Nel 2050 gli ultraottantenni in Italia saranno 7,6 milioni, tre milioni in più di adesso e oltre 7 milioni in più rispetto al 1950 quando gli over 80 erano soltanto 500mila. La demografia italiana è “un caso eccezionale”, sottolinea Daniele Vignoli ordinario di Demografia all’Università di Firenze perché “siamo uno dei Paesi con la più alta longevità e con la più bassa fecondità e questo crea una struttura per età tra le più vecchie al mondo”. Un caso esemplare, quindi, e per questo da analizzare e studiare per la ricerca di ricette e soluzioni che potrebbero essere prese ad esempio dal resto del mondo. A questo scopo, oggi l’Università di Firenze ha presentato Age-It, il programma dedicato alla ricerca sui temi dell’invecchiamento. Si tratta di un polo interamente italiano che aggrega 27 partner tra università, centri di ricerca, industrie, enti e organizzazioni con 350 esperti in più materie messi a fattor comune, dal settore sociale a quello economico, dal biomedico al tecnologico.
L’Università di Firenze è la capofila del progetto per il quale è previsto un investimento di oltre 114 milioni di euro provenienti dal Pnrr. “Per la prima volta si tratta di un progetto integrato che unisce 27 partner – spiega Vignoli che sarà il coordinatore scientifico di Age-It – ovvero tutte le eccellenze italiane che studiano l’invecchiamento per trovare delle soluzioni. E’ un’alleanza tra scienze sociali, biomediche e tecnologiche. La ricerca sarà organizzata in dieci grandi sfide articolate nei vari settori disciplinari, con un’attenzione particolare a temi trasversali come il trasferimento tecnologico e il ruolo dell’apprendimento nell’invecchiamento attivo”. “Si approfondiranno – prosegue – demografia e biologia dell’invecchiamento; i fattori clinici e ambientali, le traiettorie per l’invecchiamento attivo e in buona salute, la sostenibilità dei sistemi di cura all’anziano e il welfare in età avanzata”. “Ma anche le dimensioni culturali e politiche delle società che invecchiano, le tecnologie avanzate per un invecchiamento attivo e in buona salute e quali possono essere gli interventi multicomponente”, sono indicati come campi d’azione.
Il polo, continua a spiegare Vignoli, prenderà in considerazione “10 spoke e ogni spoke si occuperà di un aspetto specifico. Non sarebbe pensabile andare a lavorare su un unico aspetto, un’unica politica, ci saranno studi legati ad aspetti più clinici, alle politiche sanitarie, ci saranno politiche economiche, e ci saranno aspetti legati alla demografia e alla natalità. Verrà affrontato l’invecchiamento veramente a 360 gradi”. I primi risultati delle ricerche sono attesi già a metà 2024, ma la scadenza del progetto è fissata tra tre anni. Ma, continua Vignoli, “l’obiettivo di un progetto di questo tipo è quello di non concludere il lavoro nei tre anni previsti, ma far nascere un istituto nazionale sull’invecchiamento in Italia che non esiste oggi e che poi possa continuare nei prossimi anni. Intanto in questi tre anni abbiamo promesso di dare risultati e lo faremo”.
L’obiettivo del polo è quello di dare “una serie di raccomandazioni che – aggiunge il professore – auspichiamo possano risolvere almeno in parte il problema dell’invecchiamento trasformandolo da un problema a un’opportunità. L’Italia essendo così eccezionale nel mondo potrebbe diventare un riferimento internazionale per molte altre società in Europa e fuori”. Un compito notevole che accende i riflettori dell’ateneo di Firenze. “Essere a capofila di questo partenariato – ha commentato la rettrice Alessandra Petrucci – riveste per l’Università di Firenze grande importanza a cui corrisponde l’impegno e la responsabilità di contribuire alle prospettive future della nostra società”.