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Economia

L’affare dei diritti tv, non c’è accordo: i club di Serie A pronti a fare causa a Sky e a Dazn

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La Serie A vuole ripartire. Bene. Il ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora non ha nulla in contrario ma vuole garanzie precise sul protocollo sanitario da adottare per la salute degli atleti e di tutti i lavoratorio intorno al calcio. Dunque è questione di salute. Questione sanitaria legata alla epidemia virale in atto nel mondo. Nessun di quelli che strepitano o si accapigliano pensano alla salute, sono focalizzati sull’affare dei diritti tv del calcio. Qui il calcio, lo sport, la salute non c’entrano niente.  Quello manda in tilt coloro che oggi parlano di calcio sono i timori di non riuscire a completare il campionato. E se così fosse le ripercussioni economiche derivanti, in particolare, dalla gestione dei diritti televisivi e dei ricavi, sono questioni serie.

Vincenzo Spadafora. Ministro dello Sport

In Europa le notizie contrastanti. La Premier League si prepara a riprendere. Si tratta dell’industria più ricca del mondo del calcio che non ha il problema di anticipare in banca gli incassi tv, né in parte quello della responsabilità oggettiva in caso di contagio di giocatori e staff. In Spagna il Governo ha concesso che ci si potrà allenare dal 4 maggio individualmente e dall’11 in gruppo. La Francia ha annunciato che “la stagione agonistica degli sport professionistici, e quella del calcio, non potrà riprendere”. Sono tutte misure che potrebbero essere riviste. Anche l’entusiasmo inglese, come le misure del governo spagnolo sembra troppo entusiastici.

Premier League. la situazione in Uk sembra fluida, il campionato dovrebbe essere portato a termine ma…

In Italia i vertici della Serie A hanno in animo di saltare Figc e il ministro dello Sport e scrivere direttamente al Premier Giuseppe Conte. Una lettera privata o una lettera pubblicata sui media. Una lettera per fare che cosa? Per chiedere al presidente Conte una decisione chiara sulla ripresa del campionato entro l’ ultima data utile del 13/14 giugno (dato che la Uefa ha imposto la chiusura della stagione 2019/20 entro il 2 agosto).

Nel frattempo che tutto ciò accada e mentre si prova a capire quale strada intraprendere senza offendere il ministro Spadafora e i vertici della Figc, tiene banco, sotto banco, la trattativa sui pagamenti dei diritti tv da parte dei licenziatari per questa fine stagione (Sky e Dazn devono pagare una rata di 233 milioni di euro). I titolari dei diritti tv per il triennio 2018/21 vorrebbero evitare strascichi giudiziari. Sky, Dazn e Img (l’agenzia Usa che detiene i diritti per l’estero) hanno finora saldato cinque rate su sei per la stagione 2019/20 per oltre 1 miliardo (su un totale di 1,4). Il 1° maggio scade l’ ultima tranche da circa 233 milioni.

La Lega non vuole perdite di tempo. Il contratto firmato da Sky, Dazn e Img è per la Lega di serie A l’unico strumento al quale attenersi. Il contratto va rispettato. Alcune minacce fatte trapelare da Sky di non pagare il dovuto, hanno fatto sapere in Lega, sarebbe un atto unilaterale che determinerebbe un contenzioso giudiziario che vedrebbe la società americana soccombente perchè il blocco del torneo non dipende dalle società della Lega di serie A. I 20 club hanno dichiarato all’unanimità che sono pronti a giocare e sempre all’unanimità hanno chiesto l’integrale pagamento del dovuto per questa stagione e la prossima. Un decreto governativo che imponesse lo stop definitivo al calcio per forza maggiore rafforzerebbe la loro posizione.

I lobbisti di  Sky lavorano ai fianchi, nell’oscurità, i club. Sky si è detta disposta a pagare il dovuto a maggio, ma ha chiesto uno sconto di 120 milioni per la prossima stagione (pari al 15%, ma potrebbe salire fino al 18%), che già si profila più contratta.

La Lega di serie A ha fatto sapere a Sky che vuole fino all’ultimo centesimo, come da contratto. Dazn che non sta attraversando un periodo brillante con lo stop internazionale allo sport ha chiesto alla Lega di Serie A una dilazione sui prossimi pagamenti. Su questa richiesta i presidenti dei club non sono d’accordo. Per il primo maggio vogliono l’integrale pagamento dei 233 milioni dell’ultima rata.  Img, invece, ha chiesto di posticipare di 2 mesi le attuali scadenze ovvero pagare l’ultima rata il primo luglio.

Possibile che la questione dei diritti tv finisca in Tribunale? Sì, possibile.  Sky, Dazn e Img hanno acquisito il diritto di trasmettere 380 partite a stagione. Ciò vuol dire che se si giocasse solo in parte il residuo dell’attuale annata si potrebbe porre la questione della restituzione di una quota di quanto già versato. C’è allora l’ipotesi di convertite le restanti 124 gare in un play-off. La proposta del presidente Figc Gabriele Gravina che non dispiace alla Uefa viene scartata dai club. Perchè? Perchè se così fosse, i club sarebbero costretti a corrispondere per intero gli ingaggi ai calciatori a fronte di minori entrate tv e zero incassi perchè le partite sarebbero a porte chiuse.

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80 anni di Confcommercio,’protagonisti del divenire Italia’

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Confcommercio compie 80 anni, “un traguardo significativo che testimonia il ruolo e l’impegno della Confederazione nel sostenere lo sviluppo economico e sociale del Paese”, sottolinea l’associazione. Diverse le iniziative per questo importante compleanno, in primis la mostra che viene inaugurata alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “Ricordare il futuro”. L’esposizione vuole rappresentare e ripercorrere, con un racconto visivo e narrativo, la storia e l’identità associativa della Confederazione attraverso le conquiste e le trasformazioni che ne hanno segnato il cammino insieme a quello delle imprese del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti, della cultura e delle professioni. Un archivio storico di Confcommercio con un patrimonio di documenti, immagini, oggetti e testimonianze che ripercorre l’evoluzione della Confederazione e del tessuto economico e imprenditoriale del Paese.

Sempre all’Auditorium Parco della Musica, un concerto di Fiorella Mannoia. Con l’avvio dell’evento inaugurale parte anche la campagna social di Confcommercio “Persone, imprese, comunità. 80 anni di idee, progetti e impegno” che raccoglie storie di eccellenza e di ordinaria grandezza dei settori rappresentati su tutto il territorio nazionale. #confcommerciocè, #socioconfcommercio.

“Il 29 aprile 1945 cominciava così – dalla libertà d’intraprendere e dalla volontà di ripartire – quella “storia di popolo” chiamata Confcommercio”, dice il presidente, Carlo Sangalli. Anni da “protagonisti del divenire d’Italia”, fino ad arrivare oggi “a questo ottantesimo compleanno con la responsabilità e l’orgoglio di rappresentare la parte maggioritaria delle imprese italiane, quel terziario di mercato, che sostiene gran parte dell’occupazione e alimenta innovazione e sviluppo”, “consapevoli di rappresentare un modello di vita e di lavoro che dà forma alle nostre città e alle qualità del vivere comune”. Confcommercio, conclude il presidente si sente “parte responsabile del bene comune, costruttori di comunità, tassello indispensabile della storia del Paese. Della sua storia, e anche del suo futuro”.

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Il costo dei dazi nei prezzi Amazon, scontro Trump-Bezos

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La guerra dei dazi fa salire la tensione fra Donald Trump e Jeff Bezos. Mentre Amazon lancia la sfida a Starlink mandando in orbita il suo primo lotto di satelliti internet, la Casa Bianca critica duramente il colosso delle vendite online per essere pronto – secondo le indiscrezioni di Punchbowl – a evidenziare nei prezzi dei suoi prodotti l’impatto dei dazi. “E’ un atto politico e un atto ostile”, ha detto senza mezzi termini la portavoce Karoline Leavitt, chiedendosi come mai la società non lo abbia fatto “quando l’amministrazione Biden ha fatto salire l’inflazione ai massimi da 40 anni”.

Le pesanti critiche sono state seguite dalla smentita di Amazon. “Il team che gestisce il nostro negozio ultra low cost Amazon Haul ha preso in considerazione l’idea di indicare i costi di importazione su alcuni prodotti. Ipotesi che non è mai stata approvata e non verrà attuata”, ha detto un portavoce sottolineando l’idea “non è mai stata presa in considerazione per il sito maggiore di Amazon”. La spiegazione di Amazon, secondo quanto riportato da Cnn, sarebbe stata preceduta dalla telefonata ‘frustrata’ di Trump a Bezos, il miliardario in prima fila al giuramento del presidente insieme alla sua futura moglie Lauren Sanchez. Una telefonata confermata dal presidente: “E’ stato fantastico, ha risolto il problema molto rapidamente e ha fatto la cosa giusta. Ho apprezzato”.

I rapporti di Trump e Bezos si erano distesi con il secondo mandato presidenziale: se nei primi quattro anni alla Casa Bianca il tycoon non ha risparmiato critiche al fondatore di Amazon, soprattutto per il suo controllo del Washington Post, ora invece fra i due ci sarebbe un legame vero. Bezos è andato diverse volte a Mar-a-Lago e ha visitato più volte la West Wing della Casa Bianca per incontrare Trump, oltre ad aver messo il bavaglio alla pagina degli editoriali del quotidiano del Watergate, ordinando che si scriva soltanto di “libertà personali e libero mercato”. Per Bezos la posta in gioco è alta considerato che il ‘first buddy’ Elon Musk è il maggiore rivale nella sua corsa allo spazio. Dopo anni di ritardo, Amazon ha finalmente lanciato i suoi satelliti internet del Progetto Kuiper nel tentativo di recuperare il terreno perso con Starlink. Bezos ha investito più di 10 miliardi di dollari nel progetto e intende utilizzare questa rete di satelliti per fornire un accesso a internet ad altissima velocità da ogni angolo del mondo, comprese le aree remote e le zone di guerra o disastrate.

Un’impresa non facile visto lo strapotere spaziale di Musk che, però, rischia di pagare anche con Starlink la sua vicinanza a Trump. Lo scontro (rientrato) fra Trump e Bezos mostra, secondo molti osservatori, il pugno duro della Casa Bianca contro qualsiasi società che metta in dubbio le sue mosse. Se Amazon avesse messo in evidenza l’impatto dei dazi nei prezzi dei suoi prodotti, decine di altre aziende avrebbero seguito la stessa strada per difendere la loro reputazione dalla possibile ira dei consumatori contro i rincari, con il rischio di alimentare le critiche a Trump e minare la sua agenda. Per cercare di attenuarne l’impatto Trump ha firmato un ordine esecutivo per allentare la pressione dei dazi sulle case automobilistiche mentre la Casa Bianca lavora ad accordi commerciali.

“Penso che abbiamo un accordo con l’India”, ha detto il presidente criticando allo stesso tempo al Cina. In un’intervista a Abc di cui sono stati diffusi degli estratti, il presidente ha messo in evidenza che Pechino “merita” tariffe al 145%. “Abbiamo una cornice di intesa con la Corea del Sud. Le trattative vanno bene anche con il Giappone”, ha aggiunto il segretario al Tesoro Scott Bessent. A chi gli chiedeva di come andassero i negoziati con l’Ue, Bessent ha risposto: “Posso rifarmi alle dichiarazioni di Henry Kissinger, ovvero chi chiamo? Alcuni Paesi europei”, come la Francia e l’Italia, “hanno imposto ingiuste tasse sui servizi digitali per i nostri internet provider. Altri Paesi non le hanno. Vogliamo veder queste tasse ingiuste rimosse”.

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Bankitalia, più rischi finanziari con dazi e crypto

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La guerra dei dazi, con l’impatto economico che minaccia la crescita mondiale e con i mercati attraversati da forte instabilità, fa salire i rischi per la stabilità finanziaria globale: il segnale più recente arriva dal crollo della fiducia dei consumatori americani ai minimi dal 2020. E c’è attenzione ai rischi legati all’intenzione dell’amministrazione Trump di utilizzare le ‘stablecoin’ per promuovere il dollaro. E’ lo scenario tratteggiato dal Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia: un termometro che misura ogni sei mesi i rischi sistemici e che, rispetto allo scorso novembre, inevitabilmente ruota attorno alle misure ad alto impatto di Trump e al “notevole aumento dell’incertezza e di tensioni sui mercati finanziari” che ne sono seguiti: previsioni di crescita ulteriormente ridimensionate” dopo i maxi-dazi annunciati il 2 aprile, con una probabilità di recessione negli Usa quest’anno “significativamente aumentata”.

Proprio oggi la fiducia dei consumatori Usa è crollata a 86 punti, mai così bassa dal 2020, mentre il sentiment economico nell’area euro è tornato a scendere. L’Italia, come i partner europei, non è al riparo. “L’alto debito pubblico e la scarsa crescita dell’economia italiana rimangono fattori di vulnerabilità”, si legge nel documento di 49 pagine. I dazi potrebbero far peggiorare la qualità dei prestiti bancari, con le banche italiane più esposte della media europea allo scenario di un calo degli utili delle imprese esportatrici superiore all’1% a causa dei dazi Usa. Nel complesso “i rischi per il sistema finanziario italiano restano comunque moderati”. Le banche sono ben capitalizzate, e vengono in aiuto una bassa disoccupazione; uno spread dei Btp sull’ottovolante con i treasuries Usa, ma più basso che nello scorso autunno; una posizione netta creditrice sull’estero che ha indotto S&P a migliorare il rating, a beneficio dell’interesse estero sui titoli italiani.

Il ‘faro’ di Bankitalia guarda anche a rischi specifici come l’alto numero (119) di incidenti operativi o cibernetici che hanno colpito gli intermediari nel 2024, e gli 85 miliardi di euro di ‘certificates’, strumenti finanziari complessi, nei portafogli italiani di cui quasi due terzi retail: il valore più alto fra i Paesi europei, da tempo all’attenzione di Via Nazionale e Consob. Bankitalia – come la Bce – monitora poi con attenzione i piani sul fronte della finanza digitale dell’amministrazione Trump, da cui arrivano segnali di forte sostegno alle attività crypto e avversione all’euro digitale. Per ora i dazi non hanno fatto altro che indebolire il dollaro, creando addirittura un’opportunità per l’euro sottolineata dal membro del board della Bce Piero Cipollone, a patto di realizzare l’Unione dei risparmi e investimenti e un titolo comune europeo.

Ma ci sono due osservati speciali, il ‘Genius Act’ e lo ‘Stable Act’, due proposte di legge americane tese a promuovere le stablecoin, attività che a fronte di un ‘token’ hanno riserve in valuta, specie dollari. Alcuni economisti ipotizzano che serviranno a irrobustire il ruolo internazionale del dollaro. I rischi, per Bankitalia, arriverebbero se nelle due proposte ci fosse una rottura con i principi globali concordati nel Financial Stability Board e con la normativa più stringente del regolamento europeo Micar. Se dal 10% del mercato crypto attuale le stablecoin arrivassero ad assumere una dimensione sistemica – avverte Bankitalia – potrebbe esserci una “eccezionale domanda di titoli pubblici degli Stati Uniti”, ma in caso di dissesto dell’emittente il rischio è una corsa a liquidare che “provocherebbe tensioni sui mercati dei titoli pubblici americani e ripercussioni su altri comparti del sistema finanziario globale”. Non solo: se nell’area dell’euro si affermassero come sistema di pagamento stablecoin in euro offerti da intermediari Usa, secondo il Rapporto si rischiano “implicazioni anche per il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento e per la stessa sovranità monetaria”.

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