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Politica

L’ira di Conte contro Salvini, è scontro sul timing della crisi

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E’ braccio di ferro tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il vicepremier Matteo Salvini. Con un arbitro, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che si prendera’ il suo ruolo di arbitro quando la crisi sara’ ufficializzata. Il leader della Lega, dopo la salita al Colle di Conte, intuisce la strategia del capo del governo che avrebbe avuto come obiettivo quello di dettare i tempi del dibattito parlamentare e quindi anche dei tempi che avrebbero potuto portare allo showdowm. Quindi lo anticipa, incontrandolo a Palazzo Chigi e scandendo per primo, la richiesta, di parlamentarizzare la crisi, ma subito, nelle prossime ore. L’incontro tra Conte e Salvini dura poco piu’ di un’ora. E’ un faccia a faccia duro, teso, che arriva dopo ore in cui il premier, con i suoi, non ha mancato di manifestare la sua profonda irritazione per il blitz del leader della Lega. “Se vuole la crisi gliela faremo sudare e dovra’ uscire allo scoperto”, e’ il messaggio che, all’ora di pranzo trapela da alcune fonti governative descrivendo l’ira di Conte. Ed e’ messaggio di guerra contro il leader leghista, che arriva dopo il faccia a faccia tra il premier e il capo dello Stato, dove il capo del governo manifesta a Mattarella la volonta’ di voler essere sfiduciato in Aula, di lasciare alla Lega la piena responsabilita’ della rottura. Come, in fondo, lo stesso Conte aveva detto in occasione dell’informativa al Senato sull’inchiesta dei fondi russi, quando il premier promise, di fatto, di tornare nella stessa Aula che gli aveva dato la fiducia, se la stessa fiducia fosse mancata. Archiviata la possibilita’ – accarezzata da Salvini – di dimissioni extraparlamentari del premier, e’ ora il timing della parlamentarizzazione della crisi ad essere oggetto di un vero e proprio duello politico. E in molti, in ambienti politici, temono o auspicano una convocazione a rallentatore delle Camere. La convocazione delle capigruppo per calendarizzare le sedute sono ancora una incognita. E qualche dubbio sulla volonta’ dei presidenti di Camera e Senato di tenere ritmi bassi sta attraversando molti partiti. Una strategia che vedrebbe il silenzioso consenso del M5S. Intanto, Luigi Di Maio rilancia la sfida di Salvini al voto chiedendo, prima della crisi, che il Parlamento approvi il taglio dei parlamentari. Che vorrebbe dire dilazionare di mesi le urne. Ma Salvini vuole tutto, il piu’ presto possibile. Ha in mente di andare al voto entro il 20 ottobre – occorrono almeno 60 giorni dallo scioglimento delle Camere; prima, di fatto, non si puo’ – e avrebbe avuto rassicurazioni dagli altri partiti, incluso il Pd, che non si saranno alleanze con il M5S per un nuovo governo. Cosi’, una volta sfiduciato dal Parlamento, Conte si rechera’ al Quirinale per dimettersi e partira’ un giro di consultazioni che si prevede rapidissimo, di 24-36 ore. Una volta preso atto della mancanza di una maggioranza alternativa, Mattarella dovrebbe sciogliere le Camere. E nessuno si sbilancia al momento sulla possibilita’ da parte del Colle di ragionare anche su un governo tecnico o di transizione per evitare l’esercizio provvisorio e portare il Paese alle urne a marzo o aprile. La strada per il voto, per Salvini, sarebbe quindi tracciata. Ma non e’ detto che sia priva di ostacoli: e, gia’ in questi giorni, il titolare del Viminale potrebbe trovarsi a fare i conti con un Parlamento con i battenti chiusi per almeno un’altra decina di giorni.

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Politica

Manovra, Lega all’attacco: rottamazione extralarge e stop all’aumento dell’età pensionabile

La Lega spinge per rottamazione extralarge e stop all’aumento dell’età pensionabile. Fratelli d’Italia ritira l’emendamento sugli scioperi. Restano tensioni su affitti brevi e coperture.

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La Lega non arretra. Anche di fronte agli inviti alla prudenza, il partito di Matteo Salvini presenta una raffica di emendamenti alla manovra: dalla rottamazione extralarge al congelamento dell’età pensionabile fino al 2028. Proposte pesanti, dal costo rilevante, che difficilmente passeranno senza modifiche nel voto in Senato previsto a dicembre.

Il dietrofront di Fratelli d’Italia sugli scioperi

Fratelli d’Italia sceglie invece la via della cautela. È stato ritirato l’emendamento che puntava a introdurre un preavviso obbligatorio di sette giorni per gli scioperi nel settore dei trasporti. La proposta, inserita tra i seimila emendamenti, è stata archiviata dopo appena 48 ore. Il primo firmatario Matteo Gelmetti ha spiegato che il tema è «complesso» e sarà affrontato con un disegno di legge ad hoc.

I nodi politici nella maggioranza

La manovra resta terreno di scontro. Le opposizioni attaccano, i sindacati protestano – compresa la Cisl – e la maggioranza registra nuovi distinguo. Un vertice con la premier Giorgia Meloni è fissato per giovedì per definire il pacchetto di modifiche realmente sostenibile.

Martedì i partiti dovranno indicare gli emendamenti prioritari: 414 in totale, di cui 238 della maggioranza. Gran parte degli altri finirà nel cestino.

