Collegati con noi

Politica

Iva più leggera e riforma del Fisco, Conte ci prova ma non è facile

Pubblicato

del

Il taglio dell’Iva costa e per questo, considerata la situazione dei conti pubblici italiani, pur nella massima flessibilita’ garantita quest’anno dall’Unione europea, una riduzione, se ci sara’, sara’ per un “breve periodo di tempo”. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, torna cosi’ sulla misura annunciata al termine degli Stati generali dell’economia, in molti casi la piu’ attesa da consumatori e piccole imprese, e ne precisa la potenziale portata, ridotta nel tempo sull’esempio della Germania che ha scelto di tagliarla per un periodo limitato di sei mesi. Ogni punto di aliquota costa infatti, secondo le stime dello stesso governo, oltre 4 miliardi nel caso di un taglio dal 22% al 21% e quasi 3 miliardi dal 10% al 9%. Cifre considerevoli anche per una riduzione minima, che rendono l’operazione “decisamente complessa”, come spiegato dal viceministro dell’Economia, Antonio Misiani. E che andrebbe inserita, secondo il numero uno della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in una riforma fiscale di ben piu’ ampio respiro. L’invito arrivato dal governatore proprio all’indomani dell’annuncio del premier e’ ad “una visione complessiva” del sistema fiscale italiano e “non imposta per imposta”. Cosi’ come complessiva deve essere anche la gestione dei fondi europei, da non disperdere in mille rivoli, ma da spendere “bene e in progetti utili”. La “vecchia storia” dell’evasione, dell’illegalita’ e della criminalita’ organizzata e’ ancora attuale e di grandi dimensioni e “si trasforma in un carico fiscale molto pesante per chi le tasse le paga”, ha ribadito Visco. Non a caso, dopo l’impegno a favore dei pagamenti digitali dimostrato con la legge di bilancio, Conte ha insistito ancora sul ‘piano cashless’ voluto dal governo e che potrebbe ora essere legato proprio al taglio dell’Iva. “Sono testardo. Lo dobbiamo realizzare quanto prima. E vediamo se collegarlo anche a un lieve intervento sull’Iva ancorche’ momentaneo. Sarebbe una modalita’ incentivante, dolce e gentile per attivare il piano di pagamento digitale”, ha spiegato il premier. Che sia a tempo o selettivo, il taglio prospettato incontra per il momento il favore di Matteo Salvini, secondo cui “ogni taglio delle tasse avra’ l’appoggio della Lega”. Prende le distanze invece Mara Carfagna che parla di “un numero a effetto” voluto da Conte a conclusione delle riunioni di Villa Pamphili. Sulla stessa linea del vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani: “mi pare che gia’ i partiti di Governo siano schierati contro. Mi pare una proposta gia’ finita”, afferma, facendo riferimento al presunto scetticismo di parti della stessa maggioranza, Pd compreso. Le differenze tra i partiti che sostengono il governo effettivamente ci sono tutte: dentro Leu Federico Fornaro invoca una riforma fiscale organica a favore dei redditi medio bassi, mentre Francesco Scoma di Italia Viva chiede “un grande shock fiscale a vantaggio di imprese e partiteIva”. Nel mondo produttivo, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, denunciando un calo dei consumi del 30% per gli effetti del coronavirus, plaude all’idea purche’ “non sia una misura eccessivamente provvisoria”, puntualizza. I sindacati chiedono anche loro una riforma fiscale complessiva e piu’ equa, mentre la viceministra dell’Economia, Laura Castelli, promette che da gennaio 2021, quindi con la nuova legge di bilancio, ci sara’ un intervento piu’ organico di riforma per la riduzione delle tasse, Irpef compresa. Ad attendere i prossimi passi concreti del governo e’ intanto Bruxelles, cui spettera’ l’eventuale giudizio sulla misura, considerando che la linea privilegiata dalla Commissione europea e’ solitamente quella di spostare l’imposizione fiscale dalla produzione e dal lavoro ai consumi. “Noi valutiamo le proposte dei Paesi quando ci vengono formulate nei bilanci, o in futuro nei piani di recovery, quindi faremo lo stesso con una proposta di questo genere quando ci verra’ presentata”, ha spiegato Paolo Gentiloni.

Advertisement

Politica

Opposizione frena su legge elettorale: Meloni vuole voto?

Pubblicato

del

Reintrodurre le preferenze o mantenere i listini bloccati: rischia di essere il primo dei bivi da affrontare nella discussione sulla legge elettorale che il centrodestra sta iniziando ad avviare. Finora si contano solo ipotesi, di fronte a cui le opposizioni hanno rizzato le antenne, anche alla luce dell’ultima intervista in cui Giorgia Meloni ha fatto allusioni a un bis. C’è chi come Angelo Bonelli (Avs) che davanti a questa “accelerazione” si domanda se la premier voglia “andare a elezioni anticipate”. Chi come la leader del Pd Elly Schlein si limita a dire che “non c’è stato nessun contatto” con la maggioranza. E chi come il presidente del M5s Giuseppe Conte resta attendista: “Non c’è nessuna proposta. Quando sarà e se ci sarà, questa disponibilità” al confronto “noi valuteremo”.

Meloni intanto si prepara, mercoledì in Senato, a ribattere alle critiche delle opposizioni, che nel premier question time la interrogheranno sugli impegni assunti con gli Usa nell’incontro con Donald Trump, sulle strategie contro il caro-bollette, su politica industriale, spese militari e riforme da realizzare. Difficilmente la leader di FdI cambierà la linea sul premierato, la “madre di tutte le riforme”, da portare avanti. Ma i dieci mesi di stallo alla Camera fanno ritenere a molti che non sia più una priorità. “È stata ridotta – l’affondo di Davide Faraone, di Iv – ad un accordicchio old style per una modifica alla legge elettorale”.

“Non c’è nessun cantiere aperto sulla legge elettorale, figurarsi se vogliamo destabilizzare il Parlamento con due anni davanti…”, prova a frenare un big di FdI. I ragionamenti, però, sono avviati. Se ne sta discutendo “tra noi all’interno del partito e anche con gli alleati, e il confronto si allargherà necessariamente anche alle opposizioni”, ammette Alberto Balboni (FdI), presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama dove sta per essere incardinato il ddl che interviene sui ballottaggi per i comuni sopra i 15 mila abitanti. Una modifica vista negativamente dalle opposizioni. Balboni è anche “favorevole” alle preferenze, pur riconoscendo che “non sono così necessarie” se “le liste sono corte, quattro, cinque o massimo sei candidati”.

Meloni si è sempre dichiarata contro i listini bloccati, ma secondo gli umori che emergono per ora in Parlamento l’idea di reintrodurre le preferenze proprio non alletta FI e Lega. Una novità in cantiere è l’eliminazione dei collegi uninominali, all’interno di una cornice proporzionale con premio di maggioranza. “A noi – dice il capogruppo di FI alla Camera Paolo Barelli – il proporzionale, sempre su base maggioritaria, non dispiace. Sempre maggioritario, quindi, non un proporzionale assoluto. Ma è ancora prematuro”. I tempi non sono stretti se si guarda all’orizzonte della primavera 2027. Se invece dovesse realizzarsi uno scenario di voto anticipato di un anno, non sono escluse accelerazioni non troppo lontane. Intanto nel centrodestra proseguono le riflessioni sul terzo mandato dei governatori.

Il prossimo bivio è entro il 18 maggio, quando scadono i termini del governo per impugnare la legge trentina che introduce il terzo mandato per il presidente della Provincia autonoma. Dopo la sentenza della Consulta che ha fissato a due il limite nelle Regioni ordinarie, le varie anime dell’esecutivo (da una parte la Lega, dall’altra FdI e FI) cercano un punto di caduta. Il tema è stato affrontato nell’ultimo Consiglio dei ministri, mercoledì scorso, e potrebbe tornare sul tavolo il prossimo venerdì. Intanto c’è attesa anche per il parere del Consiglio di Stato sulla finestra elettorale per il Veneto: autunno 2025 o primavera 2026, i due scenari.

Continua a leggere

In Evidenza

Liliana Segre: «Israele e Palestina, intrappolati nell’odio. Ma la pace resta l’unica via possibile»

Pubblicato

del

Parole profonde, lucide, amare. Quelle della senatrice a vita Liliana Segre, che in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera si è espressa con fermezza sul conflitto in Medio Oriente, sull’antisemitismo, sulla crisi della democrazia in Europa e nel mondo. «Provo uno sconforto che rasenta la disperazione», ha detto commentando il riaccendersi della guerra tra Israele e Hamas. E ha lanciato un appello accorato: «Due popoli, due Stati resta l’unica via. Nonostante tutto».

«Due popoli in trappola»

Segre descrive il popolo israeliano e quello palestinese come due nazioni «intrappolate, incapaci di liberarsi da una condanna a odiarsi». Una spirale di violenza aggravata, secondo la senatrice, da una classe dirigente dominata dalle «componenti peggiori». Parole durissime su Hamas, definito un «movimento teocratico e sanguinario», e sul governo Netanyahu, che guida Israele con «una destra estremista, iper-nazionalista, con componenti fascistoidi e razziste».

