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Libia, il bilancio degli scontri tra truppe di Haftar e milizie del Governo riconosciuto dall’Onu sale a 264 morti e 1.266 feriti

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E’ salito a 264 morti e 1.266 feriti il bilancio delle vittime dall’inizio degli scontri armati a Tripoli e dintorni, secondo l’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms) in Libia.

Le forze del governo di accordo nazionale libico controllano l’intera area che da Wadi Al Rabie va ad Azizia. Lo ha annunciato in una conferenza stampa proprio da Azizia, a circa 50 km a sud di Tripoli, il portavoce del ministero dell’Interno del governo riconosciuto dalla comunita’ internazionale di Tripoli, Abdul Hafez El Mabrouk, come riportato dalla pagina facebook del dicastero. La sospensione di qualsiasi collaborazione con la Francia e’ un chiaro messaggio per il portavoce del fatto che “la sovranita’ dello Stato libico e’ al di sopra di tutti gli interessi e considerazioni, e non e’ negoziabile ne’ oggetto di discussioni”, ha detto ancora El Mabrouk elogiando il ruolo svolto dalle autorita’ tunisine nell’evitare di far del proprio territorio un luogo di incitamento di conflitti o offensive e sottolineando le profonde relazioni fraterne tra i due paesi e l’importante ruolo della Repubblica tunisina nel sostenere il raggiungimento della stabilita’ in Libia.

El Mabrouk ha spiegato inoltre che l’assalto di Haftar alla capitale rappresenta un “piano criminale” che vede impegnate non solo le milizie di Haftar, ma anche cellule dormienti nella capitale Tripoli, nel tentativo di diffondere il caos e indebolire la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, cercando di inviare messaggi in Libia e all’estero sulla mancanza di sicurezza nella capitale. Il portavoce ha anche confermato, con l’emanazione del decreto 850/19, l’istituzione di un comitato per la gestione della crisi con il compito di coordinare la risposta all’emergenza degli sfollati dalle aree di conflitto, al fine di salvare vite umane e proteggere proprieta’ pubbliche e private.

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Rubio: serve svolta nei colloqui su Ucraina al più presto

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump deciderà quanto tempo gli Stati Uniti dedicheranno alla risoluzione del conflitto ucraino, quindi una svolta nei negoziati “è necessaria molto presto”. Lo ha affermato a Fox News il segretario di Stato americano Marco Rubio. Le posizioni di Russia e Ucraina “si sono già avvicinate, ma sono ancora lontane l’una dall’altra – ha ricordato – ed è necessaria una svolta molto presto. Allo stesso tempo, ha proseguito Rubio, è necessario accettare il fatto che “l’Ucraina non sarà in grado di riportare la Russia alle posizioni che occupava nel 2014”. La portavoce del Dipartimento di Stato americano, Tammy Bruce, ha dichiarato durante un briefing che gli Stati Uniti restano impegnati a lavorare per risolvere il conflitto, “ma non voleremo in giro per il mondo per mediare negli incontri che si stanno attualmente svolgendo tra le due parti. Ora – ha sottolineato – è il momento per le parti di presentare e sviluppare idee concrete su come porre fine a questo conflitto. Dipenderà da loro”.

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Onu prepara ampia riforma a causa dei vincoli di bilancio

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Le Nazioni Unite stanno valutando una radicale ristrutturazione con la fusione dei team chiave e la ridistribuzione delle risorse. Lo riporta la Reuters sul suo sito, citando un memorandum riservato preparato da un gruppo di lavoro del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres. Il documento propone di indirizzare le decine di agenzie in quattro direzioni principali: pace e sicurezza, questioni umanitarie, sviluppo sostenibile e diritti umani. Tra le misure specifiche figura la fusione delle agenzie operative del Programma Alimentare Mondiale (Wfp), dell’Unicef, dell’Oms e dell’Unhcr in un’unica agenzia umanitaria.

La riforma prevede inoltre la riduzione delle duplicazioni di funzioni e la razionalizzazione del personale, incluso il trasferimento di una parte del personale da Ginevra e New York a città con costi inferiori. L’iniziativa è legata alla crisi finanziaria dell’ONU. Le proposte definitive di ristrutturazione dovranno essere presentate entro il 16 maggio.

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Siria, Israele bombarda zona palazzo presidenziale Damasco

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L’esercito israeliano ha annunciato di aver bombardato la zona del palazzo presidenziale a Damasco, dopo aver minacciato il governo siriano di rappresaglie se non avesse protetto la minoranza drusa. “Gli aerei da guerra hanno colpito la zona intorno al palazzo”, ha scritto l’esercito israeliano su Telegram.

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