Collegati con noi

Cronache

Lega: prima del Metropol una cena, i pm indagano

Pubblicato

del

Altre acquisizioni di atti, rogatorie per seguire i soldi, e probabilmente una da attivare anche verso Londra, e una serie di persone da ascoltare per fare luce su una cena che si sarebbe tenuta in un ristorante di Mosca la sera prima dell’ormai famoso incontro del 18 ottobre all’hotel Metropol in cui russi e italiani, e tra loro Gianluca Savoini, leghista presidente dell’associazione LombardiaRussia, avrebbero trattato per far arrivare denaro alla Lega. Sono alcuni dei nuovi passi dell’inchiesta della Procura di Milano aperta per corruzione internazionale e che da giorni sta impattando sul Carroccio e di conseguenza sul Governo. Alla cena del 17 ottobre, stando a rivelazioni di stampa, erano presenti, tra gli altri, il vicepremier Matteo Salvini, lo stesso Savoini, il presidente di Confindustria Russia e manager Eni Ernesto Ferlenghi e Luca Picasso, direttore di Confindustria Russia, oltre a Claudio D’Amico, consigliere ‘per le attivita’ strategiche di rilievo internazionale’ del leader della Lega. E’ possibile che gli inquirenti debbano effettuare verifiche anche su questo incontro con l’audizione di testimoni. Tra l’altro, l’ex vicepresidente di Confindustria Russia, Fabrizio Candoni, nei giorni scorsi ha raccontato di essere stato con Salvini a Mosca proprio il giorno prima del faccia a faccia tra Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda e l’ex bancario Francesco Vannucci, tutti indagati, e i tre russi nell’albergo moscovita e di avergli sconsigliato di partecipare. Allo stesso tempo e’ possibile che gli inquirenti vogliano acquisire parte dei documenti trovati da ‘l’Espresso’ (a febbraio inizio’ a scrivere della vicenda, anche prima che il sito americano BuzzFeed pubblicasse l’audio del presunto accordo) che con nuovi elementi ha ricostruito che la trattativa sulla compravendita di petrolio, che avrebbe dovuto garantire soldi alla Lega e ‘stecche’ per funzionari russi, sarebbe andata avanti almeno fino a febbraio. Lo proverebbe una nota interna della societa’ di Stato russa Gazprom e la risposta a Savoini dalla banca londinese Euro-Ib (allo studio un’eventuale rogatoria in Gran Bretagna), che sarebbe stata rappresentata al tavolo del Metropol da Meranda, il quale avrebbe citato l’Eni come compratore finale (Eni ha sempre smentito). “Vedo pubblicare lettere con la carta intestata di Euro-IB non firmate da me e di cui la banca era totalmente all’oscuro”, ha detto Glauco Verdoia, manager di Euro-IB. In piu’, nella registrazione veniva indicata come necessaria per le transazioni anche “Banca Intesa Russia”. Nei giorni scorsi, pero’, il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, ha affermato che “non c’e’ alcuna evidenza di un coinvolgimento del gruppo”. Inoltre, si e’ saputo che uno dei tre russi, Ilya Yakunin, vicino a Vladimir Pligin e quest’ultimo legato a Putin, in alcune carte raccolte veniva chiamato “l’onorevole”. Oltre al lavoro di analisi su documenti, appunti, e-mail sequestrate nei giorni scorsi nelle perquisizioni, dalla prossima settimana l’aggiunto De Pasquale e i pm Ruta e Spadaro potrebbero convocare altre persone, tra cui Vannucci che, come Savoini e Meranda, potrebbe decidere di non parlare. Le indagini, intanto, si concentrano su presunti flussi di denaro legati all’operazione che non sarebbe andata in porto. Non e’ stato smentito, infatti, che dei soldi sarebbero circolati.

Advertisement

Cronache

Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

Pubblicato

del

Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

Continua a leggere

Cronache

Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

Pubblicato

del

Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

Continua a leggere

Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

Pubblicato

del

Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto