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Cronache

La ragnatela di Messina Denaro, caccia ai nuovi complici

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La caccia ai fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro va avanti. Dopo l’arresto, di ieri, della coppia di vivandieri, Emanuele Bonafede e la moglie Lorena Lanceri, accusati di aver ospitato a pranzo e cena per mesi il boss ricercato e di averne protetto la latitanza, oggi sono state perquisite le abitazioni di quattro nuovi indagati: l’imprenditore agricolo Gaspare Ottaviano Accardi, la moglie, Dorotea Alfano, Leonarda Indelicato e Laura Bonafede, figlia dello storico capomafia di Campobello di Mazara filmata mentre, due giorni prima della cattura, parlava con il boss in un supermercato del paese. Per tutti, allo stato, l’accusa è di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. L’imprenditore e la moglie e Indelicato avrebbero più volte e per ore incontrato il capomafia trapanese a casa dei Bonafede. La presenza dei tre nell’appartamento della coppia, mentre c’era l’ex latitante, risulta dalle immagini delle telecamere di sorveglianza di alcuni negozi piazzate vicino alla abitazione dei coniugi anche loro incastrati dalle riprese video.

I filmati, estrapolati dai carabinieri, hanno immortalato l’auto di Messina Denaro vicina alla loro casa, il boss fermo in macchina mentre dà dei pacchetti a Lanceri, che sarebbe stata a lui legata sentimentalmente, e la coppia accertarsi che il padrino entrasse e uscisse indisturbato controllando l’eventuale presenza nella zona delle forze dell’ordine. I militari hanno perquisito le abitazioni dei nuovi indagati e di Laura Bonafede, moglie del mafioso ergastolano Salvatore Gentile, e protagonista di una fitta corrispondenza con Messina Denaro. Intanto in una villetta in contrada Bosco alla Falconeria, nel territorio di Partinico, in provincia di Palermo, è stato trovato morto Armando Palmeri, 62 anni, di Alcamo. Era un pentito di mafia, già uomo di fiducia del boss Vincenzo Milazzo.

E’ stata disposta l’autopsia anche se l’ipotesi più probabile è che sia morto per un infarto. Sul fronte delle indagini su Messina Denaro nn si ferma neppure il lavoro di decifrazione dei pizzini trovati al boss e alla sorella Rosalia, arrestata nei giorni scorsi per associazione mafiosa. Se alcuni nomi scritti nei biglietti come “Fragolone”, che era la stessa Rosalia, “Lesto”, “Diletta” e “Tram” che si riferivano a Lanceri, “Maloverso” a suo marito, e “Cugino” a Laura Bonafede sono stati ormai decriptati, resta ancora il mistero su chi siano “Romena, Depry, Blu, Bagnino”, gli ultimi in codice citati nelle corrispondenze tra il padrino e alcuni suoi fedelissimi. Alcune certezze sulla latitanza del capomafia, però, cominciano a esserci. Matteo Messina Denaro ha vissuto a Campobello di Mazara, ultimo suo nascondiglio, almeno dal 2018.

L’ex latitante ha trascorso nella cittadina del trapanese a pochi chilometri da Castelvetrano, suo paese d’origine, 5 anni. Emerge dalle motivazioni dell’ordinanza con cui i giudici del Riesame di Palermo hanno respinto la richiesta di scarcerazione di Andrea Bonafede, geometra che ha prestato l’identità al boss consentendogli di avere i documenti necessari per sottoporsi alle cure mediche, di acquistare la casa di vicolo San Vito usata come covo e di comprare la Giulietta con cui si spostava. Dalla ordinanza emerge anche che il capomafia, ricercato per 30 anni, e che oltre a presentarsi come Andrea Bonafede usava, come identità di copertura, il nome Francesco Salsi, andava in giro su una moto Bmw enduro. Per i giudici Bonafede avrebbe realizzato “un fascio di condotte di assistenza a tutto tondo alla latitanza del capomafia” per almeno 4 anni. E avrebbe messo a disposizione “se stesso come alias di Messina Denaro consentendogli la libera circolazione nel territorio, gli acquisti per la copertura della latitanza e l’accesso alle cure”. Questa mattina, infine, nel corso dell’udienza davanti al tribunale del Riesame di Palermo i legali di Rosalia Messina Denaro ne hanno chiesto la scarcerazione. I giudici si sono riservati la decisione.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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Italia prima in Ue per vittime amianto, 7 mila in un anno

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La strage dell’amianto continua, 7 mila vittime lo scorso anno in Italia, 60 mila in 10 anni. E il nostro paese, superando Germania e Francia, ha il triste record europeo per decessi da mesotelioma, il male invisibile. Più di 200 mila mila sono i decessi per malattie correlate nel mondo, dati rilevati con preoccupazione dall’Onu che secondo l’Osservatorio Nazionale Amianto possono essere sottostimati perché non considerano gli Stati ‘canaglia’ che omettono di segnalare e registrare i casi di malattia e morte per amianto, e dei decessi per esposizione ambientali. Domani si celebra la giornata per ricordare le vittime di questa sostanza ed Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, riferisce: “Sono stati 7 mila i morti solo nel nostro paese nell’ultimo anno, e il bando globale dell’amianto che semina morte è ancora una utopia. Sono numeri che non appartengono al passato. Sono volti, storie, famiglie spezzate oggi.

Molti non sapevano, altri sono stati ignorati. Troppi sono stati sacrificati nel nome del profitto. Non è più ammissibile che ci governi la lobby dei produttori del minerale killer e che le bonifiche vadano a rilento, nonostante la chiara presa d’atto di tutte le Istituzioni”. Il mesotelioma maligno è un tumore raro che colpisce prevalentemente gli uomini. In Italia rappresenta lo 0,8 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo e lo 0,3 per cento di quelli diagnosticati nelle donne. Il 90 per cento dei mesoteliomi è dovuto all’esposizione ad amianto, materiale utilizzato soprattutto negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Poiché intercorrono di solito alcuni decenni tra l’esposizione e l’eventuale insorgenza del mesotelioma, ci si attende che il numero di diagnosi continuerà a salire nei prossimi anni per raggiungere il picco tra la seconda e la terza decade degli anni Duemila. Tutti i casi di mesotelioma vengono segnalati al Registro nazionale mesoteliomi. L’Italia ha messo al bando l’amianto nel 1992. “Ma l’amianto non ha ancora messo al bando l’Italia – aggiunge Bonanni -. Questa giornata nazionale non è solo memoria. È un grido. Un richiamo alla responsabilità, alla bonifica, alla giustizia per le vittime e alla tutela di chi oggi vive, lavora, studia in luoghi contaminati. In questa giornata, ricordiamo i caduti invisibili dell’amianto. E riaffermiamo un impegno: mai più profitto sulla pelle delle persone. Mai più silenzio. Mai più vittime”.

L’indice di mortalità è di circa il 93% dei casi. Ogni anno ci sono 10mila nuove diagnosi, in prevalenza uomini, per motivi professionali, operai negli stabilimenti o nei siti militari e in particolare nelle regioni a maggior rischio. Lombardia, Piemonte, Liguria e Lazio che rappresentano oltre il 56% dei casi segnalati. Secondo le statistiche dell’Oms sono circa 125 milioni i lavoratori in tutto il mondo ancora esposti alla sostanza cancerogena, e più di 107mila che muoiono ogni anno a causa dell’amianto. Per quanto riguarda l’Italia nel 2024, sono presenti “40 milioni di tonnellate di amianto all’interno di un milione di siti e micrositi, di cui 50mila industriali, e 42 di interesse nazionale.

La situazione è ancora più drammatica – aggiunge l’Osservatorio – in quanto il pericoloso cancerogeno è presente anche negli edifici di 2.500 scuole (stima 2023), all’interno delle quali sono esposti più di 352.000 alunni e 50.000 soggetti del personale docente e non docente. Ancora, 1.500 biblioteche ed edifici culturali compresi almeno 500 ospedali (stima per difetto perché la mappatura Ona è ancora in corso), hanno componenti in amianto nelle strutture e negli impianti tecnici, in particolare termici, elettrici e termoidraulici”.

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