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Politica

Letta denuncia, ingerenze di Mosca favoriscono la destra

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Il dubbio che il Cremlino abbia deciso di interferire concretamente sull’esito del voto del 25 settembre irrompe ancora una volta nella campagna elettorale, agitando la polemica politica. Durissimo lo scontro tra il leader del Pd, Enrico Letta, che accusa la Russia di “favorire la destra” e la Lega, secondo cui quella dei dem e’ “solo propaganda”. Una contrapposizione resa ancora piu’ accesa dall’inchiesta pubblicata da diversi media internazionali, tra cui La Repubblica, che racconta l’attivita’ di Maria Adela Kuhfeldt Rivera, nata in Peru’ da padre tedesco, capace di inserirsi prima nei circoli mondani di Napoli per riuscire poi a infiltrarsi tra il personale della base Nato e della VI Flotta statunitense. Ironica la replica dell’ambasciata russa, che sceglie di pubblicare una vignetta sui suoi canali social: “Se vedi gli 007 russi ovunque, forse leggi troppo la Repubblica…”, si legge nella didascalia del disegno che mostra un uomo seduto su una panchina che si guarda sospettoso intorno circondato da presunte spie. “La traccia principale che la collega ai servizi segreti di Mosca – viene intanto spiegato da La Repubblica – e’ il passaporto russo usato per entrare in Italia: appartiene alla stessa serie speciale utilizzata dagli 007 del Gru, l’intelligence militare agli ordini del Cremlino”. L’inchiesta non e’ riuscita a ricostruire “quali informazioni siano state ottenute dalla spia, ne’ se sia stata capace di seminare virus informatici nei telefoni e nei computer dei suoi amici. E’ pero’ entrata in contatto – si legge ancora – con figure chiave della Nato e della Marina statunitense: nessun agente russo era mai riuscito a penetrare cosi’ in profondita’ il vertice dell’Alleanza atlantica”. Da parte sua il Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza, sottolinea come proprio la copertura diplomatica sia storicamente la modalita’ operativa privilegiata dalle spie russe. Stando comunque alla relazione alle Camere messa a punto dal Comitato, e approvata il 19 agosto, “sono stati 30 i diplomatici e i rappresentanti dell’intelligence russa espulsi a inizio aprile”. Nello stesso giorno della pubblicazione dell’inchiesta, il segretario dem, Enrico Letta, intervistato dal quotidiano spagnolo, El Periodico, attacca: “La Russia e’ entrata in questa campagna elettorale. C’e’ una forte ingerenza della Russia a favore della destra, perche’ sa che la nostra posizione continuera’ ad essere in linea con la posizione contraria a Putin”. La Lega non ci sta. E con Stefano Candiani rigetta ogni accusa: “La Russia? Parliamo di quello che il Pd ha fatto o non ha fatto e di quello che la coalizione di sinistra cosi’ divisa potra’ fare. Il resto sono solo chiacchiere logore di propaganda. Prima si diceva ‘attenti, arrivano i fascisti’, ora si dice ‘attenti che arrivano i russi'”. Anche Fratelli d’Italia reagisce alla parole dell’ex premier, accusandolo a sua volta di danneggiare “la reputazione” dell’Italia. “La campagna elettorale di Letta – replica Maria Teresa Bellucci – sbanda pericolosamente e finisce nel campo dell’anti-italianita’. Le sue dichiarazioni rappresentano un danno incalcolabile per la reputazione del nostro Paese. La volonta’ degli italiani verra’ rappresentata dal voto del 25 settembre, una giornata in cui gli elettori daranno il benservito al PD. Letta stia sereno, il risultato delle elezioni dipendera’ solo dal malgoverno che ha caratterizzato gli esecutivi a trazione Partito Democratico”. Contro Letta, interviene anche l’azzurra Stefania Craxi: “Basta – attacca la presidente della commissione Esteri del Senato – con questa fandonia degli amici di Putin: chi sulla politica estera attacca l’avversario politico, non fa il male dell’avversario, ma il male dell’Italia”.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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