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Sanremo scossa Maneskin, Egonu e la forza dell’unicità

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La scossa rock con i Maneskin, l’emozione negli occhi lucidi di Marco Mengoni acclamato dal pubblico, il monologo di Paola Egonu sulla “diversità” che è “unicità” e sulla consapevolezza che “siamo tutti uguali oltre le apparenze”. Il festivalone veleggia ancora oltre il 60% di share, Amadeus festeggia in diretta un milione di follower su Instagram e Sanremo conferma la sua cifra, il mix di linguaggi e generazioni, evasione e temi sociali.

Dopo l’empowerment femminile impersonato da Chiara Ferragni, i diritti negati in Iran, con la testimonianza dell’attivista Pegah Moshir Pour, e nelle carceri minorili, con il discorso di Francesca Fagnani, è Paola Egonu stasera sul palco a togliersi di dosso l’etichetta di ‘ermetica’ per raccontare la sua storia di bambina di origini nigeriane appassionata di Mila e Shiro, diventata pallavolista di fama mondiale a dispetto delle discriminazioni, imparando a crescere, che vuol dire “dare il giusto peso” alle critiche, affrontare i momenti brutti ma anche “godersi quelli belli”. Da piccola, racconta Paola emozionata sul palco, si chiedeva “Perché sono alta? Perché mio nonno vive in Nigeria? Perché mi chiedono se sono italiana?”. Poi, diventando più grande, “i perché sono continuati. Perché mi sento diversa? Perché vivo questa cosa come una colpa? Perché ogni volta mi sono punita dando una versione sbagliata di me stessa? Con il tempo ho capito che questa mia diversità è la mia unicità.

E che nella domanda “Perché io sono io?” c’è già anche la risposta: “Perché io sono io”. Alle accuse di vittimismo, di mancanza di rispetto per il suo paese, Egonu risponde con forza: “Amo l’Italia, vesto con orgoglio quella maglia azzurra che per me è la più bella del mondo e ho un profondo senso di responsabilità nei confronti di questo Paese in cui ripongo tutte le mie speranze di domani”. Aver sbagliato in tante finali “non fa di me una perdente”, si appassiona. “Così come non è perdente chi a scuola prende il voto più basso e non è perdente chi non riesce a realizzare il proprio sogno al primo colpo. E poi, visto che siamo a Sanremo, non è perdente nemmeno chi arriva nelle ultime posizioni in classifica”. Il riferimento è a Vasco Rossi, che nel 1983, su questo palco, arrivò penultimo con Vita spericolata, “ognuno col suo viaggio, ognuno diverso”, conclude sulle note del brano-manifesto.

Se l’Ariston balla con Gianni Morandi e Sangiovanni nella versione 2.0 di Fatti mandare dalla mamma, i Maneskin si riprendono il palco dove trionfarono nel 2021, iniziando proprio da qui la cavalcata che li ha portati sul tetto del mondo. Scossa rock assicurata con il medley tra I wanna be your slave, Zitti e buoni, The loneliest e l’ultimo singolo Gossip, eseguito con la leggenda del rock Tom Morello. Poi il gruppo riceve il premio Città di Sanremo e commenta sui social “Che bello tornare a casa””. Impazza il Fantasanremo – tra baci e fiori lanciati al pubblico, ukulele sul palco, occhiali sul naso e fiori nei capelli, batticinque con Morandi – e sfilano sul palco tutti i Big. Tra le performance più convincenti, su tutte quella di Marco Mengoni, in testa alla prima classifica generale e dato tra i favoriti per la vittoria finale, che si commuove quando il pubblico si alza in piedi per la sua ‘Due vite’.

E poi Ultimo, che stasera inizia al pianoforte la sua ‘Alba’, Madame (‘Il bene nel male’), Lazza, che canta ‘Cenere’ scende in platea per regalare il bouquet alla timida mamma Francesca, Giorgia con ‘Parole dette male’, Colapesce Dimartino (‘Splash’) e di Gianluca Grignani, che interrompe l’esibizione con ‘Quando ti manca il fiato’ per problemi audio, la riprende (“A cinquant’anni so come si fa, a venti non lo avrei saputo”, dice alludendo alla vicenda Blanco), mostra sulle spalle la scritta ‘No war’. Deve poi difendersi dalle accuse di aver bestemmiato a fine esibizione: “Non so chi si è inventato questa cosa, ho detto “porto via” prendendo i fiori, non ho detto qualsiasi altra cosa”. Ovazione per Anna Oxa e la sua ‘Sali’, mentre Fiorello – sempre più disperato per la durata monstre delle serate, in attesa di prendere la linea per Viva Rai2! Viva Sanremo! chiama in aiuto l’amico Lillo-Posaman.

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Con Garrone l’Italia punta all’Oscar

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Io Capitano di Matteo Garrone è il film designato dall’Italia per la corsa all’Oscar internazionale. Lo ha deciso la commissione di selezione riunita all’Anica scegliendo l’opera tra altri 11 film indicati tra cui La Chimera di Alice Rohrwacher e Rapito di Marco Bellocchio. Io Capitano, nonostante al momento non abbia ancora chiuso la distribuzione in America pur essendo in corso trattative – un fattore decisivo per la campagna Oscar, ndr – è stato scelto forte del premio prestigioso appena vinto a Venezia, il Leone d’argento per la regia a Garrone e per l’onda emotiva che sta spingendo il film nelle sale nonostante il tema ostico dei migranti di attualità ogni giorno. Proprio oggi 01 Distribution ha annunciato che salgono a 350 le copie del film anche per il tam tam che si è creato per Io Capitano dall’emozionante premiere nella sala grande del Palazzo del Cinema.

E Garrone, persona generosa – come ha dimostrato sul palco della finale di Venezia con i suoi giovani protagonisti Seydou e Moussa e lasciando la parola a Mamadou, un migrante sopravvissuto alla traversata – sta accompagnando in tour nelle sale questa sua opera poetica e tragica insieme. “Siamo molto orgogliosi di poter rappresentare l’Italia agli Academy Awards con Io Capitano e ci auguriamo che il viaggio di Seydou possa toccare il cuore anche del pubblico americano”, dice a caldo parlando al plurale il regista di Gomorra e Pinocchio. Il prossimo step per Io Capitano è entrare nella shortlist che includerà i quindici migliori film internazionali selezionati dall’Academy e che sarà resa nota il 21 dicembre 2023. L’annuncio delle nomination (la cinquina dei film nominati per concorrere al premio) è previsto invece per il 23 gennaio 2024, mentre la cerimonia di consegna degli Oscars si terrà a Los Angeles il 10 marzo 2024. Il film è l’Odissea contemporanea di due giovani del Senegal che decidono di partire verso l’Europa attraversando come in una via crucis le tappe del deserto, delle carceri dei torturatori libici, del viaggio per il mare Mediterraneo fino ad arrivare ad una sorta di Terra Promessa.

Un film che Garrone ha voluto dedicare a tutti coloro che non ce l’hanno fatta durante il viaggio verso la Fortezza Europa, sottolineando però come sia un anelito di libertà, di libera circolazione quello che muove ad ogni latitudine specie i giovani, cercando un futuro migliore e diverso. Io capitano è una coproduzione internazionale Italia-Belgio; una produzione Archimede con Rai Cinema e Tarantula ed è stato già venduto in India, Canada, in tutta l’America Latina, Israele, Spagna Portogallo, Grecia, Bulgaria, paesi della ex Yugoslavia, mentre Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo sono già presenti come paesi coproduttori La strada è lunga, lunghissima e gli altri competitor non sono certo film meno belli: dall’Australia che candida Shayda che ha vinto il Sundance, dal Giappone con il magnifico Perfect Days di Wim Wenders, alla Finlandia con il toccante Fallen Leaves di Aki Kaurismäki, all’Ucraina con 20 Days In Mariupol, ma Io Capitano intanto alza le vele.

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Tiziano Ferro divorzia da Victor Allen, ‘penso solo ai figli’

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“Come sempre, che sia gioia o dolore, consegno a voi la mia storia. Perché non saprei fare diversamente, perché di voi mi fido. Da qualche tempo è cominciata una dolorosa separazione da Victor. L’ho affrontata in silenzio, proteggendo la riservatezza di tutti. Recentemente abbiamo avviato le pratiche per il divorzio. È un momento delicato, in cui tutta la mia attenzione è concentrata sulla tutela dei miei due meravigliosi figli, che attualmente trascorrono la maggior parte del tempo a casa con me”. Con questo messaggio sui social Tiziano Ferro annuncia ai fan che sta divorziando dal marito Victor Allen con cui è sposato dal 2019. Il cantante poi aggiunge lasciando trasprire la sua preoccupazione: “In questo momento non posso lasciarli, e non posso portarli con me in Italia. Voi lo sapete: ho portato avanti un tour contro il parere dei medici. Non avrei mai cancellato quei concerti. Questa volta, però, è diverso. Non si tratta di me e della mia salute, si tratta di due bambini piccolissimi e della loro serenità. Chiedo immensamente scusa, ma adesso loro sono la mia priorità”.

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Cinema su Rai, da Scott a film dossier di Sciarelli

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Grandi film internazionali su Rai 1 come House of Gucci di Ridley Scott o fra i titoli italiani la commedia Bla Bla baby di Fausto Brizzi; la saga di Creed, Freaks out di Gabriele Mainetti e Diabolik dei Manetti Bros su Rai 2; protagonisti da Oscar come Anthony Hopkins per The Father e Jessica Chastain con Gli occhi di Tammy Faye su Rai 3, dove approderanno anche i film dossier in prima serata, legati all’attualità, con l’introduzione e l’approfondimento di Federica Sciarelli (si partirà da Caivano attraverso ‘Fortuna’ di Nicolangelo Gelormini, con Valeria Golino). Il debutto sull’ammiraglia Rai (dopo l’esordio nel 2021 su Sky) della miniserie di Marco Pontecovo Alfredino – Una storia italiana con Anna Foglietta e Il ritorno di successi come Morgane detective geniale, con la terza stagione al via il 19 settembre in prima serata; ma anche le serie action su Rai 2 da Ncis a Swat. Sono fra i punti principali della stagione autunnale Rai nella programmazione di film, serie di successo e documentari d’autore. Un’offerta nell’anno di circa 20mila ore di programmazione, proposta dalla Direzione Cinema e Serie Tv, tra grandi produzioni internazionali, cinema italiano e coproduzioni della Rai.

“Il cinema è un prodotto molto nobile che rimane evergreen – spiega il direttore direttore Cinema e Serie TV Adriano De Maio – fa da didascalia alla nostra vita. La programmazione non va fatta solo pensando all’audience, ma per far ragionare e dare un contributo”. Il tutto con appuntamenti fissi “per fidelizzare il pubblico” e l’introduzione con nuove sigle create ad hoc, come si faceva con lo storico jingle di Lucio Dalla che aveva ‘Lunedì cinema . “Dopo Sanremo vi adatteremo i brani dei tre giovani sul podio al festival”. Sotto i riflettori anche approfondimenti, omaggi e collegamenti con l’attualità: da Bread and Brexit ciclo di 14 titoli di tema sociale di Ken Loach su Rai 5 dal 19 settembre, alla maratona di film il 3 ottobre su Rai Movie per la giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione; passando per Fortpasc di Marco Risi in prima serata su Rai 3 il 21 settembre a 28 anni dall’uccisione di Giancarlo Siani; Bellissima il 23 settembre, a 50 anni dalla morte di Anna Magnani; la retrospettiva su Billy Wilder (Rai Movie) o gli approfondimenti cinematografici su Rai storia e Rai 5, per i quali De Maio pensa alle introduzioni di Alessandro Barbero e Piero Chiambretti.

Grande spazio su tutte le reti al cinema italiano: “E’ una strategia da sempre della Rai dargli attenzione, anche perché ci racconta e varca i confini” spiega De Maio. In programma, fra gli altri, in prima serata su Rai 3, i pluripremiati Settembre di Giulia Steigerwalt, vincitore come migliore opera prima del David di Donatello e il Nastro d’argento e Il bambino nascosto di Roberto Andò, con Silvio Orlando e Giuseppe Pirozzi (Marefuori); il cinema d’autore italiano su Rai 5; documentari di maestri come Cecilia Mangini (Il mondo a scatti, il 23 settembre in seconda serata su Rai 3) o Marco Bellocchio con Marx può attendere (a dicembre). Senza dimenticare i generi su Rai 4, tra ritorni e novità come la serie poliziesca spagnola Rapa con Javier Camarà o Nancy Drew, L’approdo di House of Gucci su Rai 1 rimanda alla polemica sulle icone italiane interpretate da attori stranieri. “Non sono d’accordo con Favino – spiega de Maio – questa è l’opera di un maestro del cinema e ricordiamo il ruolo fondamentale per questi film dei nostri doppiatori”.

Per Paolo del Brocco, ad di Rai Cinema “Favino faceva un discorso generale di cui è stato preso solo un pezzo per fare titolo” osserva, e sottolinea l’importanza nella programmazione Rai per il cinema italiano: “tra noi c’è stata stata sempre una collaborazione nel valorizzarlo. Comunque bisogna smettere di dire che vada male in sala. I film italiani a grosso budget sono andati benissimo, mentre film più piccoli hanno perso terreno. La tv in questo può fare molto per rilanciare l’interesse, distinguendosi dalle piattaforme e raggiungendo tutti i tipi di pubblico”.

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