Collegati con noi

Economia

Ita, i sindacati attaccano e Giorgetti dice: limiteremo i danni

Pubblicato

del

Primo faccia a faccia tra Ita e i sindacati e sono subito scintille: i rappresentanti dei lavoratori accusano la newco di volere “mano libera” sui contratti e chiedono quindi il coinvolgimento di Palazzo Chigi in una trattativa definita “molto difficile ed in salita”. Domani invieranno una lettera al Governo, sollecitando un suo intervento, annunciano Filt Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Uglta al termine dell’incontro con i vertici della compagnia che rilevera’ gli asset di Alitalia. E contemporaneamente confermano lo sciopero del trasporto aereo per il 24 settembre prossimo. “Quella di Alitalia e’ una situazione molto complessa, molto complicata che pero’ ha delle risposte obbligate. Faremo ovviamente tutto il possibile per limitare i danni. Pero’ il settore e’ quello” e ci sono “le condizioni che ha posto la Commissione Europea”, risponde dal Meeting di Rimini il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. “Adesso e’ anche compito degli amministratori di Ita trovare diciamo cosi’, la via migliore possibile. Possibile pero’, non impossibile”, sottolinea il ministro, auspicando “una collaborazione con Ferrovie”. Esprime ottimismo sulla newco il ministro delle Infrastrutture e della Mobilita’ Sostenibili, Enrico Giovannini. “Io sono convinto che Ita possa essere un soggetto forte, robusto, in grado non solo di coprire un importante segmento della domanda ma anche di fare accordi commerciali con altri soggetti”, dice il titolare del Mims. All’uscita dalla sede di Ita i sindacati attaccano mentre e’ in corso un presidio di dipendenti Alitalia, tra cui assistenti di volo che lavorano da trent’anni nella ex compagnia di bandiera ed ora il loro futuro e’ piu’ incerto che mai. “Ita vuole avere mano libera sul contratto, ha scelto di uscire da Assaereo, vuole scegliersi i propri dipendenti, negoziare al proprio interno il contratto di lavoro e a quel punto confrontandolo con quello che si riesce a fare entro il 20 settembre ma scegliendo poi la condizione migliore”, spiega il segretario generale della Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi. “Cosa inaccettabile per noi”, sottolinea. “Abbiamo stigmatizzato l’uscita di Ita dall’associazione datoriale, che apre al Contratto collettivo nazionale di lavoro, una cosa paradossale, avviene ad opera di una societa’ controllata dallo Stato e che va contro la norma prescritta nel decreto rilancio, che prevede l’applicazione dei minimi salariali nel ccnl. Questo vuol dire penalizzare i lavoratori anche da un punto di vista salariale”, aggiunge il leader della Filt Cgil, Fabrizio Cuscito. In questo primo confronto l’azienda ha illustrato il piano ai sindacati che, come noto, prevede all’inizio 52 aeromobili, un totale di 2.800 dipendenti, per arrivare a termine piano nel 2025 con 105 aerei e circa 5.750 lavoratori. La newco partecipera’ poi alla gara per aggiudicarsi il marchio Alitalia, hanno riferito le sigle sindacali, ribadendo che per loro va tutelata l’occupazione di tutti i lavoratori di Alitalia. “Prendiamo atto che il Presidente di Ita definisce la nuova compagnia aerea ‘una startup’, ma per noi la tutela occupazionale e reddituale dei 10.500 lavoratori di Alitalia resta un obiettivo imprescindibile”, chiarisce il segretario generale della Fit-Cisl, Salvatore Pellecchia. “Ci hanno detto che non ci deve essere nessun legame con Alitalia in amministrazione straordinaria, noi abbiamo rigettato questa proposta perche’ noi ci occupiamo di 10.500 lavoratori e non solo dei 2.800 che Ita vorrebbe assumere”, scandisce Cuscito. “Non siamo d’accordo sul piano occupazionale, chiediamo che tutti i dipendenti di Alitalia siano trasferiti in Ita. Va garantita l’occupazione”, afferma Cleofe Tolotta, esponente di Usb. Delusione anche da parte dei piloti. “La roadmap sui nuovi contratti di lavoro e processi di assunzione non ci ha soddisfatto”, affermano Anpac, Anpav e Anp, chiedendo “maggiori e piu’ dettagliate informazioni sul processo selettivo”. Intanto da domani Ita avviera’ le vendite dei biglietti per i propri voli a partire dal 15 ottobre.

Advertisement

Economia

Sncf sfida Trenitalia e Italo: “Porteremo 10 milioni di nuovi passeggeri sull’alta velocità italiana”

La francese Sncf vuole entrare nel mercato AV italiano con 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Investimento da 800 milioni e 300 assunzioni.

