Con le loro vittorie hanno fatto innamorare l’Italia e incollato milioni di spettatori alla tivù. Dalla veterana del gruppo Paola De Gennaro alla capitana napoletana Cristina Chirichella, fino al volto simbolo di questo mondiale, la schiacciatrice Paola Egonu. Sono ragazze normali, tranquille. Hanno i loro profili social (dai quali abbiamo tratto queste foto), non sempre hanno tantissimi followers perchè solo con questo mondiale hanno guadagnato l’attenzione del grande pubblico che le hanno potute ammirare nella loro scalata fino alla finale mondiale. E di tutti i trastullamenti psicologici e sociologici sul colore della pelle o sulla italianità di chi ha la pelle più nera di quelle bianca, vale quello che dice Paola Egonu. “Sono compagna di stanza di Cristiana Chirichella. La sera quando andiamo a dormire scherziamo su tutto, non perdiamo mai tempo su scemenze sul colore della pelle”. Ah, per capire che sono più italiane di molti italiani, basta vederle quando cantano l’inno nazionale. Loro, le ragazze, lo conoscono a memoria e lo cantano. Altri, non sempre ci riescono. Ammesso che quello sia indice di italianità.
Ecco i profili delle campionesse che hanno fatto sognare gli sportivi italiani, compresi quelli che nonavevano mai guardato una partita di Volley, meno che meno un match delle donne.
Cristina Chirichella
Lei è la torre centrale. Gioca nella Igor Gorgonzola Novara ed è il capitano della nazionale. “La principessa” è il suo nomignolo. Merito dei suoi modi gentili, signorili sempre. Cristina è una ragazza come tante. Oltre a fare sport, frequenta l’università ed è molto legata ai suoi genitori ed al fratello tanto da essersi tatuata sul braccio destro un simbolo dell’infinito con all’interno le iniziali sue e del fratello
Anna Danesi
Centrale della Imoco volley di Conegliano, ha 22 anni e una buona esperienza internazionale. Molto timida. Molto riservata. Ama stare in famiglia e col suo ragazzo. Le piace viaggiare. Ama l’America del Sud, in particolare il Brasile”
Paola Egonu
È nata il 18 dicembre 1998 a Cittadella da genitori nigeriani. Con 291 punti è la miglior realizzatrice dei Mondiali. Alta 1,93 cm, ha cominciato a giocare nel Club Italia come schiacciatrice. Dal 2017 gioca all’Agil di Novara, con cui ha vinto Coppa Italia e Supercoppa. Schiaccia a una velocità di 100 km/h e si definisce pigra: è stato suo padre Ambi a convincerla a trovarsi un hobby. Da grande vuole fare l’avvocata e studia per riuscirci.
Ofelia Malinov
Ha 22 anni, è nata a Bergamo ed è figlia d’arte. I genitori si sono trasferiti in Italia dalla Bulgaria per il volley: papà Atanas da allenatore, mamma Kamelia da giocatrice. Lo sport è una questione di famiglia, ci giocano anche le sue sorelle più piccole, le gemelle Emma e Michela. “Lia”, dal 2011 al 2015 ha giocato a Bassano, in squadra con sua mamma e sotto la guida del padre.Giocherà a Scandicci, è a pochi esami dalla laurea in Scienze politiche.
Miriam Sylla
È di Palermo. I genitori, Abdoulaye e Salimata, vengono dalla Costa D’Avorio. Sua mamma ha fatto parte della Nazionale ivoriana di pallamano. Miriam, 23 anni, è la schiacciatrice dell’Imoco. Ha due nonni adottivi, Maria e Paolo, i primi ad aiutare la famiglia appena arrivata in Italia. Per i Mondiali si è colorata le punte dei capelli di azzurro.
Un’intesa perfetta dentro e fuori dal campo, una coralità di dichiarazioni che racconta lo spirito con cui il Napoli si sta avvicinando alle ultime tre tappe decisive verso lo scudetto. La capolista mantiene nervi saldi e piedi ben piantati a terra, forte di un gruppo unito che parla una sola lingua: quella del lavoro, della concentrazione e dell’equilibrio.
La difesa è il vero punto di forza
Il successo di misura a Lecce porta in dote la quarta partita consecutiva senza subire gol e la diciassettesima in stagione. Merito anche di Amir Rrahmani, pilastro difensivo del Napoli e stakanovista silenzioso: «È stata una gara difficile, ma abbiamo tenuto botta. Tutto parte dal lavoro degli attaccanti, quando pressano bene diventa più facile per noi dietro».
Una solidità difensiva da record, con soli 25 gol subiti: il miglior dato tra i top 5 campionati europei. Numeri che spiegano il primato.
Di Lorenzo: «Siamo mentalizzati, ma serve ancora attenzione»
Il capitano Giovanni Di Lorenzo invita tutti a non abbassare la guardia: «Vittoria pesante, ma non decisiva. Mancano tre gare e dobbiamo restare concentrati. Ci siamo guadagnati tutto sul campo e dipendiamo da noi stessi».
Il leader azzurro sottolinea la trasformazione di questa squadra: «Ripensando a come avevamo chiuso la scorsa stagione, è incredibile essere in testa. Dal ritiro di luglio abbiamo fatto tanti sacrifici. Ora serve massima concentrazione».
Lukaku: «Come diceva Kobe, il lavoro non è finito»
Il centravanti Romelu Lukaku, alla sua 130ª partita con Conte, si è visto annullare un gol per fuorigioco millimetrico, ma non perde l’ironia: «Colpa del mio 48,5 di piede».
Poi torna serio: «Dobbiamo restare concentrati, abbiamo tre punti di vantaggio ma non possiamo rilassarci. Come diceva Kobe Bryant, il lavoro non è ancora finito».
Sull’intesa con Raspadori e McTominay: «Stiamo trovando i giusti equilibri. Mettiamo sempre in difficoltà le difese».
E sulla Champions, un pensiero all’Inter: «Auguro loro il meglio, ma noi dobbiamo pensare solo al nostro cammino».
Dopo tre mesi di assenza e la squalifica scaduta, Jannik Sinner fa il suo ritorno agli Internazionali d’Italia: atteso il primo allenamento sul Centrale. Con lui anche Musetti: sei anni dopo la loro semifinale da giovanissimi, tornano entrambi nella top 10 mondiale
L’attesa è finita: domani il Foro Italico si stringerà attorno a Jannik Sinner, che alle 19 scenderà in campo per il suo primo allenamento ufficiale agli Internazionali d’Italia da nuovo numero uno del mondo, tre mesi dopo l’ultima apparizione nel circuito. L’evento sarà aperto ai 10.500 spettatori titolari dei biglietti “ground” e promette il tutto esaurito.
Una giornata evento: dal volo a Roma al primo allenamento sul Centrale
Sinner è atterrato oggi a Roma con un volo da Nizza. In programma: pranzo leggero in hotel, breve riposo e una sgambata privata, prima dell’accredito ufficiale, simbolo del suo rientro da tennista “libero”. Alle 16 la conferenza stampa, quindi alle 18 la doppia celebrazione della Coppa Davis e della Billie Jean King Cup sul Centrale con gli altri azzurri, e infine l’allenamento. Un rientro in grande stile, curato nei minimi dettagli dalla security del torneo, che ha pianificato percorsi e accessi da oltre due mesi.
Sei anni dopo: da ragazzi sconosciuti a top 10 del tennis mondiale
Nella celebrazione degli azzurri Sinner ritroverà Lorenzo Musetti, fresco di semifinale a Madrid e per la prima volta tra i top 10 del ranking. I due si affrontavano il 9 maggio 2019 nella semifinale delle pre-qualificazioni proprio al Foro Italico: erano i numeri 262 e 453 del mondo. Jannik vinse in rimonta e si guadagnò una wild card per il tabellone principale, diventando il più giovane italiano a vincere un match in un Masters 1000.
