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La Libia rilascia il peschereccio Tramontana

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Si e’ risolta felicemente nel giro di un giorno la vicenda del motopeschereccio Tramontana, sequestrato ieri nel primo pomeriggio da una motovedetta libica nelle acque del golfo della Sirte. “Il motopeschereccio Tramontana con il suo equipaggio al completo ha appena lasciato il porto di Misurata per fare rientro in Italia”, ha annunciato in serata Palazzo Chigi. Secondo quanto si e’ appreso, il peschereccio, della flotta di Mazara del Vallo, era uscito in mare circa un mese fa con a bordo sette uomini – cinque mazaresi e due di origine tunisina – e il suo rientro era atteso per il periodo di Ferragosto. Ieri si trovava al largo delle coste della Libia insieme a diverse altre imbarcazioni quando e’ stato abbordato dall’unita’ libica, a circa 60 miglia a est del porto di Misurata. Alcuni militari libici sono saliti a bordo per scortare l’imbarcazione fino al porto di Misurata, dove e’ stato posto in stato di “fermo amministrativo”, da forze fedeli al governo di Fayez al Sarraj.

La Farnesina aveva ieri inizialmente riferito che “non sono ancora chiare le ragioni del sequestro, verosimilmente legate ad attivita’ di pesca, in acque peraltro definite ad alto rischio e dunque sconsigliate da parte del Comitato Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti e delle Infrastrutture”. Anche nel golfo della Sirte, come in buona parte del Paese, si affrontano le forze fedeli al governo di Tripoli e quelle che combattono a fianco del maresciallo Khalifa Haftar, che ha annunciato nei giorni scorsi una nuova offensiva per conquistare Tripoli. Di certo, la vicenda rischiava di complicare i rapporti tra Roma e i libici, con l’Italia che si appresta a inviare alla Guardia Costiera libica altre dieci motovedette italiane in funzione anti-immigrazione illegale. Frattanto, ha sottolineando Palazzo Chigi, “l’immediato e coordinato intervento della Presidenza del Consiglio, del Ministero degli Esteri e dell’Ambasciata d’Italia a Tripoli con il Governo di accordo nazionale di Tripoli e con le autorita’ locali di Misurata ha consentito di raggiungere rapidamente una positiva conclusione di una vicenda che rischiava seriamente di complicarsi”.

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Portava aiuti a Gaza, colpita la nave di una ong

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E’ finito tra le fiamme e il rischio di colare a picco nel Mediterraneo il tentativo di portare aiuti umanitari della nave Conscience, con a bordo 16 uomini tra equipaggio e attivisti intenzionati a violare il blocco navale imposto da Israele alla Striscia. Nella notte tra giovedì e venerdì l’imbarcazione dell’organizzazione filo-palestinese Freedom Flotilla Coalition è stata colpita da droni mentre si trovava in acque internazionali al largo di Malta. Nel porto dell’isola si sarebbe dovuta imbarcare anche Greta Thunberg, che ha stigmatizzato l’offensiva come ‘crimine di guerra’. L’esplosivo ha causato un incendio sull’imbarcazione, uno squarcio nello scafo e la messa fuori uso del generatore. La nave, che era partita dalla Tunisia giorni fa, ha lanciato un Sos a cui ha risposto Malta inviando un rimorchiatore.

Le autorità marittime del La Valletta hanno dichiarato che non ci sono state vittime, l’incendio è stato spento, l’imbarcazione non rischia di affondare e i passeggeri hanno rifiutato di essere portati a riva. La Freedom Flotilla ha attribuito la responsabilità dell’attacco a Israele: “Gli ambasciatori israeliani devono essere convocati e rispondere delle violazioni del diritto internazionale, tra cui il blocco in corso e il bombardamento della nostra nave civile in acque internazionali”. Da Gerusalemme non nessun commento. Mentre il canale di notizie saudita Al Arabiya ha riferito che la spedizione era stata organizzata da Hamas e che le persone a bordo avevano in programma di attaccare le truppe dell’Idf avvicinandosi alla costa di Gaza. L’impiego di droni di piccole dimensioni, difficilmente rilevabili con i radar standard, non lascia una ‘firma elettronica’ significativa, impedendo così l’attribuzione a chi li ha lanciati.

Da Roma e Bruxelles, però, le opposizioni hanno definito ‘un crimine’ l’attacco alla Conscience: Pd, Avs, M5s chiedono al governo Meloni e all’Ue di intervenire condannando l’aggressione. Ankara, memore della strage della Freedom Flotilla del 2010 che vide la morte di 9 attivisti e decine di feriti, ha affermato che “saranno fatti tutti gli sforzi per rivelare il prima possibile i dettagli dell’attacco e portare gli assalitori davanti alla giustizia”. Intanto la Croce Rossa ha dichiarato che l’intervento umanitario a Gaza è “sull’orlo del collasso totale”. Israele ha chiuso i valichi il 2 marzo, sostenendo che Hamas aveva dirottato gran parte degli aiuti entrati durante la tregua di 6 settimane, e che i 25mila camion entrati hanno consegnato aiuti sufficienti per un periodo prolungato. Ora l’Idf, secondo indiscrezioni trapelate negli ultimi giorni, ha pianificato di modificare radicalmente la distribuzione: stop all’ingrosso e all’immagazzinamento degli aiuti, le organizzazioni internazionali e gli appaltatori privati consegneranno cibo alle singole famiglie di Gaza.

Ogni nucleo familiare avrà un rappresentante che riceverà cibo in una zona di sicurezza dell’esercito nel sud della Striscia. Il piano, che intende aggirare Hamas, non è ancora stato approvato dal governo israeliano, ma l’urgenza che i valichi vengano aperti è stata sottolineata dal ministro della Difesa Israel Katz. Degli ostaggi ancora a Gaza, infine, ha parlato giovedì sera Donald Trump, rivelando di aver appreso che ci sono meno di 24 rapiti ancora in vita, come aveva fatto intendere nei giorni scorsi la moglie del premier israeliano, Sara Netanyahu.

Il governo nel frattempo sta affrontando la forte pressione della comunità drusa, compresi centinaia di riservisti e soldati, che chiede di proteggere i ‘fratelli’ che vivono in Siria, attaccati e uccisi – accusano – dai jihadisti. Dopo una violenta protesta drusa la sera prima nel nord di Israele, nelle prime ore del mattino l’Idf ha bombardato la zona del palazzo presidenziale a Damasco. “Questo è un messaggio chiaro al regime siriano. Non permetteremo alle truppe siriane di spostarsi a sud di Damasco o di rappresentare una minaccia per la comunità drusa”, hanno avvertito Netanyahu e Katz. La presidenza siriana ha risposto che il raid rappresenta una “pericolosa escalation”.

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Russia, creiamo una ‘zona cuscinetto’ in regione ucraina di Sumy

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Il ministero della Difesa russo sostiene che le sue truppe stiano creando nella regione ucraina di Sumy quella che definisce “una zona di sicurezza”. Lo riporta l’agenzia Interfax. Le dichiarazioni di Mosca non sono al momento verificabili. L’annuncio arriva dopo che le autorità russe hanno detto di aver ripreso per intero il controllo della regione russa di Kursk, che confina con quella ucraina di Sumy, e dove la scorsa estate i soldati ucraini avevano lanciato un’offensiva a sorpresa. Kiev respinge le affermazioni di Mosca sostenendo di avere ancora dei capisaldi nella regione di Kursk, dove però ha perso gran parte dei territori di cui si era impossessata l’anno scorso.

Pochi giorni fa, il governatore della regione di Sumy, Oleg Hryhorov, aveva dichiarato che le truppe russe stavano cercando di creare una zona cuscinetto nell’oblast dell’Ucraina nordorientale ma, a suo dire, senza “alcun successo significativo”. Allora il governatore ucraino sosteneva che quattro villaggi di confine – Zhuravka, Veselivka, Basivka e Novenke – si trovassero in una “zona grigia” a causa degli attacchi russi, ma non fossero sotto il controllo dei soldati del Cremlino. Il mese scorso, il ministero della Difesa russo sosteneva invece di aver preso Zhuravka e Basivka, cosa che le autorità ucraine negano.

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Rubio: serve svolta nei colloqui su Ucraina al più presto

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump deciderà quanto tempo gli Stati Uniti dedicheranno alla risoluzione del conflitto ucraino, quindi una svolta nei negoziati “è necessaria molto presto”. Lo ha affermato a Fox News il segretario di Stato americano Marco Rubio. Le posizioni di Russia e Ucraina “si sono già avvicinate, ma sono ancora lontane l’una dall’altra – ha ricordato – ed è necessaria una svolta molto presto. Allo stesso tempo, ha proseguito Rubio, è necessario accettare il fatto che “l’Ucraina non sarà in grado di riportare la Russia alle posizioni che occupava nel 2014”. La portavoce del Dipartimento di Stato americano, Tammy Bruce, ha dichiarato durante un briefing che gli Stati Uniti restano impegnati a lavorare per risolvere il conflitto, “ma non voleremo in giro per il mondo per mediare negli incontri che si stanno attualmente svolgendo tra le due parti. Ora – ha sottolineato – è il momento per le parti di presentare e sviluppare idee concrete su come porre fine a questo conflitto. Dipenderà da loro”.

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