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Economia

Le medie imprese crescono, nodo capitale umano

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Le medie imprese italiane sono più dinamiche e capaci di reagire meglio alle crisi rispetto alle grandi. Dopo aver registrato una crescita del fatturato a doppia cifra nel 2022 (+15%) non si fermano e quest’anno faranno ancora un passo avanti, seppur a un ritmo più contenuto (+3,5%). Per non bloccarsi o indietreggiare gioca un ruolo centrale il capitale umano e le aziende ne sono consapevoli tanto che una su due si dice favorevole ad aumentare gli stipendi per trattenere i talenti. E’ quanto emerge dal rapporto dell’area studi Mediobanca insieme a Unioncamere e al centro Tagliacarne che scatta una fotografia delle 3.660 imprese manifatturiere a controllo familiare con un fatturato compreso tra 17 e 370 milioni di euro e una forza lavoro fra i 50 e i 499 addetti.

Si tratta di un ecosistema che nel 2021 ha realizzato vendite aggregate per 184,1 miliardi con oltre 523.000 dipendenti. Dai sondaggi realizzati nel rapporto risulta poi che le più ottimiste sono le aziende che investono nella digitalizzazione e nel green. Il 34% di quelle che prevedono una crescita del fatturato nel 2023-2025 punterà infatti sulla duplice transizione, contro il 30% che non lo farà. La quota sale al 46% quando gli investimenti in digitale e green si abbinano alla formazione dei dipendenti, il cosiddetto capitale umano. In quest’ottica, circa la metà delle imprese si è attivata o intende attivarsi sui programmi del Pnrr ma la burocrazia è percepita come il principale ostacolo per l’altra metà, che non pensa di avvalersi del piano.

“Il capitale umano premia le imprese che lo sanno reperire, trattenere e coltivare, massimizzandone la soddisfazione e quindi il rendimento” ha sintetizzato Gabriele Barbaresco, direttore dell’area studi Mediobanca. Il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, ha sottolineato che “puntare sulla formazione è strategico anche per rispondere alla crescente difficoltà di reperimento di figure professionali con le skill adeguate che interessa quasi la metà delle ricerche e per abbattere quelle barriere culturali che oggi rischiano di frenare gli investimenti nella twin transition. Ma per questo è indispensabile snellire pure la burocrazia che frena un’ampia platea di imprese a sfruttare i vantaggi del Pnrr”.

Un ricetta l’ha trovata Caffo 1925, l’azienda calabrese dell’Amaro del Capo, che opera in un contesto che il suo amministratore delegato Sebastiano Caffo ha definisce “un deserto” anche per l’offerta formativa. “Non siamo in un distretto, non ci sono aziende concorrenti alle quali prendere i migliori talenti e le scuole agricole sono considerate non di serie B o C ma di serie D. Quindi i nostri dipendenti sono formati internamente, spesso sono figli subentrati ai genitori pensionati”.

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Françoise Bettencourt Meyers lascia il consiglio di L’Oréal

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Dopo quasi 30 anni, Françoise Bettencourt Meyers (foto Imagoeconomica) lascia il consiglio di amministrazione di L’Oréal, pur mantenendo la presidenza della holding familiare Tethys, primo azionista del gruppo. Al suo posto nel board entrerà un altro rappresentante di Tethys, mentre il ruolo di vicepresidente sarà assunto dal figlio Jean-Victor Meyers, 38 anni. Françoise Bettencourt Meyers, 71 anni, è l’unica erede diretta del fondatore di L’Oréal, Eugène Schueller.

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Cambio ai vertici di Engineering: Aldo Bisio nuovo amministratore delegato

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Cambio della guardia al vertice di Engineering, multinazionale specializzata nella trasformazione digitale. Maximo Ibarra (foto Imagoeconomica sotto) ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato con effetto immediato. Al suo posto, il consiglio di amministrazione della società – controllata dai fondi Bain e Renaissance – ha nominato Aldo Bisio (foto Imagoeconomica in evidenza), ex numero uno di Vodafone Italia dal 2014 al 2024.

MAXIMO IBARRA EX AD ENGINEERING

Prima della sua lunga esperienza in Vodafone, Bisio ha ricoperto incarichi di rilievo in Ariston Thermo e in McKinsey. Attualmente siede anche nel board di Coesia, produttore globale di soluzioni industriali per l’imballaggio.

Il bilancio della gestione Ibarra

Maximo Ibarra lascia Engineering dopo quasi quattro anni di gestione che hanno visto la società crescere significativamente: circa 14.000 dipendenti, oltre 80 sedi tra Europa, Stati Uniti e Sud America, con un fatturato che ha raggiunto quasi 1,8 miliardi di euro, generato da oltre 70 società controllate in 21 Paesi.

«Negli ultimi mesi ho maturato la volontà di prendermi del tempo per valutare nuovi progetti professionali», ha dichiarato Ibarra, aggiungendo che resterà disponibile fino al prossimo 1° settembre per garantire un efficace passaggio di consegne e che continuerà a essere investitore nella società.

La sfida per Bisio: crescita e nuove operazioni strategiche

Il presidente di Engineering, Gaetano Micciché, ha ringraziato Ibarra per il lavoro svolto ed espresso fiducia nella capacità di Bisio di guidare l’azienda verso una nuova fase di sviluppo e innovazione.

Tra i primi dossier sul tavolo del nuovo amministratore delegato c’è la valutazione sulla vendita di Municipia, società del gruppo attiva nei servizi ai Comuni. Engineering ha incaricato Klecha di esplorare il mercato alla ricerca di investitori interessati, con una valutazione che si aggira intorno ai 250 milioni di euro.

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Wsj, Trump verso un alleggerimento dei dazi sulle auto

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Donald Trump intende attenuare l’impatto dei dazi sulle auto prodotte all’estero, impedendo che si accumulino ad altre tariffe dazi da lui imposte e alleggerendo alcuni dazi sui componenti esteri utilizzati per la produzione di veicoli negli Usa. Lo scrive il Wall Street Journal citano una persona a conoscenza del dossier. In base a questa mossa, le case automobilistiche che pagano i dazi di settore non saranno soggette anche ad altri dazi, come quelli su acciaio e alluminio. La decisione sarebbe retroattiva, hanno affermato le fonti, il che significa che le case auto potrebbero essere rimborsate per tali tariffe già pagate.

Il dazio del 25% sulle auto finite prodotte all’estero è entrato in vigore all’inizio di questo mese. L’amministrazione Usa, sempre secondo il Wsj, modificherà anche i dazi sui ricambi delle auto estere – previsti al 25% e in vigore dal 3 maggio -, consentendo alle case automobilistiche di ottenere un rimborso per tali dazi fino a un importo pari al 3,75% del valore di un’auto prodotta negli Stati Uniti per un anno. Il rimborso scenderebbe al 2,75% del valore dell’auto nel secondo anno, per poi essere gradualmente eliminato del tutto. Si prevede che Trump adotti queste misure in vista di un viaggio in Michigan per un comizio alla periferia di Detroit martedì sera, in occasione dei suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca. Le misure mirano a dare alle case automobilistiche il tempo di riportare le catene di approvvigionamento dei componenti negli Usa e rappresenterebbero probabilmente un significativo impulso per le case automobilistiche nel breve termine, ha affermato una fonte a conoscenza della decisione. Le case auto dovranno presentare domanda di rimborso al governo, ma non è immediatamente chiaro da dove arriveranno questi fondi.

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