Da allora le loro carriere si sono rincorse: razionale e solitario Sinner, passato da Piatti a Vagnozzi e Cahill; emotivo e leale Musetti, sempre al fianco del coach Simone Tartarini. Il derby di Roma 2019 è stato il primo di una serie di sfide (Anversa 2021, Montecarlo 2023) vinte tutte da Jannik. Ma Lorenzo rivendica la sua identità: «Sinner è un esempio, ma io devo fare la mia strada».
Un’Italia da superpotenza tennistica
Con dieci italiani nei primi 101 del ranking ATP, il tennis azzurro vive un momento d’oro. Sinner vuole riprendere la centralità che gli spetta, mentre Musetti è chiamato a confermare la crescita. La tensione è alta, e il sorteggio di domani alla Fontana di Trevi potrebbe già anticipare un altro possibile derby.
Tutto cominciò sei anni fa. Ora, sul rosso di casa, i due simboli del tennis italiano tornano a splendere insieme.
L’ex presidente del Coni rompe gli indugi in un’intervista al Corriere della Sera: “Serve più dialogo con la politica e meno autoreferenzialità. E vi dico chi dovrebbe entrare in Giunta”
A un mese esatto dalla chiusura delle candidature per la successione a Giovanni Malagò alla presidenza del Coni, Gianni Petrucci, storico numero uno dello sport italiano per 14 anni e attuale presidente della Federbasket, rompe il silenzio e interviene nel dibattito con la sua consueta schiettezza.
“Non mi candido, ma voglio dire la mia”
«Non mi interessa la presidenza, né un ruolo di vice, né la Giunta. Ho già dato. Sono uno spirito libero e posso permettermi di dire quello che penso e che provo», chiarisce subito Petrucci. Una risposta definitiva? «Sì, soprattutto se le cose vanno avanti come stanno andando: male».
“Rapporto col governo da ricostruire”
Petrucci denuncia una classe dirigente sportiva troppo autoreferenziale e in contrasto permanente con la politica: «Il Coni non è più quello di una volta. Ora la cassa la tiene lo Stato, e con lo Stato bisogna dialogare. Soprattutto le piccole e medie federazioni, che vivono di contributi pubblici».
Contesta anche i trionfalismi: «Non sono i dirigenti a vincere medaglie, ma atleti, tecnici, società e lo Stato che li finanzia. Dobbiamo essere meno presuntuosi e capire che la nostra autonomia è di secondo grado».
“Il prossimo presidente? Serve discontinuità”
Chi si candiderà dovrà “ripassare Einstein”, dice ironico: «Bisogna cambiare quando necessario. Basta guerre con la politica. Serve autorevolezza e pesi massimi in Giunta».
E qui Petrucci fa nomi e cognomi: «Gravina o Marotta vicepresidente, e in Giunta Binaghi e Barelli, dirigenti di federazioni che funzionano. Come puoi pensare a un Coni forte senza di loro?».
“Buonfiglio? Ha coraggio, ma serve un altro profilo”
Senza citarlo apertamente, Petrucci mette in discussione la candidatura di Luciano Buonfiglio, presidente della Canoa e sponsorizzato da Malagò: «Conosco il curriculum degli ex presidenti del Coni in rapporto al suo. Se ha i voti, buon per lui. Ma il concetto che il presidente debba essere “uno dei nostri” è provinciale. Dobbiamo aprirci».
“Abodi? Servono impianti. E un piano quadriennale”
Al ministro dello Sport Petrucci chiede «un programma chiaro e aiuti per gli impianti, che sono in condizioni disastrose». E su Diana Bianchedi taglia corto: «Mi sembra già dimenticata». Su Luca Pancalli: «Ci sono rimasto male quando non ci ha dato i paralimpici, ma vedremo il programma».
“Malagò promosso sul piano umano, ma…”
Il giudizio su Malagò è diplomatico: «Promosso per il rapporto umano e per la sua conoscenza dello sport, ma sul piano politico mi astengo». E chiude con una battuta sul padre del presidente uscente: «Un grandissimo dirigente sportivo. Da lui ho comprato un’auto nuova, non usata».