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La regina non può muoversi, in Scozia il nuovo premier

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Cio’ che si temeva e’ stato confermato da Buckingham Palace. La regina Elisabetta non ce la fa a muoversi e a sopportare lo strapazzo di un viaggio extra a Londra: sara’ quindi costretta a presiedere dal castello di Balmoral – nel cuore di quella Scozia tanto cara alla dinastia dei Windsor, quanto paradossalmente percorsa da fremiti secessionisti – il passaggio di consegne previsto la settimana prossima fra il primo ministro uscente Boris Johnson e chi gli succedera’ in veste di nuovo leader Tory a Downing Street, quindicesimo capo del governo britannico nei 70 anni di un regno iniziato quando al potere, dietro il portoncino di Number 10, si stagliava ancora la figura d’un certo Winston Churchill. Si tratta della prima rinuncia del genere in sette decenni per la figlia di Giorgio VI, classe 1926, giunta da poco – dopo aver superato nell’ultimo biennio la prova della perdita dell’inseparabile consorte Filippo, quella dei vari lockdown, un rarissimo ricovero lampo in ospedale e persino un contagio da Covid – al traguardo da record del Giubileo di Platino. La nota di palazzo glissa sui motivi di questa decisione. Ma le anticipazioni rimbalzate sui giornali dai giorni scorsi non lasciano dubbi: e’ l’effetto dell’ennesimo stop imposto dai medici di corte, legato presumibilmente a quei problemi di deambulazione che l’anziana monarca aveva confessato in prima persona nei mesi scorsi. Problemi che l’hanno gia’ obbligata “controvoglia” a disertare di recente, fra l’altro, vari appuntamenti istituzionali importanti. Inclusi alcuni eventi delle celebrazioni pubbliche del Giubileo o addirittura l’inaugurazione dell’anno parlamentare 2022/23 a Westminster (con il cosiddetto Queen’s Speech affidato all’inedita lettura dell’eterno erede al trono 73enne Carlo). La modifica dei programmi sull’insediamento di un primo ministro appare in ogni modo ancor piu’ eclatante, dal punto di vista simbolico e non solo; tanto piu’ tenuto conto che solo tre settimane fa era stata comunicata apertamente l’intenzione della sovrana di rientrare da Balmoral – residenza scozzese in cui e’ solita trascorrere un periodo di vacanze estive compreso fra agosto e la fine di settembre – a Londra (o a Windsor) per accogliere le dimissioni formali di Johnson e affidare a la guida del “Suo governo” a chi lo rimpiazzera’ al vertice del partito di maggioranza. Un ripensamento annunciato per ironia del destino nel giorno del 25esimo anniversario della morte di Diana, ‘principessa del popolo’ che a suo tempo rischio’ di rappresentare una sorta di nemesi per Elisabetta II. Ma soprattutto destinato a rinnovare gli interrogativi (se non gli allarmi immediati) sulla salute di Sua Maesta’, lucida a dispetto dell’anagrafe e tuttavia alle prese con qualche fragilita’ inevitabile a 96 anni suonati; o se non altro sull’adeguatezza delle sue condizioni attuali allo svolgimento delle funzioni essenziali richieste a un capo di Stato, al di la’ della tempra ferrea e della volonta’ ripetutamente manifestata di continuare ad assolvere ai propri doveri fino all’ultimo. Mentre fra i segnali raccolti dai media, si moltiplicano le visite irrituali alla matriarca del principe Carlo, quasi coreggente di fatto. Sia come sia, anche il quindicesimo primo ministro dell’era elisabettiana bis avra’ comunque da inchinarsi di fronte a lei per ricevere il mandato. Il calendario prevede una prima tappa il 5 settembre, quando si conoscera’ il risultato del ballottaggio per il dopo-BoJo fra la ministra degli Esteri, Liz Truss, ormai vincitrice annunciata secondo tutte le previsioni, e l’ex cancelliere dello Scacchiere d’origini familiari indiane Rishi Sunak. Martedi’ 6 scatteranno poi le dimissioni effettive di Johnson nella mani della sovrana, con la sua ‘raccomandazione’ sul successore e la convocazione dell’erede per il conferimento dell’incarico. Cerimoniale consumatosi a Buckingham Palace senza eccezioni fin dai tempi della regina Vittoria: salvo che nel 1908, quando Herbert Henry Asquith dovette recarsi a Biarritz, in Francia, dove re Edoardo VII era tenuto a riposo; e, ora, in questo 2022.

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Rubio: serve svolta nei colloqui su Ucraina al più presto

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump deciderà quanto tempo gli Stati Uniti dedicheranno alla risoluzione del conflitto ucraino, quindi una svolta nei negoziati “è necessaria molto presto”. Lo ha affermato a Fox News il segretario di Stato americano Marco Rubio. Le posizioni di Russia e Ucraina “si sono già avvicinate, ma sono ancora lontane l’una dall’altra – ha ricordato – ed è necessaria una svolta molto presto. Allo stesso tempo, ha proseguito Rubio, è necessario accettare il fatto che “l’Ucraina non sarà in grado di riportare la Russia alle posizioni che occupava nel 2014”. La portavoce del Dipartimento di Stato americano, Tammy Bruce, ha dichiarato durante un briefing che gli Stati Uniti restano impegnati a lavorare per risolvere il conflitto, “ma non voleremo in giro per il mondo per mediare negli incontri che si stanno attualmente svolgendo tra le due parti. Ora – ha sottolineato – è il momento per le parti di presentare e sviluppare idee concrete su come porre fine a questo conflitto. Dipenderà da loro”.

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Onu prepara ampia riforma a causa dei vincoli di bilancio

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Le Nazioni Unite stanno valutando una radicale ristrutturazione con la fusione dei team chiave e la ridistribuzione delle risorse. Lo riporta la Reuters sul suo sito, citando un memorandum riservato preparato da un gruppo di lavoro del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres. Il documento propone di indirizzare le decine di agenzie in quattro direzioni principali: pace e sicurezza, questioni umanitarie, sviluppo sostenibile e diritti umani. Tra le misure specifiche figura la fusione delle agenzie operative del Programma Alimentare Mondiale (Wfp), dell’Unicef, dell’Oms e dell’Unhcr in un’unica agenzia umanitaria.

La riforma prevede inoltre la riduzione delle duplicazioni di funzioni e la razionalizzazione del personale, incluso il trasferimento di una parte del personale da Ginevra e New York a città con costi inferiori. L’iniziativa è legata alla crisi finanziaria dell’ONU. Le proposte definitive di ristrutturazione dovranno essere presentate entro il 16 maggio.

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Siria, Israele bombarda zona palazzo presidenziale Damasco

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L’esercito israeliano ha annunciato di aver bombardato la zona del palazzo presidenziale a Damasco, dopo aver minacciato il governo siriano di rappresaglie se non avesse protetto la minoranza drusa. “Gli aerei da guerra hanno colpito la zona intorno al palazzo”, ha scritto l’esercito israeliano su Telegram.

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