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Cronache

Le Olimpiadi quotidiane di una mamma napoletana per uscire dal palazzo in cui vive col suo bambino finiscono in Tribunale

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Le chiamiamo barriere architettoniche. Ed ogni qualvolta ne parliamo, ce ne occupiamo come se fossero ostacoli insormontabili per un normale e civile modo di vivere. Spesso se ne parla quando si impedisce a chi ha delle disabilità di poter vivere normalmente, senza dover partecipare quotidianamente ad una sorta di olimpiadi della normalità per salire su un mezzo pubblico, entrare in un ufficio pubblico, camminare per strada senza dover superare ostacoli come auto, marciapiedi alti. E potremmo andare avanti all’infinito. Bene, non dimentichiamoci che queste pesanti limitazioni, privazioni incivili cui sottoponiamo i nostri parenti, amici, familiari disabili, sono le stesse che patiscono quotidianamente le mamme che hanno la responsabilità di far crescere i figli appena messi al mondo. Quello che vi mostriamo è il caso di una mamma napoletana che non può entrare ed uscire da casa sua normalmente perchè la via d’accesso primaria al palazzo in cui risiede è fatta di gradini (e non si può da soli tenere un neonato in braccio e sobbarcarsi il peso di alzare una carrozzina per attraversare una piccola rampa di scale), la via secondaria, chiamiamola quella di servizio, quella laterale, è invece o chiusa a chiavi con un cancello oppure è bloccata da un muro di auto.

Guardate queste immagini che sono state filmate dal papà e dalla mamma del bambino che per uscire di casa (e per rientrare) si sottopongono ad tour de force pazzesco. Ogni volta è così. Per fare una passeggiata bisogna chiamare i vigili del fuoco se ci sono le auto parcheggiate che impediscono l’ingresso dall’uscita di servizio del palazzo. E se anche l’ingresso principale è ostruito da qualche ostacolo, allora bisogna aspettare che vigili urbani o vigili del fuco lo rimuovano. .

Che cosa fare per poter finalmente entrare ed uscire da casa propria, consentire ad un bambino con la mamma di andare a fare una passeggiata? Chiedere al condominio tutela. E così ha fatto il papà del bambino, un avvocato. Ha scritto al condominio, ha mostrato dei video, ha mandato foto, ha spiegato i fatti, ha chiesto di poter agire tutti assieme per liberare gli ingressi al palazzo non solo per il suo bambino ma anche per gli altri bambini che vivono nella stesso palazzo. Va da sè che le barriere mostrate sono invalicabili anche per chi ha una qualche disabilità o per una persona anziana. E sono pericolose in caso di interventi d’urgenza, nella sciagurata ipotesi fosse necessario un accesso veloce  per spegnere un incendio o per agevolare un trasporto di un infermo dal palazzo. Purtroppo il condominio s’è dichiarato non competente rispetto alle questioni sollevate dal papà che vorrebbe solo far uscire normalmente la carrozzina col suo bambino dal palazzo. Se ne riparla a settembre, non è urgente, perchè in questo momento non si può fare una riunione di condominio causa rischio covid. E allora? E allora questo papà, con casa in un condominio signorile del quartiere Vomero di Napoli, non ha avuto altra strada che adire le vie legali. Dunque, un normale adempimento di civiltà ovvero agevolare ingresso e uscita dal palazzo, eliminare barriere architettoniche che tengono sequestrato in casa un bimbo, diventa una vertenza giudiziaria. Anche questo è il segno della sconfitta della civiltà. Perchè forse quel papà non avrebbe mai dovuto occuparsi di una questione che a qualunque alta latitudine è normale. In quel palazzo di Napoli, la Napoli bene, così la chiamano, per far entrare ed uscire una carrozzina, non sequestrare in casa un neonato e la mamma, bisogna chiedere aiuto ad un giudice. Intanto le barriere restano, i problemi restano, i rapporti condominiale si guastano, la civiltà dei rapporti tra persona si trasferisce in un Tribunale e diventano un contenzioso.

Abbiamo omesso i nomi dei protagonisti di questa vicenda perchè sono importanti i fatti. E purtroppo fatti come quelli che abbiamo narrato non sono isolati. Anzi, sono troppi.

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Ferito da un colpo di pistola, 14enne in ospedale all’Aquila

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Un ragazzo di 14 anni è finito in ospedale, all’Aquila, dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola. Il giovane ha una ferita da arma da fuoco alla gamba ed è stato sottoposto ad un intervento chirurgico; le sue condizioni non destano preoccupazione. Poco chiara al momento la dinamica dei fatti, che sono avvenuti attorno alle 18 in località Cese di Preturo. Il ragazzo, ricostruiscono i media locali, avrebbe raccontato che, mentre era con degli amici, da un’automobile, sembra un’Audi nera, che li ha affiancati, sarebbe partito un colpo di pistola. E’ stato lo stesso 14enne, una volta tornato a casa, a raccontare quanto accaduto alla madre, che poi lo ha accompagnato in ospedale. Sull’episodio e sulla versione fornita dal ragazzo sono in corso indagini da parte della polizia.

