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Salute

La proposta dei geriatri, ospedali con le gambe e senza muri

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Da una parte, “mettere gambe all’ospedale” che non è più in un luogo ma ovunque ci sia bisogno di assistenza, soprattutto per la cura degli anziani cronici e fragili, abbattendo i muri dell’assistenza. Dall’altra parte, mettere al centro la figura del geriatra per una valutazione standardizzata e omogenea dei bisogni clinico-assistenziali dell’anziano in ospedale, sia in termini diagnostici che di interventi di cura per indirizzarlo a casa o in strutture adeguate, come RSA e hospice. Sono queste le proposte degli specialisti della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e della Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio (SIGOT) presentate in una recente audizione al Senato, sul Disegno di Legge 506 sulle politiche in favore delle persone anziane.

“Serve compiere un cambio di paradigma culturale e un salto operativo che la pandemia, semmai ce ne fosse stato bisogno, ha evidenziato con crudele realismo – dichiarano Andrea Ungar, presidente SIGG e il Prof. Alberto Pilotto, presidente SIGOT -. La riorganizzazione di un efficiente sistema di cure domiciliari è una strada obbligata e non più rinviabile per avvicinare l’Italia alle migliori prassi europee e garantire una migliore qualità della vita dei più fragili, allontanandoli il più possibile dall’ospedale – sottolinea Ungar -. Quello che proponiamo è la formula dell’ ‘ospedale senza muri’, un nuovo modello di continuità assistenziale che prevede vere e proprie ‘squadra mobili di pronto intervento’ che portano, nei limiti del possibile, diagnosi e cura dall’ospedale a casa del paziente. Un modello nato a Firenze Il GIROT, Gruppo di Intervento Rapido Ospedale Territorio), in collaborazione tra geriatri ospedalieri e medici di famiglia, che si è rivelato già vincente, riducendo ricoveri e mortalità e che potrebbe diventare lo standard nazionale e rendere effettivamente operativi gli interventi per migliorare la qualità dell’assistenza degli anziani contenuti nel Disegno di Legge Delega”.

Nel quadro di una riforma organica, pragmatica e lungimirante il geriatra dunque può e deve avere un ruolo chiave e guidare la “cabina di regia” nella valutazione in ospedale dei bisogni clinico-assistenziali degli anziani più fragili e complessi e negli interventi di cura e assistenza. “E’ quindi necessaria la presenza costante ed omogenea del geriatra in tutti i reparti, dal pronto soccorso ai reparti internistici fino a quelli chirurgici, per migliorare il dialogo tra ospedale e territorio e indirizzare il paziente tra il ventaglio dei servizi offerti”, affermano Ungar e Pilotto.

Nell’audizione al Senato SIGG e SIGOT hanno sottolineato anche l’importanza di aumentare la presenza dei geriatri nelle Rsa. “La pandemia ha messo in luce la situazione critica in cui versano molte delle 7mila Rsa presenti sul territorio. Basta pensare che il geriatra è presente solo in una Rsa su 10”, sottolinea il presidente SIGG. In aggiunta alla promozione di attività culturali e di associazionismo, la compagnia di un animale domestico potrebbe migliorare il benessere anche mentale dell’anziano. “Tra le strategie opportune per favorire un invecchiamento attivo e in salute, è fondamentale l’uso della valutazione multidimensionale, più volte citata nel DDL, come approccio all’anziano – ha sottolineato il Prof. Pilotto – Su questo la SIGOT insieme alla SIMG e con il supporto metodologico dell’Istituto Superiore di Sanità ha promosso la prima linea guida nazionale, coinvolgendo 25 società scientifiche e professionali”.

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Covid, l’identikit genetico influenza la risposta al vaccino

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La risposta alla vaccinazione contro Covid-19 è influenzata da caratteristiche genetiche individuali, in particolare da alcuni geni associati al complesso maggiore di istocompatibilità, il sistema attraverso cui l’organismo distingue le componenti proprie da quelle estranee. È quanto è emerso dallo studio coordinato dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate (Cnr-Itb) pubblicato sulla rivista Communications Medicine.

“Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale”, osserva Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb che ha guidato lo studio, condotto su 1.351 operatori sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021 Dalla ricerca è emerso che le caratteristiche di una porzione del cromosoma 6 erano legati ai livelli di anticorpi anti-Covid. “In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria”, aggiunge la prima firmataria dello studio Martina Esposito.

“Questi geni – gli stessi che vengono valutati quando si cerca la compatibilità fra donatori di midollo osseo – sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi”. Per i ricercatori, la scoperta potrebbe consentire di “differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili”, conclude Massimo Carella, vice-direttore scientifico della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza, che ha collaborato allo studio.

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Record per raccolta del plasma, ma autosufficienza scende al 62%

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La raccolta di plasma ha raggiunto livelli record nel 2023 in Italia, ma paradossalmente l’autosufficienza di questa componente del sangue è più lontana, a causa dell’aumento della domanda di immunoglobuline. E’ quanto è emerso dalla seconda edizione di “The Supply of Plasma-derived Medicinal Products in the Future of Europe”, il convegno internazionale dedicato al plasma, patrocinato dal ministero della Salute e organizzato dal Centro Nazionale Sangue (Cns), che ha visto a confronto esperti e policy maker, associazioni di donatori e di pazienti ed istituzioni italiane, europee ed internazionali. Secondo i dati ancora preliminari diffusi nel corso del convegno, per quanto riguarda le immunoglobuline, prodotto driver del mercato dei medicinali plasmaderivati, l’Italia nel 2023 ha raggiunto un livello di autosufficienza pari al 62%, inferiore di due punti percentuali all’anno precedente.

L’aspetto paradossale è rappresentato dai dati della raccolta del 2023 che, con i suoi 880mila chili di plasma, frutto delle generose donazioni di circa 1,5 milioni di donatori, ha raggiunto i livelli più alti di sempre per l’Italia. Ad allontanare il nostro Parse dal traguardo strategico dell’autonomia in materia di plasmaderivati è stato un aumento deciso della domanda di immunoglobuline, dai circa 104 grammi ogni mille abitanti del 2022 ai 108 del 2023 (+3,8%). Il dato preliminare è in parte mitigato dall’aumento del livello di autosufficienza in materia di albumina, altro driver del mercato, che è passato dal 72% nel 2022 al 78% nel 2023, grazie anche a un calo della domanda.

L’Italia, che è autosufficiente per quel che riguarda la raccolta di globuli rossi, deve quindi ricorrere al mercato internazionale per sopperire alla domanda di plasmaderivati ed integrare i medicinali, usati anche in terapia salvavita, prodotti a partire dal plasma raccolto a partire da donazioni volontarie, anonime e non remunerate. “La mancata autosufficienza di medicinali plasmaderivati resta un problema strategico per il sistema sanitario nazionale – ha commentato il direttore del Cns, Vincenzo de Angelis -. I dati, per quanto ancora preliminari, confermano la necessità di aumentare la raccolta attraverso azioni di sensibilizzazione rivolte ai possibili nuovi donatori, ma questo non basta. Bisognerà anche razionalizzare la domanda, specie di un prodotto come le immunoglobuline che sta trovando sempre più applicazioni a livello terapeutico. È un obiettivo su cui stiamo già lavorando con tanti partner italiani ed europei, perché il Covid ha dimostrato che, in situazioni particolari e spesso imprevedibili, non sempre il mercato internazionale può rispondere alla domanda dei nostri pazienti”.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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