«Il trauma del 7 ottobre – aggiunge – ha certamente imposto una reazione, ma la guerra a Gaza ha assunto connotati inaccettabili. Israele ha oltrepassato i limiti del diritto di difesa, provocando stragi e distruzioni immani».

Nessuna giustificazione per Hamas

Segre è chiara anche su un altro punto: Hamas non è il popolo palestinese. «Non si batte per la libertà del popolo palestinese, ma per distruggere Israele. E lo stesso vale per il regime iraniano, che li usa solo per combattere l’“entità sionista”». Anche Israele ha commesso gravi errori, ma la senatrice ricorda che il ritiro da Gaza nel 2005 apriva una strada verso la pace che è stata vanificata dalla presa del potere violenta di Hamas nel 2006.

«Il genocidio? No, ma crimini di guerra sì»

Nel corso dell’intervista, Segre torna su quanto già affermato in passato: a Gaza si sono visti crimini di guerra e contro l’umanità, da entrambe le parti. Tuttavia, non si può parlare di genocidio: «È un concetto preciso, giuridicamente e storicamente. Le atrocità commesse non bastano a definirlo tale».

La pace come unica via

Nonostante tutto, Segre continua a credere nella soluzione dei due Stati: «Ogni fiammata di violenza rende tutto più difficile, ma non ci sono alternative. Solo la volontà politica può aprire spiragli». E invita a guardare la storia, dove svolte improvvise e impensabili hanno spesso cambiato il corso degli eventi.

«Antisemitismo mai morto, ora è sdoganato»

Un passaggio forte è dedicato al ritorno dell’antisemitismo: «Non era morto, ma nascosto. Ora non ci si vergogna più. Si prende a pretesto la condotta del governo israeliano per giustificare l’odio contro tutto il popolo ebraico, anche contro la diaspora».

L’allarme globale: autoritarismi e il pericolo Trump

Liliana Segre allarga lo sguardo al mondo: «La rielezione di Trump destabilizzerebbe l’ordine globale». Poi punta il dito contro l’ascesa dell’estrema destra in Europa, le interferenze russe, l’influenza di magnati americani nei processi democratici. E una condanna durissima va alla scena dell’incontro alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky: «Un’umiliazione pubblica che mi ha disgustata. Gli Stati Uniti erano i liberatori dell’Europa dal nazifascismo. Vederli rinnegare quel ruolo è un dolore profondo».

Continua a leggere

Politica

Comunali a Bolzano: Corrarati avanti con il 36,5%, Andriollo al 27,6% dopo 75 sezioni scrutinate

Pubblicato

del

Con lo scrutinio ormai quasi completato, Claudio Corrarati, candidato sindaco del centrodestra, si conferma in netto vantaggio alle elezioni comunali di Bolzano. Dopo lo spoglio di 75 sezioni su 80, l’ex presidente della Cna ha raggiunto il 36,5%, mentre il suo principale sfidante, l’assessore uscente Juri Andriollo del centrosinistra, è fermo al 27,6%.

Nel capoluogo altoatesino, dove il voto è storicamente influenzato dalla composizione linguistica e territoriale eterogenea, il dato resta comunque soggetto a variazioni nelle ultime sezioni. Tuttavia, il vantaggio consolidato di Corrarati fa già pensare con concretezza a un ballottaggio tra due settimane, per il quale sarà decisivo il posizionamento della Svp. La Südtiroler Volkspartei, che governa già con il centrodestra in Provincia, potrebbe sostenere proprio Corrarati, rendendo per lui più agevole la sfida finale.

Il candidato della Svp Stephan Konder è attualmente in terza posizione con il 18,46%, seguito dall’assessore regionale Angelo Gennaccaro (La Civica) con il 12,30%.

A Merano, dopo lo scrutinio parziale (3 sezioni su 28), è avanti il sindaco uscente Dario Dal Medico, sostenuto da liste civiche di centrodestra, con il 38,9%. Lo tallona la sua attuale vice della Svp, Katharina Zeller, al 23,6%, possibile sfidante al ballottaggio.

Situazione ancora in evoluzione a Trento, dove lo scrutinio procede a rilento. Nella notte, nessuna delle 98 sezioni risultava ancora scrutinata. Il sindaco uscente del centrosinistra Franco Ianeselli è considerato favorito, ma una riconferma al primo turno appare difficile.

Il vero dato politico di questa tornata elettorale è però il crollo dell’affluenza. A Bolzano ha votato solo il 52,16% degli aventi diritto, contro il 60,65% del 2020, quando si votò su due giorni. A Trento, l’affluenza è scesa dal 60,98% al 49,93%. A livello provinciale ha votato in Alto Adige il 60% (contro il 65,4% del 2019) e in Trentino il 54,53% (contro il 64,08%).

 

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto