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Esteri

Israele vara il governo di guerra, Gaza è al buio

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Israele vara un governo di emergenza nazionale e continua la guerra più unito che mai. Una scelta obbligata a fronte anche di quello che sta succedendo al confine con il Libano, dove la situazione scivola sempre più verso il conflitto aperto con Hezbollah. L’obiettivo, almeno per ora, resta però Hamas a Gaza, dove si susseguono senza sosta gli attacchi dal cielo contro le strutture strategiche della fazione palestinese ma anche contro i suoi capi. Oggi è stata uccisa in un raid la famiglia di Mohammed Deif, il leader militare nella Striscia, ma sotto le bombe ci sono anche i civili. Gaza tra l’altro è rimasta totalmente al buio visto che, dopo il taglio delle forniture da parte di Israele, l’unica centrale elettrica funzionante ha finito il carburante e si è spenta. Gli attacchi aerei “su scala senza precedenti” stanno martellando la Striscia e la strategia sembra volta a preparare il terreno per l’ingresso di terra – i militari si dicono “pronti” a farlo – che dovrebbe avvenire, secondo gli analisti, da nord e da sud.

Gli obiettivi colpiti finora sono stati oltre 2.600. Mentre da Gaza si è infittito il lancio di razzi: secondo le stime dell’esercito israeliano, finora ne sono stati impiegati oltre 5.000. Missili sono caduti non solo nelle comunità attorno alla Striscia ma anche su Ashkelon (dove è stato centrato un ospedale) e su tutta l’area centrale di Israele, Tel Aviv compresa, nella cui area è incluso l’aeroporto internazionale Ben Gurion. I morti in Israele sono oltre 1.200 (189 soldati), con 2.700 feriti. A Gaza le vittime sono arrivate a 1.055 (inclusi 11 membri dello staff dell’Onu e 30 allievi delle scuole Unrwa), i feriti sono più di 5mila e folle di palestinesi premono al valico di Rafah con l’Egitto che resta chiuso. In questo senso la tregua sta diventando una necessità. Il Cairo avrebbe infatti discusso piani con gli Stati Uniti e altri Paesi “per fornire aiuti umanitari attraverso il confine con la Striscia con un cessate il fuoco limitato”, secondo quanto ha rivelato la Reuters.

Mentre il portavoce del consiglio della Sicurezza nazionale John Kirby ha affermato che gli Stati Uniti stanno “attivamente lavorando per un corridoio” che consente ai civili di fuggire. Per il momento però Israele non ha commentato in alcun modo. Su tutto pesa il destino dei circa 150 ostaggi (17 sono anche cittadini Usa e c’è un terzo italo-israeliano di cui non si hanno notizie) razziati da Hamas nei kibbutz di frontiera e portati a Gaza. L’esercito ha detto di aver contattato le famiglie di 60 prigionieri, una parte di quelli trattenuti nell’enclave palestinese. Mentre il presidente turco Erdogan ha fatto sapere che negoziati sono in corso con Hamas per ottenerne la liberazione. Ma su ogni possibilità di tregua – hanno fatto notare i commentatori in Israele – pesano anche le immagini delle atrocità commesse dai miliziani nei kibbutz di Beeri o Kfar Aza, che hanno scioccato e inviperito l’opinione pubblica.

Il premier Benyamin Netanyahu lo sa benissimo e per questo ha scelto la strada del governo di emergenza nazionale: dopo il clamoroso buco della sua intelligence, ora nessuna scelta potrà essere fatta senza l’adesione di maggioranza e opposizione. Non a caso nella ristretta cellula di comando che guiderà il Paese “in una guerra lunga e dura” – per usare le parole del ministero degli Esteri – ci saranno lo stesso Netanyahu, Benny Gantz (uno dei leader dell’opposizione), il ministro della Difesa Yoav Gallant, l’ex capo di stato maggiore Gadi Eisenkot (anche lui ex opposizione) e il ministro degli Affari strategici Ron Dermer. Molti auspicano che anche l’altro capo dell’opposizione, Yair Lapid, entri al più presto nel nuovo governo.

Uno dei cardini dell’accordo è che fino alla fine della guerra non si parlerà più di riforma giudiziaria, il tema che per 8 mesi ha spaccato in due Israele. Anche il super falco di estrema destra Itamar Ben Gvir ha chinato la testa, ma come ministro della Sicurezza nazionale ha invitato tutti gli israeliani ad armarsi per timore di una “rivolta araba” nelle cittadine miste del Paese. Ad offririgli un assist d’altra parte è stato l’appello alle masse arabe di Giordania, Egitto, Libano e Siria lanciato dall’ex capo di Hamas Khaled Meshal a “scendere in piazza” venerdì prossimo, primo giorno di preghiera per gli islamici dall’attacco di Hamas di sabato scorso.

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Esteri

Algeria, uomo rapito da un vicino di casa ritrovato dopo 30 anni

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Le autorità giudiziarie di Djelfa, 300 km a sud di Algeri, capitale dell’Algeria, hanno arrestato oggi un uomo accusato di aver sequestrato per circa trent’anni un vicino di casa, trovato ieri sera sano e salvo, seppure in stato di grave abbandono, in una buca coperta di fieno in un allevamento di pecore. Lo riferisce il tribunale di Djelfa in una nota. La Procura ha ricevuto due giorni fa, il 12 maggio 2024, tramite la divisione regionale della gendarmeria nazionale di El Guedid, una denuncia contro uno sconosciuto secondo cui il fratello del denunciante, Omar Ben Amrane, scomparso da circa 30 anni, si trovava nella casa di un loro vicino, all’interno di un recinto per le pecore”.

https://x.com/Belhassine_Bey/status/1790483411179601969

“In seguito a questa segnalazione, il pubblico ministero del tribunale di Idrissia (provincia di Djelfa) ha ordinato alla gendarmeria nazionale di aprire un’indagine approfondita e gli ufficiali di giustizia si sono recati nella casa in questione. La persona scomparsa (B.A.) è stata ritrovata e il sospetto, di 61 anni, proprietario della casa, è stato arrestato”, aggiunge la nota. “La Procura ha ordinato un trattamento medico e psicologico per la vittima e il sospetto sarà portato davanti alla Procura non appena l’indagine sarà completata”, ha precisato il tribunale.

La nota conclude sottolineando che “l’autore di questo efferato crimine sarà perseguito con tutta la severità richiesta dalle leggi della Repubblica”. Sui social algerini è diventato virale il video del ritrovamento dell’uomo, ritrovato in uno stato pietoso, con abiti trasandati e una lunga barba. Secondo quanto riportato dai media locali algerini, la famiglia della vittima riteneva in precedenza che fosse stata rapita e uccisa da gruppi terroristici islamici armati attivi in Algeria negli anni ’90, quando aveva solo 16 anni.

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Esteri

Zelensky cancella visita a Madrid prevista per venerdì

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha annullato la visita che avrebbe effettuato a Madrid venerdì prossimo, secondo fonti della Casa del Re, dopo che oggi aveva annunciato l’incontro che si sarebbe svolto incontro con Filippo VI e il successivo pranzo al Palazzo Reale. Lo scrive l’agenzia spagnola Efe. Il Palazzo della Zarzuela non ha spiegato i motivi della cancellazione della visita, che sarebbe stata la prima visita bilaterale di Zelensky in Spagna e nella quale avrebbe dovuto incontrare il premier Pedro Sánchez e firmare un accordo sulla sicurezza.

Il viaggio di Zelensky avrebbe incluso il Portogallo, tappa anche questa destinata a saltare stando a Rtp, la televisione pubblica portoghese, che – senza specificare le sue fonti – indica come motivo dell’annullata visita “l’aggravarsi della situazione in Ucraina”, si legge nella homepage della Rtp.

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Economia

Brasile: il governo Lula licenzia il capo di Petrobras

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Il governo del leader brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha licenziato il presidente del colosso petrolifero statale Petrobras, Jean Paul Prates, dopo una disputa tra la società e l’esecutivo sul pagamento dei dividendi. “Prates è stato licenziato”, ha detto un portavoce presidenziale. Da parte sua, Petrobras ha indicato in un comunicato stampa che Prates ha chiesto una riunione del consiglio di amministrazione.

Il 25 aprile gli azionisti di Petrobras hanno approvato il pagamento di 22 miliardi di reais (4 miliardi di euro) di dividendi straordinari per l’esercizio 2023, durante il quale il gruppo ha realizzato il secondo utile netto più grande della sua storia, e il collocamento di altri 22 miliardi in un fondo destinato a garantire il pagamento dei dividendi futuri. Inizialmente il cda di Petrobras, controllata dallo Stato brasiliano, aveva deciso di non pagare alcun dividendo. Questo annuncio, avvenuto il 7 marzo, ha causato il crollo del prezzo delle azioni Petrobras in borsa ed è stato considerato dagli analisti come il risultato di un’ingerenza del governo negli affari della società, una possibilità che preoccupa i mercati dall’avvento al potere del presidente di sinistra Lula all’inizio del 2023.

Lula ha ripetutamente accusato i dirigenti di Petrobras di pensare solo a soddisfare gli azionisti del gruppo, a scapito dei consumatori. Poco più della metà del capitale di Petrobras è detenuto dallo Stato brasiliano, mentre il resto appartiene ad azionisti privati. Jean Paul Prates, ex senatore del Partito dei lavoratori di Lula, è stato nominato capo di Petrobras nel gennaio 2023, poco dopo l’insediamento del presidente, al quale era noto per essere vicino. Il gruppo ha già sperimentato turbolenze durante il mandato quadriennale del presidente di estrema destra Jair Bolsonaro (2019-2022). Quattro presidenti si erano succeduti alla guida dell’azienda, a causa dei violenti disaccordi sulla politica dei prezzi della Petrobras. In 68 anni di esistenza, Petrobras ha conosciuto un susseguirsi di presidenti: 39 precisamente, con una longevità media inferiore ai due anni. Lula ha posto fine al processo di privatizzazione avviato dal governo Bolsonaro. Il governo brasiliano non ha menzionato il nome di un sostituto di Prates. I media brasiliani scommettono su Magda Chambriard, ex capo dell’Agenzia nazionale del petrolio, un’organizzazione responsabile della regolamentazione dell’industria petrolifera brasiliana.

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