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Inter all’ultimo respiro, a Udine si cuce mezzo scudetto

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Frattesi segna solo gol pesanti. Ma quello di stasera a Udine, all’ultimo respiro, ha un sapore ancora diverso dai precedenti: significa cucirsi mezzo scudetto sul petto, ributtando il Milan a meno 14 nonostante le cinque vittorie di fila dei rossoneri e con la possibilità concreta di chiudere il campionato proprio nel derby. Ma non è stata una passeggiata: per portare a casa i tre punti, l’Inter ha dovuto sudare sette camicie con un’Udinese mai doma. Cioffi per sostituire lo squalificato Lucca punta sull’attacco mobile avanzando i trequartisti Pereyra e Thauvin e rinunciando a Success, che in campionato è ancora a secco. A centrocampo spazio al talento di Samardzic, al centro del caso di mercato con i nerazzurri della scorsa estate.

Rilancio a sorpresa anche per Zarraga, che manda in panchina Lovric. Inzaghi risponde con i titolarissimi, a parte Bastoni, alla prese con un affaticamento, che lascia il posto a Carlos Augusto. In panchina si rivede, dopo un mese, Arnautovic. Primo quarto d’ora di studio con l’Inter a tenere palla e l’Udinese rintanata nella propria metà campo. Al 18′ il primo brivido: perfetto cross dalla sinistra di Dimarco, ma Thuram non arriva puntuale in scivolata di un soffio. La pressione cresce e al 21′ Chalanoglu con un tiro a giro scalda i guantoni di Okoye. