Sono state confermate, dalla Cassazione, tutte le assoluzioni dei quindici imputati del processo per presunte irregolarità tra il 2008 e il 2012 in alcune operazioni di finanza strutturata di Mps – Alexandria e Santorini, Chianti classico e Fresh – ed escono definitivamente prosciolti i due top manager di Rocca Salimbeni, l’ex presidente Giuseppe Mussari e l’ex ad Antonio Vigni, finiti nella tempesta dopo l’acquisizione, nel 2007, della Banca Antonveneta. “Il processo per le presunte falsità del bilancio Mps e presunte turbative di mercato, che non avrebbe mai dovuto cominciare, – hanno commentato i legali di Mussari, avvocati Tullio Padovani, Fabio Pisillo e Francesco Marenghi – si è finalmente concluso, dopo una lunga e angosciosa vicissitudine processuale, là dove meritava di finire: nel nulla. Giustizia è fatta ma Mussari non è più quel che era quando questa vicenda è iniziata, e nessuno gli restituirà nulla”.
A rendere definitivi i proscioglimenti sono stati i giudici della Quinta sezione penale, guidati da Maria Vessicchelli. “Soddisfazione” per l’esito è stato espresso da Deutsche Bank che ha difeso i suoi manager con un team di nove legali. Il gruppo bancario tedesco dice di “aver sempre creduto fermamente nell’innocenza delle persone della banca coinvolte nel procedimento, nonché della stessa Deutsche Bank, rispetto alle accuse mosse”.
“Siamo lieti che tutti siano stati pienamente assolti e che la sentenza della Cassazione abbia posto fine a questo lungo procedimento”, conclude Deutsche Bank. Sul verdetto di conferma dell’appello le difese degli imputati avevano scommesso il tutto per tutto, dopo la requisitoria nella quale la Pg della Suprema Corte, Francesca Loy, aveva chiesto di dichiarare “inammissibile per manifesta infondatezza” il ricorso della Procura della Corte di Appello di Milano contro i proscioglimenti di secondo grado del 6 maggio 2022. In primo grado, Mussari era stato condannato a 7 anni e 6 mesi, e Vigni a 7 anni e 3 mesi. Sul banco degli accusati anche Deutsche Bank, e Nomura.
In borsa, il titolo di Mps è volato, con un balzo del 5,6% a 2,6 euro, ora le assoluzioni potrebbero sminare il bilancio da un contenzioso di oltre 4 miliardi di euro per i risarcimenti. Con parole molto chiare, la Pg Loy ha sottolineato che “il ricorso della Procura è inammissibile per genericità: la contabilizzazione a saldi aperti non ha violato alcun criterio di valutazione con riferimento a quelli usati dagli operatori del mercato”, ed inoltre “richiama documenti e testimonianze senza enunciarle, in violazione dei principi dettati dalla Cassazione”. Per il ricorso della Consob, la Pg ha chiesto anche in questo caso la dichiarazione di inammissibilità dal momento che l’authority ha ritirato la costituzione di parte civile a seguito di un accordo transattivo. In sintesi, secondo la Pg la sentenza d’appello “spiega con adeguatezza le sue motivazioni, mentre il ricorso della Procura è sprovvisto del requisito della specificità delle prove”. Dopo una così netta posizione della Pg, i legali delle difese hanno tutti rinunciato alle loro arringhe, uniformandosi alle conclusioni della Pg Loy.
Per pochissimi istanti – come se parlasse a nome di tutti i difensori – ha preso la parola Tullio Padovani, legale di Mussari, accademico dei Lincei. “Questo processo – ha detto – è nato e si è sviluppato in un alveo particolare, e finirà nelle secche. L’origine di questo processo è l’acquisizione della Banca Antoveneta da parte di Mps, una operazione che si è portata dietro il grande sospetto di una tangente inutilmente cercata dai pm. L’idea che l’acquisizione fosse la causa di tutti i mali di Mps non è vera, è un falso presupposto, una leggenda metropolitana, che continua a resistere nel ricorso sguarnito, ed è dire poco, della Procura di Milano”. “Il Paese ci ha insegnato che la giustizia arriva sempre, forse un po’ in ritardo, ma sempre. Questo è il bello del nostro sistema giudiziario”, ha aggiunto l’avvocato Giuseppe Iannaccone, tra i difensori dei manager di Deutsche Bank.