali

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A una settimana dal cda di Mediobanca che ha approvato l’offerta pubblica di scambio su Banca Generali, nei prossimi giorni – da quanto si apprende – i vertici della banca guidati dall’amministratore delegato Alberto Nagel (foto Imagoecnomica) spiegheranno ad azionisti, istituzioni e dipendenti le ragioni industriali e i dettagli dell’operazione che recide il legame con Generali per dare vita a un polo italiano nella gestione del risparmio. Intanto Mediobanca ha pubblicato il documento informativo relativo ad operazioni di maggiore rilevanza con parte correlata.

Dal documento emerge che il comitato parti correlate, che si è riunito domenica scorsa prima del cda che ha approvato l’offerta, ha espresso parere favorevole sull’interesse della banca al compimento dell’operazione, nonché sulla relativa convenienza e correttezza sostanziale delle relative condizioni. Il sì del comitato composto da quattro consiglieri, è arrivato con l’astensione del presidente Sandro Panizza, che è stato eletto nel board nella lista di Delfin – azionista di Mediobanca con il 19,8% – , votata anche dal gruppo Caltagirone (7,3%).

“Panizza, pur comprendendo le ragioni industriali alla base dell’operazione, ha ritenuto di astenersi in considerazione del ridotto tempo disponibile per l’analisi di un’operazione così trasformativa per la banca, avuto riguardo a talune ipotesi industriali del management poste a base della valutazione e taluni assunti valutativi dell’advisor finanziario”. Così il documento di Mediobanca spiega l’astensione del presidente del comitato parti correlate sull’ops su Banca Generali.

Nel documento sono soprattutto esposti i benefici che, verosimilmente, i vertici della banca spiegheranno negli incontri delle prossime settimane a tutti gli stakeholder. In particolare, “Mediobanca ritiene che l’integrazione con l’Emittente, che darebbe vita ad un leader nel Wealth Management in Italia, sia nell’interesse di tutti gli stakeholders e del sistema finanziario italiano nel suo complesso: – gli azionisti di Banca Generali beneficerebbero di una rilevante possibilità di valorizzazione del proprio investimento, atteso che Mediobanca riconoscerà un corrispettivo superiore al massimo storico delle quotazioni di borsa di Banca Generali con un premio”; “gli azionisti di Mediobanca beneficerebbero di un significativo potenziale di creazione di valore derivante da sinergie di costo, di ricavo e di funding, unitamente ad una migliore diversificazione del rischio e del quality of earnings, oltre che a una maggiore generazione di capitale e conseguente capacità di distribuire dividendi; – i clienti di Banca Generali beneficerebbero del posizionamento distintivo di Mediobanca nel Private & Investment Banking” mentre “i clienti del gruppo Mediobanca beneficerebbero a loro volta della maggiore scala operativa del gruppo integrato, nonché della combinazione delle curve di esperienza e best practices; – i dipendenti dei gruppi di Banca Generali e di Mediobanca beneficerebbero della significativa combinazione di due realtà bancarie costruite secondo gli stessi fondamenti di cultura manageriale”; “i consulenti finanziari entrerebbero a fare parte di un campione nazionale con una posizione di leadership in molti ambiti di operatività, con un brand unico”.

Infine “il sistema finanziario italiano potrebbe contare su un operatore finanziario di alto profilo, leader in segmenti strategici dei servizi finanziari, con un progetto industriale distintivo, prospettive di crescita significative e creazione di valore per tutti gli stakeholders, con beneficio sia per il Gruppo Assicurazioni Generali, che fruirebbe di un partner bancario con accresciuta capacità distributiva e potenziale di crescita, sia per tutti gli azionisti di Banca Generali che riceveranno azioni Assicurazioni Generali qualora aderissero all’Offerta”.

Se Alberto Nagel riuscirà a convincere gli stakeholder e in particolare gli azionisti, chiamati a esprimersi nell’assemblea del 16 giugno, Mediobanca stima che “l’aggregazione tra Emittente e Offerente potrà consentire la piena valorizzazione delle potenzialità di entrambi, con un’elevata capacità di creazione di valore a beneficio degli azionisti, dei clienti, dei dipendenti e di tutti gli stakeholders. In particolare come è stato già indicato quando lunedì è stata comunicato l’ops, “facendo leva sulla maggiore massa critica del gruppo nel medesimo ambito di operatività, si generano significative economie di scala ed una migliorata efficienza operativa, con sinergie di costo lorde stimate a regime per circa 150 milioni”.

