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Economia

Istat, torna a salire la fiducia delle imprese

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Dopo quattro mesi consecutivi di ribassi, torna a salire a dicembre la fiducia delle imprese. L’indice stilato dall’Istat segna un aumento da 103,5 (i minimi dall’aprile 2021) a 107,2. Continua la crescita di quella dei consumatori da 103,6 a 106,7. L’istituto segnala “un diffuso miglioramento delle opinioni dei consumatori soprattutto sulla situazione economica generale e sulla situazione futura”. Per le imprese “si segnala un miglioramento della fiducia, seppur con intensità diverse, in tutti i comparti ad eccezione della manifattura”.

Più in dettaglio, sottolinea l’Istat, “nei servizi di mercato si registra un marcato aumento con l’indice che passa da 96,7 a 106,4; nelle costruzioni e nel commercio al dettaglio l’incremento è più contenuto (l’indice cresce, rispettivamente, da 161,3 a 162,9 e da 107,5 a 107,8). Infine si stima un peggioramento della fiducia nella manifattura (l’indice diminuisce da 96,6 a 95,4). Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nella manifattura giudizi sugli ordini e sulle scorte di prodotti finiti sostanzialmente stabili rispetto al mese scorso si abbinano ad attese di produzione in deciso peggioramento. Nelle costruzioni si stima un miglioramento di tutte le componenti.

Nei servizi di mercato si evidenzia un deciso miglioramento dei giudizi sugli ordini e sull’andamento degli affari; anche le attese sugli ordini aumentano ma l’incremento del saldo è meno consistente rispetto ai giudizi. Con riferimento al commercio al dettaglio, si stima una dinamica estremamente positiva per i giudizi sulle vendite, mentre le relative attese sono in diminuzione; tale evoluzione è determinata dalla grande distribuzione, mentre nella distribuzione tradizionale opinioni negative sulle vendite si uniscono ad un aumento delle relative attese. Quanto alle scorte di prodotti finiti, sono giudicate in decumulo.

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Economia

Effetto Trump, bruciati in Borsa 6.500 miliardi in 100 giorni

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Nei primi cento giorni di presidenza Trump ci sono stati 70 giorni di scambi a singhiozzo sui mercati finanziari e 32 giorni di perdite, con oltre 6.500 miliardi di dollari cancellati dal valore delle società quotate. Lo scrive il New York Times, secondo cui per i mercati finanziari il calo del 7% dell’indice S&P 500 rappresenta il peggior inizio di mandato presidenziale da quando Gerald R. Ford subentrò a Richard M. Nixon nell’agosto del 1974, dopo lo scandalo Watergate. La crisi, sottolinea il quotidiano, è persino peggiore di quando scoppiò la bolla tecnologica all’inizio del secolo, e George W. Bush ereditò un mercato già in caduta libera. Al contrario, Trump ha ereditato un’economia solida e un mercato azionario in ascesa da un massimo storico all’altro. La situazione è cambiata rapidamente quando Trump ha annunciato i suoi dazi il 2 aprile, facendo esplodere la volatilita’ nei mercati finanziari.

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Economia

Oxfam, compensi ad cresciuti del 50% per lavoratori solo +0,8%

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A livello globale, negli ultimi 5 anni, la retribuzione mediana degli amministratori delegati d’impresa è cresciuta del 50%, in termini reali, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024. Un aumento che supera di ben 56 volte la modesta crescita del salario medio reale (+0,9%), registrata nello stesso periodo nei Paesi per cui sono pubblicamente disponibili le informazioni sui compensi degli ad.

E’ quanto riporta un’analisi di Oxfam diffusa in occasione del Primo maggio. Nel dettaglio, tra i Paesi in cui il campione di imprese analizzate è sufficientemente ampio, emerge che: Irlanda e Germania vantano alcuni tra gli ad più pagati con una retribuzione annua mediana rispettivamente di 6,7 milioni e 4,7 milioni di dollari nel 2024; in Sudafrica il compenso annuo mediano degli AD era di 1,6 milioni di dollari nel 2024, mentre in India ha raggiunto i 2 milioni di dollari.

“Anno dopo anno assistiamo allo stesso spettacolo a dir poco grottesco: i compensi degli ad crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali”, spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. L’analisi di Oxfam si è concentrata inoltre sui divari salariali di genere a livello d’impresa. Esaminando 11.366 imprese di 82 Paesi, che pubblicano informazioni sul gender pay gap aziendale, si evince che il divario retributivo di genere a livello di impresa si sia, in media, ridotto tra il 2022 e il 2023, passando dal 27% al 22%. Ma tra le 45.501 imprese di 168 Paesi con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di dollari e che riportano il genere del proprio ad, meno del 7% aveva una donna nella posizione apicale dell’organigramma aziendale.

Per quanto riguarda la dinamica dei salari reali in Italia, secondo Oxfam se, anziché ricorrere agli indici generali dell’inflazione, si facesse riferimento alla variazione dei prezzi del carrello della spesa (come approssimazione dei beni maggiormente consumati dai lavoratori con basse retribuzioni), il salario lordo nazionale registrerebbe, in media, una perdita cumulata di circa il 15% nel solo quadriennio 2019-2023 e la dinamica positiva del 2024 non rappresenterebbe che un placebo per i lavoratori con le retribuzioni più basse.

“Fino ad oggi, nell’azione del Governo è del tutto assente una chiara politica industriale, orientata alla creazione di posti di lavoro di qualità, che scommetta su innovazione, transizione verde e formazione, senza lasciare indietro nessuno. – conclude Maslennikov – Il Governo stenta a intervenire sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari e ha affossato il salario minimo legale che rappresenta una tutela essenziale per i lavoratori più fragili”.

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Economia

Wsj, cda di Tesla cerca un nuovo ceo per sostituire Musk

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Il consiglio di amministrazione di Tesla ha iniziato a cercare un nuovo CEO per sostituire il fondatore Elon Musk. Lo riporta il Wall Street Journal. Secondo il quotidiano la decisione è stata presa dopo il crollo delle azioni e degli utili di Tesla. Alcuni investitori ritengono che Musk sia troppo impegnato con il suo lavoro di capo del Dipartimento per l’Efficienza Pubblica (DOGE), che pure sembra volgere al termine. Non è stato reso noto se Musk sia stato informato della decisione.

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