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Politica

Linea pragmatica Draghi su vaccini, ruolo Italia

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Aumentare la produzione e distribuzione di vaccini, nei tempi piu’ rapidi possibili. Pone l’accento sull’obiettivo, Mario Draghi, nell’approcciarsi al passaggio delicato, anche dal punto di vista geopolitico, che attende i leader europei, riuniti al tavolo del social summit di Oporto. Draghi e’ al suo primo vertice in presenza da presidente del Consiglio italiano. Angela Merkel si colleghera’ in videoconferenza, a quello che avrebbe dovuto essere una due giorni centrata sui temi dell’Europa sociale e del lavoro. Ma la scelta del presidente americano Joe Biden di aprire alla sospensione dei brevetti dei vaccini, precipita i leader europei in un difficile confronto. Il premier italiano ritiene che si debbano abbattere le barriere alla produzione di un “bene comune globale” ma non cita il tema brevetti. Il nodo ora e’ come conciliare posizioni come quella di Emmanuel Macron, che sta con Biden, con quella della Cancelliera che fa trapelare i suoi dubbi in nome della proprieta’ intellettuale. Pragmatismo: questa e’ la linea che Draghi sceglie di sposare. Indica l’obiettivo e la necessita’ di trovare il modo migliore, senza contrapposizioni, per collaborare affinche’ ci siano per tutti, nel Mondo, tutte le dosi che servono. L’Italia il 21 maggio ospitera’ il Global Health Summit con al centro proprio le strategie per contrastare in futuro le pandemie, a partire dai vaccini. Draghi si e’ confrontato con Merkel sul tema mercoledi’ pomeriggio, proprio in vista di quel vertice. A Oporto, con i colleghi europei, cercheranno una linea comune da portare al tavolo del Wto, dove il tema dei brevetti e’ in discussione. Il governo italiano, che non senza difficolta’ sta avviando una sua produzione di vaccini, spinge da tempo a livello internazionale per garantire un aumento dell’approvvigionamento globale. Una mozione approvata dal Senato a marzo – e sostenuta per il governo dal ministro Roberto Speranza – ipotizzava tra le possibili soluzioni da trovare in ambito Ue e Wto la creazione di “accordi di licenza anche al fine di esportare i vaccini in qualsiasi Paese a basso e medio reddito”. Alla base c’e’ un ragionamento semplice: se il Covid non lo combatti a livello globale, se lasci che si moltiplichino casi come quelli dell’India o del Brasile, magari nel vicino – per l’Italia – Nord Africa, poi la pandemia rischia “di tornarti addosso”. C’e’ poi anche, per gli Stati Uniti e l’Europa, una ragione geopolitica, se si guarda a casi come il Marocco, dove sono andati a produrre i cinesi. Da Oporto i leader europei si collegheranno con il premier indiano Narendra Modi, che causa pandemia ha annullato la presenza in Portogallo, per capire come collaborare. Il nostro Paese – sottolineano fonti di governo – non ha urgenza di produrre dal momento che ha 260 milioni di dosi gia’ opzionate per i prossimi anni, punta entro settembre a mettere in sicurezza la campagna vaccinale e si prepara a programmare quella “terza dose” che in Gran Bretagna e’ gia’ realta’. Ma e’ chiaro, spiegano le stesse fonti, che un Paese come il nostro che non ha grande case produttrici, alla sospensione dei brevetti guarda con attenzione, per gli effetti benefici che una mossa in seno al Wto potrebbe avere per le filiere produttrici, in cui il nostro Paese vuole essere sempre piu’ presente, e anche sui prezzi. La convinzione e’ che la mossa di Biden non lo ponga solo alla testa del fronte progressista nella lotta alle diseguaglianze, ma sia destinata a portare novita’ in tempi brevi anche in seno al Wto. Il tema Covid balza cosi’ di nuovo in cima all’agenda di un vertice che e’ stato voluto dal premier portoghese, il socialista Antonio Costa, per porre la dimensione sociale al centro del dibattito europeo. Di lavoro parlera’ Draghi a Oporto, in un panel venerdi’ pomeriggio, a partire dall’obiettivo europeo del raggiungimento di almeno il 78% del tasso di occupazione della popolazione di eta’ compresa tra 20 e 64 anni entro il 2030. L’impatto del Recovery plan italiano proprio sul piano sociale, dovrebbe essere uno dei cardini dell’intervento: come gli investimenti e le riforme previste dal Piano di ripresa e resilienza da 191,5 miliardi agiranno sulla riduzione delle tre grandi diseguaglianze del Parse, quella generazionale, quella di genere e’ quella territoriale. Per sostenere la creazione di posti di lavoro, dopo il flagello Covid, saranno fondamentali – sottolineano da Palazzo Chigi – livelli di investimento adeguati. Il sostegno dell’Ue in tal senso, con il Recovery e il suo budget di 672,5 miliardi tra sovvenzioni e prestiti, potra’ fornire una spinta del 2% di Pil aggiuntivo e creare 2 milioni di posti di lavoro. E’ un modello da rinnovare e replicare per il futuro? Questo e’ il dibattito che terra’ banco nei prossimi mesi e soprattutto in autunno, insieme al tema di come far ripartire e riformare il patto di stabilita’ e crescita, sospeso dal 2020. Per chi come Draghi spinge per gli Eurobond sara’ pero’ essenziale, prima, evitare ritardi e inadempienze nazionali nell’attuazione del Recovery.

