Collegati con noi

Economia

L’economia digitale supera quella reale, Italia indietro

Pubblicato

del

La crescita dell’economia digitale ha ormai superato l’economia tradizionale nel suo insieme, con tutte le opportunità di sviluppo che questa situazione comporta, anche se bisogna fare attenzione ai rischi legati all’utilizzo di queste nuove tecnologie virtuali, a cominciare dal rispetto della privacy e dai potenziali danni per la salute mentale: questo il fondamentale messaggio contenuto nelle ‘Prospettive dell’economia digitale 2024′, pubblicate dall’Ocse, che vedono l’Italia fanalino di coda, terz’ultima in graduatoria, meglio solo di Grecia e Repubblica slovacca. In particolare, secondo lo studio, il settore delle Tecnologie dell’Informazione e delle Comunicazioni (TIC/ICT) si è mediamente sviluppato nell’ultimo decennio, tra il 2013 e il 2023, del 6,3%, quasi tre volte più velocemente che l’insieme dell’attività economica dei 27 Paesi Ocse presi in esame.

Il primo volume dell”Oecd Digital Economic Outlook’ – questo il titolo inglese del documento disponibile sul sito web dell’Ocse – mostra inoltre che la crescita del settore delle Ict è rimasto sostenuto nel 2023, con un tasso medio del 7,6% al livello Ocse. In numerosi Stati aderenti all’organizzazione internazionale con sede a Parigi, il 2023 è stato l’anno dei record. Cinque Paesi realizzano addirittura una crescita a due cifre, superiore al 10%. Sul podio: Regno Unito (11,96%), seguito da Belgio (11,52%) e Germania (10,98%).

L’Italia è invece terzultima in classifica, al 4,05%, meglio solo di Grecia (3,98%) e Repubblica slovacca (3,15%), almeno per quanto riguarda questo particolare settore in espansione al livello mondiale. Per quanto concerne l’Intelligenza artificiale (Ia), le Prospettive Ocse confermano un aumento degli investimenti e anche dei rischi ad essa connessi. Per esempio, l’investimento nell’IA generativa è passato da 1,3 miliardi di dollari nel 2022 a 17,8 miliardi nel 2023, mentre il numero di incidenti e pericoli connessi menzionati dai grandi media, su scala mondiale, è cresciuto di 53 volte da fine 2023. Oggi, l’uso dell’IA si concentra nel settore delle tecnologie dell’Informazione e delle Comunicazioni (Ict) e secondo gli esperti dell’Ocse andrebbe ora esteso anche ad altri settori della vita. “Il settore delle Tecnologie dell’informazione e delle Comunicazioni è un motore essenziale della crescita globale. Tuttavia, si osservano forti disparità tra Paesi, con uno scarto del tasso di crescita medio di oltre 10 punti tra le economie di testa e quelle di coda”, avverte il segretario generale dell’Ocse, Mathias Corman, sottolineando che questo primo volume del rapporto sull’economia digitale “fornisce nuove spiegazioni e dati inediti destinati ad aiutare i governanti a concepire politiche efficaci per sfruttare lo straordinario potenziale delle tecnologie digitali, ma gestendo al tempo stesso rischi e problemi da esse generati”.

Lo studio non fa mistero delle parti d’ombra legate a queste nuove tecnologie, come i nodi sulla tutela della privacy, in particolare, nell’ambito delle tecnologie immersive, tipo realtà virtuale, l’avvenire della connettività senza fili e il moltiplicarsi di comportamenti negativi che nuocciono alla salute mentale. Dal rapporto emerge, tra l’altro, che la percentuale di giovani vittime di difficoltà esistenziali e malessere a causa dell’uso dei social media è schizzata del 49% dal 2017. Un numero crescente di giovani è inoltre vittima di cyberbullismo, mediamente le femmine più dei maschi. Appena due settimane fa, un rapporto di esperti consegnato al presidente francese, Emmanuel Macron, ha suggerito una radicale regolamentazione dell’uso degli schermi. Tra l’altro, vietandoli per i bimbi di un’età inferiore ai 3 anni e limitandoli fortemente tra i 3 e i 6 anni.

Advertisement

Economia

Mediobanca lancia offerta su Banca Generali: nasce un colosso del Wealth Management

Mediobanca offre la propria partecipazione in Generali per acquisire Banca Generali e rafforzarsi nel Wealth Management con 210 miliardi di attivi in gestione.

Pubblicato

del

Mediobanca ha ufficialmente lanciato un’offerta pubblica di scambio sul 100% di Banca Generali, proponendo al Leone di Trieste la propria partecipazione azionaria in cambio della controllata specializzata nel settore del risparmio gestito. L’operazione, annunciata attraverso una nota ufficiale, comporta per Mediobanca la cessione della sua quota in Generali e un simultaneo investimento in Banca Generali per un valore complessivo di 6,3 miliardi di euro.

Evoluzione del rapporto tra Mediobanca e Generali

Secondo quanto precisato da Piazzetta Cuccia, questa mossa rappresenta un cambiamento strategico nei rapporti tra Mediobanca e Generali: da un semplice legame finanziario si passa a una “forte partnership industriale”, segnando una nuova fase di collaborazione tra i due gruppi.

Obiettivo: la leadership nel Wealth Management

L’operazione permetterà a Mediobanca di rafforzare notevolmente la propria presenza nel settore del Wealth Management. Una volta completata l’aggregazione, il gruppo potrà contare su attivi in gestione pari a 210 miliardi di euro, ricavi per circa 2 miliardi e una capacità di crescita stimata in oltre 15 miliardi annui. Un passo decisivo che conferma la volontà di Mediobanca di posizionarsi come leader di mercato in un settore strategico e in forte espansione.

Continua a leggere

Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

Pubblicato

del

In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

Continua a leggere

Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

Pubblicato

del

Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto