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Esteri

L’aereo del capo dei mercenari russi della Wagner Yevgeny Prigozhin abbattuto dalle forze di difesa della Russia

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Secondo il canale Telegram vicino a Wagner Grey Zone, “il business jet Embraer Legacy 600 con numero di registrazione RA-02795, che apparteneva a Yevgeny Prigozhin, è stato abbattuto dal fuoco della difesa aerea del ministero della Difesa russo”.

“Inizialmente a bordo c’erano sette persone. Prima che l’aereo si schiantasse, i residenti locali hanno ascoltato due raffiche di caratteristiche difese aeree, e ciò è confermato dalle scie di condensazione nel cielo in uno dei video, così come dalle parole di testimoni oculari diretti”, scrive Grey Zone nel messaggio pubblicando alcune immagini e video dell’aereo che cade e dei rottami in fiamme.

La cerchia ristretta di Yevgney Prigozhin non riesce a mettersi in contatto con leui. Lo riporta il media russo Fontanka citando una propria fonte.

Sono otto i corpi finora ritrovati nel luogo della regione russa di Tver, dove si è schiantato il jet privato sul quale si sarebbe trovato Yevgeny Prigozhin. Lo riferiscono fonti dei servizi d’emergenza citati dall’agenzia Ria Novosti.

Ma chi è Yevgeny Prigozhin? Chi è l’uomo che potrebbe essere stato ucciso? Ha pagato con la vita la rivolta contro il Cremlino? Le cronache pietroburghesi raccontano che tutto cominciò da un chioschetto di hot dog. Yevgeny Prigozhin non aveva neanche 30 anni ed era appena uscito di galera. Da quel chiosco la sua fortuna si moltiplicò rapidamente in una serie di ristoranti aperti nella città delle Notti bianche e poi in società di catering per il Cremlino e l’esercito. Così Prigozhin entrò nelle stanze del potere, conquistando il soprannome di ‘chef di Putin’. E costruendo la potente brigata Wagner, braccio armato del presidente russo che, nella sua veste di milizia privata, è intervenuta in Siria, Africa e infine in Ucraina.

Fino alla recente, repentina trasformazione, con lo stesso Prigozhin diventato il nemico numero uno dello zar dopo il tentato ammutinamento del 24 giugno. Nato nella stessa città del presidente russo, San Pietroburgo, nel 1961, Prigozhin aveva nove anni in meno di Putin. Ma le prime fasi della sua vita si svolgono ad anni luce dal Cremlino e sempre sul filo dell’illegalità. Nel 1981, secondo il sito investigativo Meduza, viene arrestato e condannato a 13 anni di carcere per furto e altri crimini. La pena viene ridotta a nove anni e Prigozhin, tornato libero, decide di star lontano dai guai, aprendo con l’aiuto del padre un chiosco di hot dog. Gli affari vanno bene e Prigozhin si dimostra un abile investitore.

Apre un primo ristorante, ‘La vecchia dogana’. Poi un secondo locale, questa volta di lusso, situato su un battello sulla Neva: ‘New Island’. E’ lì che Putin ama portare i suoi illustri ospiti, da Jaques Chirac a George W. Bush. Ma lo chef di Putin non si ferma: apre più società di catering al servizio dei militari e delle mense del potere. E allarga il suo raggio di azione. Istituendo una fabbrica di troll che, secondo gli Usa e l’Occidente, avrebbe interferito pesantemente nelle elezioni americane e in altri Paesi alleati. La creatura più famosa di Prigozhin resta però la brigata Wagner. “Senza pietà , senza vergogna, senza legge”, si legge in una descrizione del New York Times. La Wagner non è inquadrata istituzionalmente nell’esercito russo ma riceve copiosi finanziamenti dal Cremlino. Nel 2018, parlando di Prigozhin in un incontro con Donald Trump, Putin si limitava a descriverlo come “un privato cittadino”.

Il gruppo però, nel frattempo, estende i suoi tentacoli in Medio Oriente, in Libia, nell’Africa sub-sahariana. E in Ucraina. Con l’inizio dell’invasione russa, il 24 febbraio 2022, lo chef di Putin diventa uno dei protagonisti della guerra. In primavera Prigozhin si fa fotografare in mimetica, nel Donbass. Mettendo in chiaro, anche nei confronti del Cremlino, che l’operazione speciale si regge anche sulla Wagner e – a detta del suo fondatore – sui 50mila uomini da lui schierati. A novembre, la Wagner viene inclusa dall’Eurocamera nella lista delle organizzazioni terroristiche. Prigozhin risponde mostrando il suo regalo agli eurodeputati: la custodia di un violino, con dentro un martello insanguinato. Dall’Ucraina i video dello chef di Putin aumentano esponenzialmente, così come la crudezza delle immagini da lui postate.

E anche le sue invettive: prima contro le colombe russe, poi contro i vertici militari, più volte tacciati di incompetenza. A partire dal ministro della Difesa Sergei Shoigu, colpevole a suo dire di aver abbandonato la Wagner sul fronte di Bakhmut senza munizioni né supporto aereo, e perfino di aver bombardato una sua base. E’ l’inizio della fine dell’idillio tra Prigozhin e il Cremlino. La marcia degli ammutinati verso Mosca del 24 giugno segna il punto di non ritorno: da quel giorno, per chi conosce le cose russe, Prigozhin diventa “un morto che cammina”.

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Maradona, nuove rivelazioni dal processo: «Luque vietò l’ingresso ai medici chiamati dalle figlie»

Il chirurgo che seguì Diego negli ultimi giorni avrebbe impedito le valutazioni cliniche dopo l’intervento alla testa.

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Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.

Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»

Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.

«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».

Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»

Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.

«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».

Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica

Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.

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La crociata di Ursula contro ‘i populisti filo-Putin’

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Lontano dalle suggestioni populiste, fermamente contro gli “estremisti di destra e di sinistra che non sono a favore della pace ma sono amici di Putin”, per usare le parole di Ursula Von der Leyen. E’ il Partito popolare europeo che si è ritrovato al Congresso di Valencia forte di una stagione di successi elettorali, a trazione sempre più tedesca, convinto di essere il motore propulsore di un’Europa che vuole rilanciarsi ed essere sempre più protagonista anche fuori dai confini dei 27. L’Europa disegnata dai popolari è un’entità politica capace di difendere i propri interessi nei confronti dell’alleato tradizionale, gli Usa, ma anche in grado di aprirsi nei confronti dei mercati emergenti, dalla Cina all’India, dall’Australia ai Paesi del Mercosur. Impegnata a voltare pagina sul fronte della difesa comune, della crescita e della lotta ai clandestini. L’asse formato da Ursula Von der Leyen, l’applauditissimo cancelliere in pectore Merz e il neo eletto presidente del partito, Manfred Weber tiene banco e dà la linea. “L’Europa è la nostra casa. E la nostra prima missione è proteggere il luogo che tutti chiamiamo casa”, ha sintetizzato Ursula Von der Leyen.

“Abbiamo vinto le ultime europee – ha detto Manfred Weber – grazie all’allargamento della famiglia del Ppe: non sono più conservatori o liberali ma stanno con noi. Il Ppe è il partito dell’Europa, dello stato di diritto. Viktor Orban se ne andrà in pensione e la nuova Ungheria sarà popolare”, ha aggiunto Weber tra gli applausi. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha concordato sulla necessità per l’Unione europea di “voltare pagina”, a partire dalla lotta contro l’eccesiva burocratizzazione legislativa. E soprattutto chiudendo quanto prima la stagione del Green Deal, lasciandosi alle spalle “quella visione di Timmermans e di Greta Thunberg che – ha osservato il leader azzurro – aveva creato una sorta di dea natura, una forma di panteismo che non teneva conto della presenza dell’uomo, facendo perdere decine se non centinaia di migliaia di posti di lavoro”. Dalla pace in Ucraina, alla tensione con Trump sui dazi, dalla lotta contro l’immigrazione clandestina alla partita sulla crescita, il Ppe serra le file sulla responsabilità della leadership europea, consapevole che l’Unione, con i suoi valori e la sua storia, è destinata ad avere un ruolo centrale, in prima fila, nel mondo del futuro. L’Europa a guida popolare lancia poi un monito a Trump: “I mercati globali – ha ammonito Von der Leyen – sono scossi dall’imprevedibile politica tariffaria dell’amministrazione Usa. I loro dazi sul resto del mondo sono ai massimi da un secolo a questa parte. Le tariffe sono come le tasse. Fanno male sia ai consumatori che alle imprese. Non possiamo e non dobbiamo permettere che questo accada”.

Un partito popolare e una Commissione europea che oggi può incassare la discesa in campo di una sua nuova e fondamentale supporter, la Germania a guida Merz, il cui intervento è stato quello più applaudito nella sede della Fiera di Valencia. “Se altri Paesi mettono in discussione la legittimità della difesa dei confini e della sovranità – ha ammonito Merz – noi lotteremo ancora più forte a favore di questi valori”. Molto determinato anche sul dossier difesa: “Dobbiamo lavorare insieme come mai prima, con una sola voce, soprattutto sulla difesa: dobbiamo essere pragmatici nel nuovo progetto. Tutto deve avvenire nella cornice Nato ma dobbiamo essere capaci di difenderci meglio che nel passato”, ha concluso tra gli applausi.

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Tre morti in una sparatoria in Svezia, caccia al killer

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Una sparatoria davanti a un barbiere in pieno centro, tre morti a terra, l’aggressore in fuga. La città universitaria di Uppsala, in Svezia, è sotto shock. Alle 17:04 è scattato l’allarme con molte segnalazioni di spari uditi nel centro abitato a 70 km a nord di Stoccolma. Sul posto sono intervenuti i soccorritori e la polizia e, secondo diverse testimonianze, tre ambulanze si sono allontanate a sirene spiegate. Attorno alle 19:30 la polizia ha dichiarato che le vittime sono tre e di non averle ancora indentificate. “Si indaga per omicidio”, si legge sul sito internet della polizia. Un testimone ha detto al quotidiano Aftonbladet di aver visto un uomo su un monopattino elettrico pochi istanti prima della sparatoria: poi ha sentito gli spari e si è rifugiato in un locale nelle vicinanze.

“Stiamo lavorando a pieno ritmo e abbiamo molto lavoro da fare”, ha dichiarato il portavoce della polizia Magnus Jansson Klarin. Gli agenti confermano che sono giunte segnalazioni di un uomo con una maschera che si è allontanato dalla scena a bordo di un monopattino e che stanno cercando una o più persone. Una grossa area attorno alla scena del crimine è stata transennata mentre in serata era ancora in corso una maxi caccia all’uomo con l’ausilio di un elicottero, droni e diverse unità cinofile. Le ricerche sono ancora più complesse dalla vigilia di Valpurgis, una festività svedese particolarmente sentita nella città universitaria di Uppsala che annualmente si trasforma in un enorme festival studentesco.

Per le strade ci sono dunque più persone del solito ma per la polizia non sarebbero in pericolo: “In questo momento non riteniamo che ci sia un pericolo per il pubblico. Ci tengo a sottolinearlo visto che molte persone sono in giro per i festeggiamenti”, ha aggiunto Jansson Klarin, citato da Aftonbladet. “Questo è avvenuto mentre Uppsala stava iniziando i festeggiamenti di Valborg”, ha dichiarato il ministro della giustizia svedese, Gunnar Strömmer. “Ciò che è successo è estremamente grave. Il ministero di giustizia tiene uno stretto contatto con la polizia e segue con attenzione gli sviluppi” ha aggiunto Strömmer, citato dalla radio pubblica Sveriges Radio. Il quartiere dove è avvenuta la sparatoria è molto tranquillo, un misto di zona residenziale e negozi a poca distanza dalla stazione ferroviaria e non è nota per episodi violenti in passato.

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