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Cronache

La morte del piccolo Samuele, convalidato il fermo del domestico di famiglia: l’ho fatto cadere giù e me ne sono andato a mangiare una pizza al rione Sanità

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Il gip di Napoli, Valentina Gallo, ha convalidato il fermo emesso sabato scorso dalla Procura di Napoli nei confronti di Mariano Cannio, 38 anni, accusato dell’omicidio del piccolo Samuele, il bimbo di 4 anni precipitato nel vuoto venerdi’ scorso in via Foria a Napoli. Stamattina, nel corso dell’udienza di convalida, l’uomo ha reso parziali ammissioni riguardo all’accaduto.  “Ad un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone …. giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo…”.

Mariano Cannio. Il presunto assassino reo confesso avrebbe problemi psichici. Ha fatto parziali ammissioni

Si tratta di parole che Cannio riferisce subito dopo essere stato rintracciato dalla Polizia di Stato e condotto davanti agli inquirenti dove ha reso sommarie informazioni circa l’accaduto. Successivamente, ma qualche ora piu’ tardi (poco prima delle 21 di venerdi’ 17 settembre, ndr), in presenza dell’avvocato d’ufficio, Cannio rettifica in parte le sue dichiarazioni introducendo un elemento di novità, quello del ‘capogiro’: “…fuori al balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimita’ della ringhiera, ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perche’ udivo delle voci provenire da sotto a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto”.

Sarebbero queste le parole da brividi  pronunciate da Mariano Cannio, il 38enne accusato dell’omicidio del piccolo Samuele, precipitato nel vuoto venerdì scorso a Napoli, mentre rendeva sommare informazioni alla Polizia Stato che lo aveva fermato. “Sono fuggito a casa e – ha poi aggiunto – sono andato a mangiare una pizza nella Sanità”. Nelle dichiarazioni che ha reso la sera di venerdi’, dopo la nomina del difensore d’ufficio, Mariano Cannio, il 38enne accusato dell’omicidio del piccolo Samuele, afferma poi di avere avuto un capogiro prima di lasciar cadere Samuele nel vuoto: “…fuori al balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimità della ringhiera, ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perch+ udivo delle voci provenire da sotto a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto”. In sede di sommarie informazioni, Cannio riferisce, di avere poi fatto ritorno nella sua abitazione dopo la tragedia: “Mi sono steso sul letto – ha aggiunto – e ho iniziato a pensare a quello che era accaduto, dopo sono sceso e sono andato a un bar in via Duomo ed ho preso un cappuccino e un cornetto, poi sono rientrato a casa dove mi avete trovato”. Il gip Valentina Gallo, che oggi ha convalidato il fermo nei suoi confronti e disposto il carcere per Cannio, ha ravvisato il pericolo di fuga: il 38enne, infatti, non e’ stato rintracciato nella sua abitazione ma in un altro appartamento dove i poliziotti sono riusciti a entrare, ma solo dopo un espediente. Inizialmente, infatti, Cannio ha simulato di non essere presente. Per capire se fosse in casa o meno, dopo avere bussato reiteratamente alla porta senza riscontro, hanno infilato una bolletta dell’Enel sotto la porta che, qualcuno, dall’interno ha poi prelevato. Cosi’ si sono accorti che li’ dentro c’era qualcuno.

Questo lo stato dell’arte dell’inchiesta sulla morte del piccolo Samuele. “Non intendo riferire dettagli sulle dichiarazioni rese dall’assistito”, “sono coinvolte famiglie che stanno soffrendo” e “non intendiamo speculare su questa triste vicenda”. Sono invece le parole dell’avvocato Mariassunta Zotti, legali di fiducia di Mariano Cannio. La tragedia, sui cui contorni c’è ancora tanto da scoprire e da verificare, risale a venerdì mattina della scorsa settimana nei pressi di via Foria, un vicolo di fronte alla Ex Caserma Garibaldi. Cannio era un collaboratore domestico presso la famiglia del bimbo morto. L’indagato, allo stato, è in una situazione pesante sotto il profilo giudiziario. Non fosse altro per le ammissioni gravi fatte alla Polizia  di Stato che l’ha arrestato e messo in carcere sulla base di un decreto di fermo del pubblico ministero.

Mariano Cannio, soggetto con problemi psichici, dopo il  fermo è stato difeso da un legale di ufficio. Questa mattina, prima dell’interrogatorio di convalida davanti al Gip, Valentina Gallo, ha nominato invece Mariassunta Zotti, legale di fiducia. Da qui l’esigenza del nuovo difensore di parlare con l’assistito e dunque la posizione, corretta oltre che comprensibile, di avvalersi per ora della facoltà di non rispondere. Per il Gip Valentina Gallo non è stata e non sarà una decisione facile. Quale che sarà la sua decisione.

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Cronache

Omicidio Santo Romano, 18 anni e 6 mesi al minorenne: applicata la pena massima prevista dalla legge

Omicidio di Santo Romano: il minorenne condannato a 18 anni e 6 mesi. Applicata la massima pena prevista dalla legge per un imputato minorenne. Chiarimenti sulla sentenza.

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Diciotto anni e sei mesi di reclusione. È questa la condanna inflitta in primo grado al ragazzo di 17 anni del quartiere napoletano di Barra, accusato dell’omicidio di Santo Romano (foto in evidenza), giovane promessa del calcio ucciso con un colpo di pistola nella notte tra il 1° e il 2 novembre 2024 a San Sebastiano al Vesuvio, al culmine di un alterco nato per una sneaker sporcata. Il processo si è svolto con rito abbreviato davanti al Tribunale per i Minorenni di Napoli.

Il giovane imputato era reo confesso. I filmati della videosorveglianza avevano immortalato la dinamica dei fatti: l’avvicinamento di Romano all’auto, una Smart intestata al padre del minorenne, un primo allontanamento e poi il ritorno, probabilmente per chiarire la situazione prima della tragedia.

Durante il procedimento, la difesa aveva chiesto una perizia psichiatrica per il ragazzo, ma la Corte ha respinto l’istanza.

Applicato il massimo della pena possibile per un minorenne

Va chiarito con precisione che il giudice ha applicato il massimo della pena prevista dall’ordinamento italiano per un imputato minorenne. Secondo la legge, l’ergastolo non è applicabile ai minorenni.

Per un omicidio consumato, la pena massima prevista è di 24 anni, ridotta obbligatoriamente di un terzo (come stabilito dal Codice di Procedura Penale) per effetto della scelta del rito abbreviato: si arriva così a 16 anni.

A questi, il giudice ha aggiunto altri 2 anni e 6 mesi per il reato di tentato omicidio collegato, applicando un aumento particolarmente significativo rispetto alla prassi.

Il risultato finale, 18 anni e 6 mesi di reclusione, rappresenta dunque la pena massima possibile secondo la legge vigente.

Contestazioni e reazioni

All’esterno del Tribunale, numerosi ragazzi con magliette e striscioni chiedevano “Giustizia per Santo”, insieme alla madre Mena De Mare e alla fidanzata Simona. Alla lettura della sentenza sono esplose le contestazioni dei familiari e degli amici della vittima, con grida di «Vergogna» e «Fate schifo».

Tuttavia, è importante sottolineare che ogni commento che denuncia la sentenza come troppo lieve o addirittura che invoca l’ergastolo per il minorenne si basa su errate interpretazioni della legge o, peggio, su strumentalizzazioni che rischiano di fomentare l’odio verso la magistratura, la quale ha semplicemente applicato correttamente la normativa vigente. E allora: vogliamo pene più severe per gli assassini? Servono norme approvate dal Parlamento (i giudici applicano le leggi, per fortuna non le fanno loro) che inaspriscono le pene per gli assassini.

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David Knezevich morto in carcere: era accusato dell’omicidio di Ana Maria Henao

David Knezevich, accusato della sparizione della ex moglie Ana Maria Henao, si è tolto la vita nel carcere di Miami. Resta il mistero sul corpo della donna scomparsa.

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David Knezevich, 37 anni, accusato del sequestro e dell’omicidio della ex moglie Ana Maria Henao, è stato trovato morto nella sua cella a Miami, in Florida. A confermare il decesso, avvenuto per suicidio secondo i media americani, è stato il suo avvocato. Knezevich era detenuto in attesa di giudizio, dopo essere stato arrestato a maggio 2024 per il presunto coinvolgimento nella misteriosa sparizione della milionaria, avvenuta a Madrid.

Il giallo internazionale e le ricerche nel Vicentino

La vicenda aveva assunto da subito i contorni di un intrigo internazionale, coinvolgendo Stati Uniti, Spagna, Serbia e Italia. L’Fbi aveva seguito le tracce del sospettato fino a Cogollo del Cengio, in provincia di Vicenza, dove si erano concentrate le ricerche del corpo di Ana Maria Henao. Gli inquirenti avevano individuato la zona grazie ai tracciamenti di un’auto noleggiata da Knezevich a Belgrado. Nonostante gli sforzi, le operazioni di perlustrazione non avevano portato al ritrovamento del cadavere.

La ricostruzione delle accuse

Secondo gli investigatori, il 29 gennaio 2024 Knezevich aveva noleggiato un’auto senza GPS a Belgrado, recandosi poi a Madrid. Dopo aver rubato una targa per camuffare il veicolo, sarebbe stato ripreso dalle telecamere mentre metteva fuori uso i sistemi di sorveglianza dell’appartamento di Ana Maria. In seguito sarebbe entrato nell’abitazione con una valigia per uscirne nove minuti dopo: l’ipotesi è che avesse nascosto il corpo della donna, minuta e dal fisico esile, nella stessa valigia.

Durante il rientro verso la Serbia, una sosta prolungata nei boschi vicentini aveva insospettito gli investigatori, che avevano concentrato lì le ricerche senza tuttavia trovare alcun risultato.

Le accuse e i procedimenti legali

Nonostante l’assenza del cadavere, nei confronti di Knezevich era stata formalizzata l’accusa federale di omicidio. Parallelamente, la famiglia di Ana Maria aveva intentato una causa civile per «morte ingiusta», trasferimenti fraudolenti e sofferenza estrema, coinvolgendo anche il fratello, la madre e un cugino dell’imprenditore serbo. Gli accusati erano sospettati di aver aiutato Knezevich nella copertura del delitto o nell’occultamento delle prove.

Con la morte di David Knezevich, il procedimento penale a suo carico si chiude definitivamente, ma restano aperte le indagini sugli eventuali complici. Il mistero della scomparsa di Ana Maria Henao, intanto, rimane senza una soluzione definitiva.

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Medvedev: Zelensky farà una triste fine, abbattere regime Kiev

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Il numero due del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, ha dichiarato che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky “finirà nel modo più triste” e che le truppe russe devono concludere “con una vittoria” l’invasione dell’Ucraina e “distruggere” quello che lui, seguendo la definizione della propaganda del Cremlino, definisce “il regime neonazista di Kiev”. Lo riporta l’agenzia di stampa ufficiale russa Ria Novosti.

“Quando il capo di uno Stato, anche uno così particolare come l’Ucraina, e un tipo così patologico come questo personaggio, si vanta di queste cose, significa solo una cosa: che alla fine anche lui finirà nel modo più triste”, ha detto Medvedev, commentando la notizia, ripresa anche dalla Reuters, secondo cui Zelensky avrebbe elogiato l’intelligence ucraina per l’uccisione di alcuni alti ufficiali russi ma senza riferimenti a casi specifici.

“Innanzitutto, dobbiamo completare l’operazione militare speciale in Ucraina con una vittoria e dobbiamo distruggere il regime neonazista di Kiev, ma il regime, non lo Stato, il cui destino è una questione del futuro”, ha detto poi l’ex presidente russo usando la dicitura “operazione militare speciale” con cui il Cremlino indica l’aggressione militare contro l’Ucraina. La Russia di Putin ha invaso l’Ucraina sostenendo di volerla “denazificare”, ma la tesi di Mosca secondo cui il governo di Kiev sarebbe “neonazista” è considerata del tutto infondata dalla stragrande maggioranza degli analisti politici.

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