La battaglia sulla rottamazione

La Lega segnalerà come identitaria la proposta che estende la rottamazione quinquies ai contribuenti decaduti dalla quater e a chi ha ricevuto un accertamento. Previste anche rate con interessi ridotti dal 4% al 2%. Il costo, 365 milioni, rende difficile la copertura.

Sarà invece archiviato l’altro emendamento leghista sulla rottamazione, più oneroso (quasi 600 milioni) e scritto con un refuso che ne vanificava gli obiettivi.

Le tensioni sulle pensioni

Sul fronte previdenziale la Lega chiede di bloccare l’innalzamento dell’età pensionabile fino al 2028. Le coperture arriverebbero dall’aumento di 4 punti dell’Irap su banche e assicurazioni, rimettendo però in discussione un equilibro delicato già raggiunto con gli intermediari finanziari.

Ribadite anche le richieste di prorogare Opzione donna e Quota 103.

Cedolare secca e affitti brevi

Forza Italia, insieme alla Lega, si oppone all’aumento al 26% della cedolare secca sugli affitti brevi tramite piattaforme. Gli azzurri chiedono la cancellazione della norma, mentre nella maggioranza si ragiona su un compromesso: possibile un taglio dell’incremento al 23%.

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In Evidenza

La Lega chiede di cancellare l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi

La Lega presenta un emendamento per sopprimere l’aumento della cedolare secca dal 21 al 26% sugli affitti brevi. Copertura prevista: aumento dell’Irap per banche e assicurazioni.

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La Lega punta a sopprimere l’articolo 7 della manovra, quello che prevede l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi dal 21 al 26%. La proposta arriva attraverso un emendamento alla legge di bilancio, presentato con prima firma del capogruppo Massimiliano Romeo.

La proposta di modifica e la copertura economica

Nel testo dell’emendamento, il Carroccio indica una copertura alternativa: aumentare ulteriormente l’Irap per banche e assicurazioni, già ritoccata dalla manovra. L’incremento dell’aliquota, secondo la proposta, passerebbe da 2 a 2,5 punti percentuali.

Il nodo politico

L’intervento apre un fronte dentro la maggioranza sul tema degli affitti brevi, uno dei dossier più sensibili della manovra. La Lega rivendica così una linea netta in difesa dei proprietari e del settore turistico, opponendosi alla stretta fiscale contenuta nel testo del governo.

Prossimi passaggi

La discussione sull’emendamento entrerà nel vivo nei lavori parlamentari sulla legge di bilancio, dove si capirà se la proposta leghista troverà sponda negli alleati o se resterà una battaglia di bandiera.

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Politica

Dalla pizza alla ceramica: pioggia di micro-emendamenti alla manovra tra musei, fondi culturali e nuove detrazioni

Nella manovra spuntano centinaia di micro-emendamenti: dai musei dedicati a pizza, vino e olio, ai fondi per festival, oratori, archivi storici e restauro di tombe. Una mappa di richieste che attraversa tutti i gruppi politici.

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Quasi seimila emendamenti alla manovra: dietro ai grandi temi finanziari, i senatori hanno presentato una galassia di micro-richieste legate ai territori. Anche quest’anno spuntano proposte per musei, fondi culturali, detrazioni e contributi destinati alle realtà locali.

I musei “iconici” chiesti dalla Lega

La Lega, con la firma del presidente della commissione Finanze Massimo Garavaglia, propone tre musei dedicati a simboli del patrimonio italiano: la pizza a Napoli, il vino a Verona e l’olio nel Gargano. Costo stimato: 6 milioni di euro nel 2026.
Dal Carroccio arriva anche la richiesta di 5 milioni nel 2028 per celebrare l’anniversario del Teatro alla Scala e 1 milione l’anno per sostenere la Nuova Orchestra Alessandro Scarlatti di Napoli, proposta condivisa anche dal Pd.

Le priorità di FdI

Fratelli d’Italia punta su Umbria Jazz, chiedendo 150mila euro per il 2026, e sul Museo di fotografia contemporanea con un emendamento da 1 milione.
Il partito propone inoltre 30mila euro annui per consentire al ministero del Turismo di aderire all’Associazione “Vie e Cammini di San Francesco”, un milione l’anno per l’Associazione italiana città della ceramica e un fondo da 8 milioni l’anno per la “cultura terapeutica e la cura sociale” rivolto ai lavoratori dello spettacolo.

Le richieste di Forza Italia

Tra gli emendamenti azzurri spicca la proposta di introdurre una detrazione del 36% per il restauro e la ristrutturazione di tombe, cappelle e sepolcri. Claudio Lotito presenta un emendamento per creare un “Nuovo polo culturale Dante e Beatrice” con uno stanziamento di 500mila euro.

Le proposte del Partito Democratico

Il Pd, con il senatore Antonio Nicita, chiede 100mila euro l’anno per sostenere la Fondazione archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico di Roma.

La memoria secondo il M5S

Il Movimento 5 Stelle, con il senatore Luca Pirondini, propone un fondo da 1 milione per il 2026 per valorizzare la memoria di chi contribuì alla rinascita democratica dell’Italia.

Cosa sopravviverà

Martedì maggioranza e opposizione selezioneranno i cosiddetti “segnalati”, l’unico gruppo di emendamenti destinato a sopravvivere alla scrematura. Molte proposte resteranno fuori, ma una parte potrebbe trovare copertura nel tesoretto da 100 milioni l’anno destinato proprio alle modifiche parlamentari, o nelle risorse dei singoli ministeri.

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