Pubblicato

del

L’operatore francese chiede spazio per 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Ma le trattative con Rfi sono complicate: “Binari saturi, serve razionalizzare”

Milano–Roma–Napoli, ma anche Torino–Venezia: sono queste le direttrici su cui Sncf, il colosso ferroviario francese, punta per rompere il duopolio Trenitalia-Italo nell’alta velocità italiana. Dopo i primi contatti nel 2022, il debutto dei treni francesi è atteso per l’estate del 2027, ma le difficoltà non mancano.

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Caroline Chabrol (le foto sono di Imagoeconomica), direttrice generale di Sncf Voyages Italia, racconta le ambizioni del gruppo: “Non vogliamo sottrarre clienti alle aziende esistenti. Il nostro obiettivo è intercettare milioni di italiani che oggi non viaggiano in treno”.

Da Milano a Parigi: +10% di passeggeri, nonostante la frana

Sncf è già presente in Italia con il collegamento Milano–Torino–Parigi, interrotto a lungo per una frana e recentemente ripristinato. “Nonostante il viaggio sia passato da 7 a 9 ore, la domanda è rimasta alta. Le prenotazioni estive 2025 sono aumentate del 10%”, spiega Chabrol.

Con tre frequenze giornaliere, si stimano circa 700mila passeggeri all’anno. Proprio questi volumi hanno spinto la società a investire sull’alta velocità nazionale: “Abbiamo ordinato 15 nuovi TGV M a due piani adattati alle infrastrutture italiane”.

CAROLINE CHABROL DIRETTRICE SNCF VOYAGES ITALIA

Trattative difficili con Rfi: “Ci avevano dato due viaggi, poi solo uno”

Sncf ha chiesto 13 frequenze giornaliere a Rfi: 9 tra Torino–Milano–Roma–Napoli, 4 tra Torino e Venezia. Ma, secondo la dirigente, “le trattative sono state frustranti: all’inizio ci avevano dato due viaggi a direttrice, poi sono scesi a uno. Non è sostenibile”.

Sullo sfondo c’è anche un’indagine dell’Antitrust italiano, che sospetta un possibile “abuso di posizione dominante” da parte di Rfi nell’ostacolare l’ingresso di Sncf. La società che gestisce i binari respinge ogni addebito.

Un piano industriale da 800 milioni e 300 nuove assunzioni

Sncf stima 10 milioni di passeggeri all’anno, con una potenziale sottrazione del 30% agli operatori attuali, ma la strategia resta quella di “aumentare lo switch modale”, spingendo chi oggi viaggia in auto, aereo o autobus a passare al treno.

Ogni treno in doppia composizione potrà trasportare 1.300 passeggeri, con tariffe non ancora definite, anche se si smentisce l’intenzione di diventare una low cost: “Guardiamo anche al segmento corporate”, precisa Chabrol.

Il piano prevede 800 milioni di investimento e 300 assunzioni in Italia, tra macchinisti, capitreno, manutentori e addetti operativi.

“Binari saturi, il modello multi-frequenza non regge più”

La sfida non sarà solo con Trenitalia e Italo, ma anche con la capacità della rete ferroviaria. “I binari sono saturi, e questo sta causando ritardi. Il modello di alta frequenza non è più sostenibile. Serve una razionalizzazione dell’offerta”, dice Chabrol.

Sncf pagherà circa 50 milioni di euro l’anno a Rfi per l’uso dell’infrastruttura, ma chiede in cambio condizioni eque per garantire concorrenza. “Portiamo valore a tutto il sistema, anche all’Italia”, conclude.

Continua a leggere

Economia

L’Italia perderà quasi 3 milioni di lavoratori in dieci anni: l’allarme della Cgia

Pubblicato

del

Entro il 2035 l’Italia potrebbe contare su quasi 3 milioni di persone in età lavorativa in meno. È quanto emerge dalle proiezioni della Cgia, secondo cui la fascia tra i 15 e i 64 anni passerà dagli attuali 37,3 milioni a 34,4 milioni, con un calo del 7,8%. Alla base di questo declino, il progressivo invecchiamento della popolazione che investirà l’intero territorio nazionale.

Conseguenze economiche e sociali preoccupanti

Il calo demografico avrà effetti profondi sul sistema produttivo: le imprese faticheranno a trovare forza lavoro giovane e qualificata. Neanche il ricorso alla manodopera straniera potrà colmare del tutto il vuoto occupazionale. Le conseguenze più gravi potrebbero riguardare il rallentamento del PIL, l’aumento della spesa per pensioni, sanità e assistenza, con ripercussioni inevitabili sui conti pubblici.

Il Sud meno esposto, ma solo in parte

Paradossalmente, il Mezzogiorno potrebbe reggere meglio l’urto nel breve periodo. I tassi elevati di disoccupazione e inattività consentono margini di recupero, specie nei comparti dell’agroalimentare e del turismo. Tuttavia, anche il Sud dovrà affrontare il declino, con la Sardegna in testa (-15,1%), seguita da Basilicata (-14,8%), Puglia (-12,7%), Calabria (-12,1%) e Molise (-11,9%).

Le imprese più piccole a rischio sopravvivenza

Le aziende di piccole dimensioni saranno le più esposte, potenzialmente costrette a ridurre gli organici per l’impossibilità di assumere nuovo personale. Le grandi e medie imprese, invece, potranno attrarre lavoratori con salari più alti, orari flessibili, benefit e piani di welfare. Il divario tra imprese si farà quindi ancora più profondo.

I settori più colpiti

Secondo la Cgia, i settori che risentiranno maggiormente della crisi saranno immobiliare, trasporti, moda e ricettività. Poche le eccezioni: tra queste, il settore bancario, che potrebbe beneficiare di alcuni effetti positivi legati all’automazione e alla digitalizzazione.

Le province più a rischio

A livello provinciale, il calo maggiore è previsto a Nuoro (-17,9%), Sud Sardegna (-17,7%), Caltanissetta (-17,6%), Enna (-17,5%) e Potenza (-17,3%). In termini assoluti, la perdita più pesante sarà quella della provincia di Napoli, con 236.677 persone in meno. Le province meno colpite saranno Bologna (-1,4%), Prato (-1,1%) e Parma (-0,6%).

Continua a leggere

Economia

Warren Buffet lascia Berkshire a fine ’25. Attacca Trump

Pubblicato

del

Warren Buffett, il sesto uomo più ricco del mondo e l’investitore più famoso nonché di successo al mondo, lascerà a fine 2025 il timone del conglomerato Berkshire Hathaway, un colosso valutato oltre 1.000 miliardi di dollari e con attività liquide per 300 miliardi di dollari. L'”Oracolo di Omaha”, come è soprannominato per la sua capacità di analizzare e prevedere i mercati, ha annunciato il ritiro a 94 anni davanti all’assemblea degli azionisti, che gli ha tributato una standing ovation. Warren ha lanciato anche il suo endorsement per il successore designato, l’attuale vicepresidente: “È arrivato il momento per Greg Abel di diventare direttore generale della società alla fine dell’anno”.

Nel suo discorso d’addio, il guru della finanza mondiale ha attaccato anche i dazi di Donald Trump, pur senza nominare il presidente. “Non c’è dubbio che il commercio possa essere un atto di guerra”, ha detto, ammonendo però che “il commercio non dovrebbe essere un’arma”. Il suo affondo è arrivato mentre gli analisti negli Stati Uniti e all’estero esprimono crescente preoccupazione che i dazi possano seriamente rallentare la crescita globale. Due mesi fa Buffett aveva già dichiarato alla Cbs che i dazi “sono una tassa sulle merci”, e non un modo relativamente indolore per aumentare le entrate, come ha suggerito Trump. “Voglio dire che la Fatina dei denti non li paga!”, aveva ironizzato.

L’Oracolo di Omaha ha esortato Washington a continuare a commerciare con il resto del mondo, continuando “a fare ciò che sappiamo fare meglio”. Raggiungere la prosperità non è un gioco a somma zero, in cui i successi di un Paese comportano le perdite di un altro, ha ammonito sottolineando che entrambi possono prosperare. “Penso che, se il resto del mondo diventerà ricco, non sarà a nostre spese; più prospereremo noi e più ci sentiremo al sicuro”, ha detto Buffett. Quindi ha aggiunto che può essere pericoloso per un Paese offendere il resto del mondo rivendicando la propria superiorità. “È un grosso errore, a mio avviso, quando hai sette miliardi e mezzo di persone che non ti apprezzano molto e 300 milioni che in qualche modo si vantano di quanto bene hanno fatto”, ha messo in guardia, sostenendo che, rispetto a questa dinamica, le recenti oscillazioni dei mercati finanziari sono “davvero nulla”.

Nel primo trimestre Berkshire Hathaway ha registrato un utile di 9,6 miliardi di dollari, in calo del 14%. Ma finora ha sempre registrato forti crescite ed è sopravvissuto alle crisi globali peggiori. Buffett è riuscito a trasformare Berkshire Hathaway da un’azienda tessile di medie dimensioni, quando l’acquistò negli anni ’60, in un gigantesco conglomerato da oltre 1.000 miliardi di dollari, con decine di investimenti nelle assicurazioni, nelle ferrovie, nell’energia e in altri settori. Possiede aziende come la ferrovia Bnsf e l’assicurazione auto Geico, nonché azioni come Apple e American Express. Buffett prevede di donare il 99,5% del suo restante patrimonio a un fondo di beneficenza gestito dai tre figli alla sua morte.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto