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La rete Tlc sarà a controllo pubblico, allarme Pnrr

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La rete sarà a controllo pubblico, dice il ministro Adolfo Urso: è un punto fermo, se poi la strada sarà un’opa di Cdp su Tim o se si faranno scelte diverse è ancora da vedere in un governo che – sottolinea il ministro delle Imprese – “agisce insieme, all’unisono” e deciderà “dopo aver fatto tutte le ricognizioni necessarie”. Intanto sul fronte delle Tlc è un doppio allarme: il primo lo lancia il sottosegretario Alessio Butti che dice aver ereditato, con la delega all’Innovazione, una “situazione imbarazzante” per i ritardi sugli obiettivi del Pnrr che sarà ora “complicato e molto impegnativo” rispettare. Il secondo allarme lo lanciano le aziende all’appuntamento con il Forum dell’Asstel: l’associazione di categoria di Confindustria evidenzia quanto sia poco rassicurante il trend di ricavi in calo a fronte di costi ed investimenti sempre più onerosi. La preoccupazione per “una situazione molto difficile” dell’industria italiana delle Tlc è condivisa dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, Alessio Butti: serve “una strategia nuova e più ambiziosa” che “aiuti innanzitutto le aziende italiane a tornare a crescere”; “cambiare passo” con “una nuova visione per il settore e un modo diverso di lavorare”. Quindi annuncia: “Ho intenzione di convocare, quanto prima, un tavolo con gli a.d. dei principali operatori italiani”. Gli chiederanno misure urgenti. Tutti gli operatori, avverte l’a.d. di Tim, Pietro Labriola, “dichiarano una difficoltà economica: o c’è un virus che ci ha infettati tutti e ci ha reso incapaci di gestire le nostre aziende o c’è un problema strutturale a cui vanno date risposte rapidamente”. Bene i “segnali” e le “dichiarazioni” che arrivano dal Governo ma Labriola avverte: “C’è un tema: non possiamo aspettare il 2024 per alcune cose”; “Non possiamo presentare al mercato finanziario un piano in cui ci sono promesse”, come su costo dell’energia e Iva, sul quale si dice favorevole ad una riduzione. E l’a.d. di Vodafone Italia, Aldo Bisio, dice: “L’abbassamento dell’Iva è così urgente da non dover essere chiesto per il primo gennaio del 2024 ma per il primo gennaio del 2023, perché altrimenti si bloccano gli investimenti”; e serve “accesso al capitale. le aziende non sono più in grado di autofinanziarsi”. Ed anche il presidente di Asstel, Massimo Sarmi, avverte: “Serve una politica industriale dedicata, portando avanti alcune misure già avviate in ambito europeo e integrandone ulteriori, quali ad esempio: l’introduzione di misure strutturali di mitigazione del costo dell’energia, l’Iva ridotta per i servizi digitali, l’adeguamento dei limiti elettromagnetici, la semplificazione amministrativa, l’assegnazione della banda alta 6 GHz e prevedere una partecipazione delle Big Tech agli investimenti”. Sul fronte del Pnrr Alessio Butti non risparmia critiche al precedente esecutivo: “La situazione che ereditiamo è molto più critica rispetto a quanto formalmente emerso. Per il Piano Italia a 1 Giga “l’obiettivo dichiarato nel Pnrr dall’ex ministro Vittorio Colao si è dichiarato purtroppo sbagliato”. “Anche per il Piano Italia 5G, il precedente governo ci lascia una situazione a dir poco imbarazzante”. E con “ritardi macroscopici”, anche “il piano Bul (banda ultralarga) non è in condizioni migliori”. Da Open Fiber l’a.d. Mario Rossetti rassicura: “Il piano c’è, è una priorità aziendale, stiamo facendo molto: spero di poter incontrare il Governo presto per illustrare questo stato di avanzamento”, oggi “stiamo accelerando”. “Ricavi, capex, costi… I numeri non mentono mai”, dice Pietro Labriola del quadro in disequilibrio che emerge dal rapporto sulle Tlc in Italia nel 2021, presentato da Asstel e sindacati di categoria, e curato dal politecnico di Milano: ancora in calo ricavi (-2%) e prezzi (-2,7%), gli investimenti restano molto elevati (7,2 miliardi escluse le licenze), in aumento i costi operativi (+3).

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Doppio McTominay, il Napoli abbatte anche il Torino ed è capolista con 3 punti sull’Inter

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Il Napoli approfitta dello scivolone dell’Inter e si riprende la vetta solitaria della classifica a quattro giornate dalla fine. Gli uomini di Antonio Conte superano 2-0 il Torino nel match del Maradona: decide la doppietta di Scott McTominay.

I padroni di casa partono subito forte, creando grosse difficoltà ai granata prima con un batti e ribatti nell’area avversaria e poi con un errore di Milinkovic-Savic sulla pressione di Lukaku, su cui è decisivo il salvataggio di Maripan. Al 7′ ci pensa il solito Scott McTominay a sbloccare la contesa: lo scozzese si avventa su un cross basso di Anguissa ed infila la sfera alle spalle di Milinkovic-Savic.

Tifosi scozzesi. Presenza fissa al Maradona

All’11’ i ragazzi di Paolo Vanoli provano a reagire con una conclusione di Adams, che però viene successivamente fermato per fuorigioco. Qualche minuto più tardi il Torino si spinge in avanti con l’ex Elmas, il cui tiro viene deviato sui piedi di Biraghi che fallisce il cross. Gli ospiti fanno possesso palla, ma ad andare a segno è ancora il Napoli: al 42′ Scott McTominay realizza la sua personale doppietta, trovando la deviazione vincente sul traversone di Politano.

Nella ripresa la squadra granata cerca di accelerare le operazioni per riaprire la sfida, ma fa fatica a rendersi pericolosa dalle parte di Meret. Nel frattempo Antonio Conte deve fare i conti con gli infortuni di Buongiorno ed Anguissa, che vengono rispettivamente rilevati da Marin e Billing. Quest’ultimo è subito protagonista poiché al 61′ colpisce una clamorosa traversa su cross di Spinazzola. Al 78′ il neo-entrato Karamoh lascia partire un traversone insidioso, ma Olivera è attento e lo prolunga in calcio d’angolo.

Il secondo tempo del Napoli non è affatto fortunato sotto il punto di vista degli infortuni, dato che anche Lobotka accusa qualche problema fisico: lo slovacco viene sostituito a pochi minuti dal termine. Nel finale gli azzurri amministrano il 2-0 e portano a casa una vittoria fondamentale in ottica Scudetto. In virtù di questo successo, infatti, il Napoli torna in testa alla classifica salendo a 74 punti, a +3 sull’Inter. Nel prossimo turno i campani saranno impegnati nella trasferta del Via del Mare contro il Lecce, in programma sabato.

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Esteri

Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Cronache

Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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