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Cronache

L’agricoltura, le strade, il turismo. La mappa dei danni

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Se nelle vie e nelle piazze accarezzate dal sole tornato a fare capolino non si ferma lo sciame incessante dei volontari – i ‘burdel de paciug’, versione romagnola degli ‘angeli del fango’ – a spazzare via la melma a badilate, dietro le scrivanie si inizia a ragionare sul conto dei danni lasciati da una alluvione che ha inciso la carne viva di un tessuto economico abituato a far correre il Pil regionale e del Paese e costretto ora a misurarsi con una voragine finanziaria ancora difficile da quantificare. Sono coinvolti circa cento Comuni, 43 colpiti dalle alluvioni, 53 dalle frane in montagna e collina, e nell’area intorno a Ravenna sono più di 3.000 gli edifici interessati dall’alluvione, stando ai dati raccolti dal Rapid Mapping Team del Copernicus Emergency Management, il servizio europeo che si attiva in caso di disastri o emergenze. Dopo le piogge del 2 e del 3 maggio la stima del disagio economico avanzata dalla Regione era stata all’incirca di un miliardo di euro. Ora si parla genericamente di diversi miliardi.

Non meno di 5-6, ha provato a inquadrare nei giorni scorsi la vicepresidente dell’Emilia-Romagna, Irene Priolo. Dalle strade e le infrastrutture, ai siti produttivi, dalle abitazioni private, alle attività turistiche, all’agricoltura e all’ortofrutta, motore immobile della Romagna e del suo export mondiale. Proprio su questo fronte l’alluvione ha devastato – secondo i numeri messi in fila dalla Coldiretti – oltre 5.000 aziende agricole e allevamenti pesando su un’area, quella della Romagna, in cui la produzione lorda vendibile è pari a circa 1,5 miliardi all’anno. Cifre da capogiro che rischiano di essere conteggiate per difetto visto che si moltiplicano “lungo la filiera grazie ad un indotto d’avanguardia, privato e cooperativo, nella trasformazione e distribuzione alimentare che – avverte la stessa Coldiretti – è stato fortemente compromesso”. Difficile quantificare con precisione i danni quando l’acqua che ha invaso i campi ha decretato la perdita di 400 milioni di chili di grano in una zona dove si ottiene circa 1/3 del grano tenero nazionale e dove, lancia l’allarme la Confagricoltura regionale, almeno 10 milioni di piante da frutto sono state irrimediabilmente danneggiate e dovranno essere estirpate.

Senza contare, rilancia Coldiretti, le sofferenze per 250.000 bovini, maiali, pecore e capre allevati nelle stalle della Romagna dove si contano anche circa 400 allevamenti avicoli e il rischio di perdere nell’intera filiera almeno 50.000 posti di lavoro anche a causa dei costi arrecati da esondazioni e frane a strade e infrastrutture che innervano il tessuto produttivo. Secondo la Regione, ma le verifiche rischiano di essere obsolete da un giorno all’altro, è di almeno almeno 620 milioni il costo delle infrastrutture dell’Emilia-Romagna, tra rete stradale sgretolata dalle frane in Appennino e ferrovie interrotte. Difficile se non impossibile, al momento, indicare numeri certi per i danni subiti dalle abitazioni e dalle aziende: solo sul fronte cooperativo, sono oltre cento – secondo i dati di Legacoop Romagna – le imprese coinvolte cui vanno aggiunte le imprese di ogni ordine e grado disseminate su un territorio che, ha osservato nei giorni scorsi l’assessore regionale allo Sviluppo Economico e Lavoro, Vincenzo Colla “è un asset di export eccezionale per il Paese, da 10 miliardi all’anno”. Punto ancora interrogativo, infine, sul Turismo.

La Riviera Romagnola relativamente risparmiata dal maltempo, è già pronta ad affrontare la stagione ormai alle porte. Trattenendo il respiro per le prime disdette delle prenotazioni ma anche con il primo responso di un fine settimana di sole che ha visto tanti scendere in Riviera. Ripulito a tempo di record l’arenile tutto è tirato a lucido per la partenza dell’estate pensando anche una campagna di comunicazione con Enit e ministero per sostenerla. E in questa devastazione la solidarietà è una bussola. I comuni già colpiti dal sisma ora adottano quelli colpiti dall’alluvione in gemellaggi di ricostruzione: Carpi con Faenza, Castelfranco ha scelto Lugo, Ravarino e Nonantola hanno optato per Imola.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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