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Bersani e politica che si fa con l’orecchio a terra: dallo sciopero delle prostitute ai rimpianti sullo ius soli

Pier Luigi Bersani, in un’intervista al Corriere della Sera, ripercorre episodi della sua vita politica e personale: dalle liberalizzazioni allo sciopero delle prostitute, passando per il rimpianto sullo ius soli.

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Pier Luigi Bersani (foto Imagoeconomica in evidenza), ex segretario del Pd, si racconta in un’ampia intervista rilasciata al Corriere della Sera, ripercorrendo episodi personali e politici che hanno segnato la sua vita e l’Italia contemporanea.

Nel suo nuovo libro “Chiedimi chi erano i Beatles” (Rizzoli), Bersani intreccia la politica, le battaglie sociali e i ricordi personali, come l’episodio curioso dello sciopero delle prostitute a Piacenza negli anni Settanta e la protesta dei commercianti sotto casa dei suoi genitori a Bettola, quando da ministro avviò le famose liberalizzazioni.

L’episodio delle prostitute e la lezione sulla politica

Durante la pedonalizzazione di un tratto della via Emilia, le prostitute protestarono. Il giovane Bersani, allora responsabile cultura del Pci locale, seguì l’episodio da vicino: «Un amministratore deve avere a cuore i problemi di tutti, anche quelli più difficili», ricorda.

Le liberalizzazioni e il pullman a Bettola

Nel 1996, da ministro, la sua “lenzuolata” per liberalizzare il commercio suscitò la rabbia dei commercianti. Una delegazione arrivò addirittura sotto casa dei suoi genitori. Ma l’accoglienza calorosa dei suoi — ciambelle e vino bianco — trasformò la protesta in una festa, segnando un inatteso boomerang per i contestatori.

La sfida canora con Umberto Eco

Bersani racconta anche della famosa sfida canora al convegno di Gargonza nel 1997, quando sconfisse Umberto Ecointonando canti religiosi: «Da noi era obbligatorio fare i chierichetti, non iscriversi subito alla Fgci».

Il rimpianto dello ius soli

Se fosse diventato premier nel 2013, Bersani avrebbe voluto introdurre lo ius soli con un decreto legge già alla prima seduta del Consiglio dei Ministri. Un rimpianto che ancora oggi pesa: «Se parti dagli ultimi, migliori la società per tutti».

I 101 e la caduta di Prodi

Bersani ammette di conoscere l’identità di circa «71-72» dei famosi 101 franchi tiratori che affossarono Romano Prodinella corsa al Quirinale. «C’erano renziani e non solo. Alcuni mi confessarono la verità piangendo».

Il rapporto con la morte

Dopo un grave problema di salute nel 2014, Bersani parla della morte con una serenità disarmante: «È più semplice di quanto pensassi. È la vita che si riassume in quell’istante». La sua fede è ora una ricerca continua: «Chi ha già trovato dovrebbe continuare a cercare».

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Giorgia Meloni: Italia protagonista nel mondo, ma serve concretezza e prudenza

In un’intervista al Corriere della Sera, Giorgia Meloni racconta i suoi impegni internazionali, il rapporto con Trump e annuncia nuove misure per la sicurezza dei lavoratori.

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In una lunga intervista concessa al Corriere della Sera, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha raccontato i quindici giorni intensi che l’hanno vista protagonista sulla scena mondiale: dall’incontro alla Casa Bianca con Donald Trump fino alla gestione dell’imponente cerimonia dei funerali di Papa Francesco a Roma.

Meloni ha sottolineato la perfetta riuscita organizzativa dei funerali, apprezzata da tutti i leader internazionali presenti: “È stato un grande lavoro corale, fatto di tante mani preziose”, ha detto, mantenendo però un approccio umile: “Io non sono mai soddisfatta, penso sempre che si possa e si debba fare di meglio”.

Nessun vertice politico ai funerali del Papa

Meloni ha precisato di non aver voluto trasformare il funerale del Papa in un’occasione di vertici politici: “Non avrei mai voluto distrarre l’attenzione da un evento così solenne”. Tuttavia, ha definito “bellissimo” il faccia a faccia spontaneo tra Trump e Zelensky a San Pietro, considerandolo “forse l’ultimo regalo di Papa Francesco”.

La sfida: riavvicinare Usa ed Europa

Nell’intervista, Meloni ha ribadito la necessità di rinsaldare l’alleanza atlantica e riavvicinare Stati Uniti ed Europa: “Il mondo cambia a una velocità vertiginosa, servono dialogo, studio e preparazione”, ha detto. Ha anche confermato che sono in corso contatti per un possibile incontro tra Trump e i vertici europei, anche se i tempi non sono ancora maturi: “Non importa se sarà a Roma o altrove, l’importante è ottenere un risultato concreto”.

L’amicizia con Trump e l’interesse nazionale

Meloni ha respinto le critiche di chi le rimprovera un rapporto troppo stretto con Trump: “Noi non siamo filoamericani, siamo parte dell’Occidente. Difendiamo il nostro interesse nazionale, indipendentemente da chi governa negli altri Paesi”.

Sul futuro, la premier ha affermato: “La sfida americana può essere un’opportunità anche per l’Europa, per tornare a crescere e innovare”.

L’Italia sulla pace in Ucraina

Meloni ha ribadito il sostegno italiano all’Ucraina e all’ipotesi di un cessate il fuoco incondizionato: “Siamo contenti che Zelensky si sia mostrato disponibile, ora è la Russia che deve dimostrare volontà di pace”. Ha inoltre ricordato la proposta italiana di un modello di garanzia ispirato all’articolo 5 del Trattato Nato, anche al di fuori del perimetro Nato.

Nuove misure per la sicurezza sul lavoro

In vista del Primo Maggio, Meloni ha annunciato nuove iniziative concrete per migliorare la sicurezza dei lavoratori: “Stiamo lavorando a un piano importante, in dialogo con sindacati e associazioni datoriali, per combattere il dramma quotidiano delle morti sul lavoro”.


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Politica

Meloni, con morte di Ramelli tutti devono fare i conti

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I cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso a diciotto anni per una aggressione di Avanguardia operaia a Milano, sono l’occasione per invocare una memoria condivisa delle vittime degli anni di piombo. Memoria condivisa “nel tentativo di ricucire una ferita profonda che deve accomunare tutte le vittime innocenti dell’odio e della violenza politica” ha sottolineato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all’evento ‘Le idee hanno bisogno di coraggio’ a lui dedicato nell’auditorium di Regione Lombardia. La sua vicenda, la sua morte “tanto brutale quanto assurda” che “forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia”, è “un pezzo di storia con cui tutti a destra e sinistra devono fare i conti” ha ammonito.

“Ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte – ha aggiunto Meloni – c’è una minoranza rumorosa che crede che l’odio, la sopraffazione e la violenza siano strumenti legittimi attraverso cui affermare le proprie idee. Ai ragazzi che oggi hanno l’età in cui Sergio morì, che hanno spalancata davanti a sé la strada della propria vita, che vogliono dedicarla a ciò in cui credono, voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri”. Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato del bisogno di una memoria condivisa. E come aveva già fatto ha paragonato Ramelli a Fausto e Iaio, ovvero Fausto Pinelli e Lorenzo Iaio Iannucci, esponenti del centro sociale Leoncavallo uccisi nel 1978. “Sono tra i pochi per i quali ancora non è stata fatta giustizia, non è stato scoperto chi li ha uccisi” ha ricordato.

“Questa memoria condivisa di giovani che hanno perso la vita solo perché credevano in delle idee, non importa se di destra o di sinistra, sia un insegnamento che credo debba restare forte in questa fase storica in cui vedo riaffacciarsi nei fuocherelli che non mi piacciono”. Se la memoria si fa più condivisa, resta comunque uno strascico di polemiche. Sono 38 le città che a Ramelli hanno dedicato una strada, una via o comunque un luogo. Oggi è successo anche a Sesto San Giovanni, un tempo Stalingrado d’Italia, che a Ramelli e Enrico Pedenovi, consigliere provinciale dell’Msi ucciso l’anno dopo, ha dedicato uno slargo. Inaugurazione a cui ha fatto seguito una manifestazione a cui hanno preso parte fra gli altri Anpi, Sinistra Italiana e Pd con l’idea che “è doveroso ricordare ragazzi ammazzati innocenti” ma “non può essere la scusa per riscrivere la storia e riabilitare valori neofascisti”.

Una critica alle manifestazioni con il ‘presente’ e il saluto romano (domani è in programma il tradizionale corteo per Ramelli, Pedenovi e Carlo Borsani che si conclude proprio con il ‘presente’ davanti al murale di Ramelli) è arrivata dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè: “non appartengono a Fratelli d’Italia, non è certo il nostro elemento distintivo, niente di tutto questo può essere riconducibile a noi” ha detto aggiungendo che “sbagliano e non aiutano a pacificare”. Domani la cerimonia ufficiale per Ramelli sarà comunque ai giardini a lui dedicati in un appuntamento a cui parteciperà come sempre il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Non però, come vorrebbe La Russa, con la fascia tricolore.

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