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Blackout ferma anche il tennis a Madrid ma Arnaldi passa

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Anche il torneo di tennis di Madrid si è dovuto arrendere al black out che ha colpito poco dopo le 12.30 di oggi ma l’intera penisola iberica e parte del Sud della Francia. Dopo sole tre partite giocate, il programma è stato sospeso in attesa di un ritorno dell’energia elettrica, lasciando giocatori e pubblico in un limbo fatto di attesa e incertezza, un po’ come in una stazione o in un aeroporto per uno sciopero improvviso. Intorno alle 16.30, gli organizzatori hanno infine deciso di cancellare tutti gli incontri ancora da disputare, nel pomeriggio e in serata, per motivi tecnici e di sicurezza, scombinando i programmi di tante stelle della racchetta già stressate, anche se lautamente ricompensate, dai ritmi infernali del circuito.

Una delle poche eccezioni ha riguardato Matteo Arnaldi. L’azzurro stava portando a casa il secondo set contro il bosniaco Damir Dzumhur quando si sono spenti i tabelloni e tutte le apparecchiature a servizio del match. I due giocatori sono rimasti interdetti e la partita è stata sospesa ma quello che sembrava un inconveniente localizzato alla Caja Magica, sede del torneo, si è rivelato un problema di ben altra dimensione. L’azzurro ha però potuto in qualche modo finire opera, battendo il rivale per 6-3, 6-4 per accedere agli ottavi di finale, ma della sua vittoria non resterà traccia se non nella memoria dei due protagonisti e dello scarso pubblico presente, perchè tutto era andato in tilt. Nel primo set, Arnaldi e Dzumhur hanno faticato mezz’ora per completare i primi sei game, poi l’italiano ha fatto il break per chiudere 6-4.

Nel secondo, Arnaldi non si è fatto distrarre dall’interruzione, guadagnando la sua prima volta agli ottavo in un Masters 1000 e anche qualche ora di riposo in più rispetto al prossimo avversario, che sarà uno tra lo statunitense Tiafoe e il francese Muller. Non è andata altrettanto bene al bulgaro Grigor Dimitrov, che stava avendo la meglio sul britannico Jacob Fearnley: lo stop energetico ha lasciato una telecamera pericolosamente sospesa sul centro del campo, obbligando a sospendere definitivamente l’incontro. Dopo qualche ora di attesa, i giocatori che dovevano scendere in campo hanno avuto la notifica della cancellazione del programma e tra loro ci sono Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti, che domani, si presume, dovranno affrontare rispettivamente il britannico Jack Draper e il greco Stefanos Tsitsipas. Nel torneo Wta 1000 hanno potuto completare la partita la statunitense Coco Gauff, che ha battuto la svizzera Belinda Bencic, e la sua prossima avversaria, la russa Mirra Andreeva, che ha eliminato l’ucraina Yuliia Starodubtseva. Tutto rinviato invece per la n.1 e la n.2 al mondo, la bielorussa Aryna Sabalenka e la polacca Iga Swiatek, che è la campionessa uscente. (ANSA). 2025-04-28T18:10:00+02:00 RI ANSA per CAMERA04 NS055 NS055

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Prete indagato a Bari, su auto tracce di sangue: è indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso

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Le tracce presenti sull’auto di don Nicola D’Onghia, il 54enne sacerdote indagato a Bari per omicidio stradale e omissione di soccorso nel caso della morte della 32enne Fabiana Chiarappa, erano di sangue. Lo dimostrano i primi risultati degli accertamenti svolti sulla Fiat Bravo del prete nei giorni successivi all’incidente. Ora, per gli inquirenti, resta intanto da capire se quel sangue sia quello della 32enne, rugbista e soccorritrice del 118, ma soprattutto se il possibile impatto tra la auto del sacerdote e Chiarappa abbia causato la morte della giovane o se questa, invece, sia avvenuta prima.

Secondo quanto ricostruito finora, la sera del 2 aprile Chiarappa era in sella alla sua moto Suzuki sulla provinciale 172 che collega i comuni di Turi e Putignano quando, per cause ancora da chiarire, avrebbe perso il controllo del mezzo e sarebbe finita fuori strada, colpendo anche un muretto a secco. Compito della pm Ileana Ramundo, che coordina le indagini dei carabinieri, è ora quello di capire – anche grazie ai risultati dell’autopsia, il cui deposito è previsto tra oltre un mese – cosa effettivamente abbia causato la morte della 32enne, se lo schianto contro il muretto o il successivo impatto con l’auto.

Il parroco, agli inquirenti, ha raccontato come quella sera, mentre percorreva quella strada, ha avvertito un rumore provenire dal pianale della propria auto (“come se avessi colpito una pietra”) ma di non essersi accorto né della moto né della ragazza, anche a causa del buio. Poco dopo aver sentito il rumore, intorno alle 20.30, si è quindi fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all’auto, prima di rimettersi in macchina e tornare verso casa. Il parroco ha detto di aver appreso dell’incidente dalla stampa il giorno dopo e per questo, dopo aver consultato i propri legali (è assistito dagli avvocati Vita Mansueto e Federico Straziota), ha deciso di raccontare il tutto ai carabinieri.

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