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Economia

La Bce non tocca i tassi, Lagarde: a settembre vedremo

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La Bce conferma lo status quo sui tassi e va in pausa estiva senza dare dettagli sul futuro. La certezza resta una, condivisa all’unanimità dai governatori: la strada giusta è decidere volta per volta in base ai dati disponibili. Stavolta, le informazioni aggiornate suggerivano di aspettare: le pressioni sull’inflazione restano ancora troppo elevate, e le vacanze estive stanno facendo pressione sui prezzi dei servizi che stanno risalendo.

Questo non significa che a settembre ci sarà un’altra pausa, ma nemmeno che il Consiglio direttivo sarà pronto a dare una seconda sforbiciata ai tassi, dopo quella di giugno. La questione, insomma, è “completamente aperta”, spiega la presidente Christine Lagarde, attenta a non sbilanciarsi. L’ultima riunione prima delle ferie lascia il tasso principale fermo al 4,25%, quello sui depositi al 3,75% e quello sui prestiti marginali al 4,50%.

Per le associazioni imprenditoriali come Confcommercio e Confartigianato non è una buona notizia per l’Italia, perché il costo del denaro ancora così elevato soffoca gli investimenti. I consumatori pensano invece alle famiglie, che anche nei prossimi mesi non avranno sconti sulle rate dei loro mutui a tasso variabile. Ma la Bce non aveva alternative: dopo l’annuncio del primo taglio da 25 punti base a giugno, i mercati hanno ricominciato a correre, le pressioni sui prezzi a salire. “Alcuni parametri dell’inflazione di fondo sono aumentati ma la maggior parte sono rimasti stabili”, ha detto Lagarde, spiegando che l’inflazione, scesa a giugno al 2,5%, “fluttuerà” su questi livelli ancora per un anno circa. Non c’è da allarmarsi, perché era tutto previsto già il mese scorso: il target del 2% sarà centrato entro la fine del 2025, e la stima tiene ancora. Ma il quadro richiede cautela. Lagarde aveva avvertito che sarebbe stato un “percorso accidentato” ed è esattamente quello che si sta verificando.

Per questi i segnali da inviare sono tutti improntati alla prudenza: “Non siamo vincolati ad un particolare percorso dei tassi”, ha ribadito la presidente che, incalzata sulla possibilità di un nuovo taglio a settembre, ha chiarito che la questione è “completamente aperta”. Tutto dipenderà dai dati delle prossime settimane. “Sarà un’estate pesante” dal punto di vista delle nuove informazioni economiche e della loro analisi, assicura il numero uno dell’Eurotower. In arrivo c’è l’inflazione di luglio e agosto, i numeri degli aumenti salariali dei rinnovi contrattuali di fine estate, il nuovo andamento dei prezzi dei servizi schizzati al 4,1% a giugno.

E’ ormai la componente che pesa di più sul dato complessivo. L’effetto “ristorante”, lo chiamano alcuni economisti, e probabilmente continuerà a farsi sentire fino alla fine dell’estate. Anche per questo nel board comincia a farsi strada una nuova convinzione: i due tagli dei tassi attesi da mercati e analisti entro l’anno potrebbero non essere sostenibili. Un altro taglio soltanto, entro dicembre, potrebbe essere una strada più sicura, verso la quale i falchi già si orientano. L’estate non porterà dunque il tanto atteso relax della normalizzazione della politica monetaria. Ma sarà un’altra stagione dominata dell’incertezza.

“L’economia della zona euro è cresciuta nel secondo trimestre ma più lentamente del precedente, i servizi guidano la ripresa mentre la produzione industriale e l’export sono deboli”, sottolinea la presidente ricordando che i rischi per la crescita restano “orientati al ribasso”. A pesare non sono solo le guerre in corso, ma anche le incognite sul futuro tra cui le conseguenze delle elezioni in Usa: “Un’escalation delle tensioni commerciali tra grandi economie peserebbe sulla zona euro”, ha detto Lagarde senza entrare nei dettagli della sfida Biden-Trump. Ma anche gli Stati Uniti hanno un ruolo importante nelle decisioni di Francoforte: la Fed ancora ferma sui tassi è un freno per la Bce, con l’euro che cala sui mercati valutari proprio sulla scia delle scommesse sul secondo taglio a settembre.

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OpenAI cede alla pressione, la no profit manterrà controllo

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OpenAI cede alla pressione esterna e cambia i suoi piani lasciando la non profit in controllo di tutte le sue attività anche dopo la ristrutturazione in una società di pubblica utilità. La decisione – ha annunciato la startup valutata 300 miliardi di dollari – è stata presa dopo un confronto con i procuratori del Delaware e della California e in seguito alle forti critiche ricevute da ex dipendenti, accademici e rivali quali Elon Musk.

“Con la struttura che stiamo prendendo in considerazione, l’organizzazione no profit manterrà il controllo di OpenAI”, ha detto il presidente del consiglio di amministrazione Bret Taylor, spiegando che la società a responsabilità limitata sarà convertita in una società di pubblica utilità. “Così facendo modificheremo la sua struttura azionaria in modo che investitori e dipendenti possano detenere quote nella società di pubblica utilità”, ha aggiunto Taylor.

OpeanAI ha tempo fino alla fine dell’anno per cambiare la sua struttura societaria e assicurarsi così un investimento da 30 miliardi di dollari di Softbank. OpenAI è stata fondata dieci anni fa come no profit con la missione di costruire un’intelligenza artificiale in grado di portare benefici all’umanità. Nel 2019 OpenAI ha creato una divisione for profit per finanziare gli elevati costi dello sviluppo dell’IA. Lo scorso dicembre la società ha annunciato la sua intenzione di trasformarsi in società di pubblica utilità mantenendo la divisione no profit che avrebbe controllato alcune quote ma non più avuto il controllo della divisione for profit. Un piano che ha scatenato molte critiche. Decine di dipendenti, premi Nobel, accademici e legali hanno inviato una lettera ai procuratori di Delaware e California chiedendo di bocciare l’iniziativa in seguito ai rischi alla sicurezza che comportava.

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Economia

Ita, per la prima volta Ebit positivo

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Risultato operativo positivo per Ita Airways, a 3 milioni di euro nel 2024, per la prima volta e “in anticipo rispetto alle previsioni del piano industriale, senza aver beneficiato delle sinergie con il gruppo Lufthansa grazie a performance operative e commerciali”. Lo rende noto il cda della compagnia italiana che ha approvato il bilancio chiuso con una perdita di 227 milioni, rilevando come grazie a questi risultati “Ita si posizioni fra i tre migliori vettori a livello europeo”.

I ricavi hanno raggiunto 3,1 miliardi (+26% rispetto al 2023) di cui 2,7 dal traffico passeggeri (+26%), il margine operativo lordo è di 337 milioni. Secondo l’amministratore delegato e direttore generale della società, Joerg Eberhart, le sinergie con il gruppo aereo tedesco rendono “plausibile raggiungere anche un pareggio sostenibile del risultato netto”. In cassa a fine anno c’erano 476 milioni. Il presidente di Ita, Sandro Pappalardo, rileva inoltre come “prosegua il percorso virtuoso” dell’aviolinea iniziato nel 2021 con l’obiettivo di “rendere il Paese orgoglioso della nostra compagnia e garantire sempre maggiore connettività ai territori e ai passeggeri”.

Ita sottolinea che la perdita è stata influenzata “dagli effetti negativi dell’adeguamento contabile dei debiti e crediti in valuta estera ai tassi di cambio di fine anno, oltre che dagli oneri finanziari associati ai contratti di leasing relativi al piano di ammodernamento e incremento della flotta”. Che sarà di 99 aerei totali a fine anno (26 quelli nuovi già entrati) di cui il 65% di nuova generazione. Buono l’andamento del primo trimestre 2025 con la crescita dei principali indicatori: ricavi per circa 600 milioni (+15% sullo stesso periodo del 2024), 3,7 milioni di passeggeri trasportati (+1%) e 81% di load factor (+4 p.p.). Bene la performance della puntualità (87,9% di voli atterrati entro 15 minuti dall’orario previsto) e della regolarità (99,6% di voli effettuati rispetto a quelli previsti). Nel 2024 Ita ha operato circa 138mila voli di linea (+11% sul 2023) e trasportato circa 18 milioni di passeggeri (+19%) grazie alla maggiore capacità offerta e incrementando la propria quota di mercato domestico.

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Giorgetti: Unicredit libera su Bpm. Sale ipotesi addio

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Sono da muovere, e in parte lo saranno questa settimana, alcuni tasselli del risiko bancario che da Mps passando per Mediobanca e Banca Generali portano a Generali e si incrociano con Unicredit-Banco Bpm. Dalla partita non è escluso il governo che secondo Bloomberg non è intenzionato ad alleggerire i paletti, imposti col golden power, all’offerta di scambio promossa dal gruppo di Piazza Gae Aulenti sulla banca guidata da Giuseppe Castagna. Quest’ultimo ha già invitato Unicredit a dire se intende andare avanti o no. E’ ragionevole che nel cda del gruppo capitanato da Andrea Orcel, convocato domenica per approvare la trimestrale, si parli dello stato dell’arte sull’ops. Più difficile prevedere se sarà presa una decisione sull’operazione. Uno stop è comunque considerato probabile se davvero le condizioni imposte dall’esecutivo non verranno ammorbidite.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha rinviato tutto a Piazza Gae Aulenti: “Fanno quello che vogliono”, ha risposto sull’ipotesi di una rinuncia all’offerta. Su un altro fronte, a Palazzo Chigi, potrebbe recarsi l’amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, nell’ambito degli incontri che sta programmando questo mese per convincere della bontà dell’ops su Banca Generali non solo le istituzioni ma anche i suoi azionisti che il 16 giugno saranno chiamati in assemblea a votare l’offerta. Tra questi l’amministratore delegato di Mediolanum, Massimo Doris, ha espresso apprezzamento sull’operazione dopo l’apertura già fatta dal numero uno di Delfin, Francesco Milleri.

“L’ops di Mediobanca su Banca Generali è una bella operazione, ammesso che vada a buon fine, e dal punto di vista industriale è un’operazione che ha sicuramente senso”, ha commentato Doris, primo azionista col suo gruppo (3,49%) e con la holding di famiglia Finprog (0,96%) nel patto di consultazione di Piazzetta Cuccia, che raggruppa l’11,87% del capitale. Banca Mediolanum, ha sottolineato, non teme la concorrenza di un gruppo rafforzato nel wealth management. Del resto Mediolanum aveva già visto di buon occhio la nascita di Chebanca! poi diventata Mediobanca Premier. Se l’ops sia poi compatibile o meno con l’offerta di Mps su Piazzetta Cuccia ha rimandato all’amministratore delegato del Monte dei Paschi, Luigi Lovaglio: “più che rispondere io ha risposto Lovaglio dicendo che l’operazione diventa ancora più interessante.

E questo lo decide chi ha lanciato l’offerta”. Doris ha detto di non aver ancora avuto un incontro formale con Nagel ma i due si sono sentiti. Sarà più avanti un cda ad hoc di Mediolanum a decidere come votare sull’ops di Mediobanca su Banca Generali in assemblea e per valutare l’offerta di Mps. Mercoledì nel consiglio di amministrazione di Generali, chiamato a formare i comitati interni, si inizierà anche a discutere – come ha indicato il presidente Andrea Sironi – il processo da seguire per valutare l’ops sulla controllata Banca Generali per la quale Piazzetta Cuccia ha messo sul piatto azioni del Leone pari al 6,5% del capitale della compagnia.

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