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Economia

Trump: non rimuoverò Powell prima della scadenza

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Donald Trump ha dichiarato in un’intervista a Nbc che non rimuoverà Jerome Powell (foto in evidenza Imagoeconomica) dalla carica di presidente della Fed prima della scadenza del suo mandato, prevista per maggio 2026, definendo il banchiere centrale una persona “completamente rigida” e ripetendo gli appelli alla Fed ad abbassare i tassi di interesse.

rump ha affermato che Powell non è un suo fan, ma si aspetta che la Fed abbassi i tassi di interesse a un certo punto. “Beh, dovrebbe abbassarli. E a un certo punto lo farà. Preferirebbe di no perché non è un mio fan”, ha detto, sostenendo di non piacere a Powell perché lo ritiene una persona totalmente rigida e incapace. Alla domanda se avrebbe rimosso Powell prima della fine del suo mandato come presidente nel 2026, Trump ha rilasciato la sua smentita più decisa, dicendo: “No, no, no… perché dovrei farlo? Potrò sostituire quella persona tra poco tempo”.

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Economia

Sncf sfida Trenitalia e Italo: “Porteremo 10 milioni di nuovi passeggeri sull’alta velocità italiana”

La francese Sncf vuole entrare nel mercato AV italiano con 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Investimento da 800 milioni e 300 assunzioni.

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L’operatore francese chiede spazio per 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Ma le trattative con Rfi sono complicate: “Binari saturi, serve razionalizzare”

Milano–Roma–Napoli, ma anche Torino–Venezia: sono queste le direttrici su cui Sncf, il colosso ferroviario francese, punta per rompere il duopolio Trenitalia-Italo nell’alta velocità italiana. Dopo i primi contatti nel 2022, il debutto dei treni francesi è atteso per l’estate del 2027, ma le difficoltà non mancano.

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Caroline Chabrol (le foto sono di Imagoeconomica), direttrice generale di Sncf Voyages Italia, racconta le ambizioni del gruppo: “Non vogliamo sottrarre clienti alle aziende esistenti. Il nostro obiettivo è intercettare milioni di italiani che oggi non viaggiano in treno”.

Da Milano a Parigi: +10% di passeggeri, nonostante la frana

Sncf è già presente in Italia con il collegamento Milano–Torino–Parigi, interrotto a lungo per una frana e recentemente ripristinato. “Nonostante il viaggio sia passato da 7 a 9 ore, la domanda è rimasta alta. Le prenotazioni estive 2025 sono aumentate del 10%”, spiega Chabrol.

Con tre frequenze giornaliere, si stimano circa 700mila passeggeri all’anno. Proprio questi volumi hanno spinto la società a investire sull’alta velocità nazionale: “Abbiamo ordinato 15 nuovi TGV M a due piani adattati alle infrastrutture italiane”.

CAROLINE CHABROL DIRETTRICE SNCF VOYAGES ITALIA

Trattative difficili con Rfi: “Ci avevano dato due viaggi, poi solo uno”

Sncf ha chiesto 13 frequenze giornaliere a Rfi: 9 tra Torino–Milano–Roma–Napoli, 4 tra Torino e Venezia. Ma, secondo la dirigente, “le trattative sono state frustranti: all’inizio ci avevano dato due viaggi a direttrice, poi sono scesi a uno. Non è sostenibile”.

Sullo sfondo c’è anche un’indagine dell’Antitrust italiano, che sospetta un possibile “abuso di posizione dominante” da parte di Rfi nell’ostacolare l’ingresso di Sncf. La società che gestisce i binari respinge ogni addebito.

Un piano industriale da 800 milioni e 300 nuove assunzioni

Sncf stima 10 milioni di passeggeri all’anno, con una potenziale sottrazione del 30% agli operatori attuali, ma la strategia resta quella di “aumentare lo switch modale”, spingendo chi oggi viaggia in auto, aereo o autobus a passare al treno.

Ogni treno in doppia composizione potrà trasportare 1.300 passeggeri, con tariffe non ancora definite, anche se si smentisce l’intenzione di diventare una low cost: “Guardiamo anche al segmento corporate”, precisa Chabrol.

Il piano prevede 800 milioni di investimento e 300 assunzioni in Italia, tra macchinisti, capitreno, manutentori e addetti operativi.

“Binari saturi, il modello multi-frequenza non regge più”

La sfida non sarà solo con Trenitalia e Italo, ma anche con la capacità della rete ferroviaria. “I binari sono saturi, e questo sta causando ritardi. Il modello di alta frequenza non è più sostenibile. Serve una razionalizzazione dell’offerta”, dice Chabrol.

Sncf pagherà circa 50 milioni di euro l’anno a Rfi per l’uso dell’infrastruttura, ma chiede in cambio condizioni eque per garantire concorrenza. “Portiamo valore a tutto il sistema, anche all’Italia”, conclude.

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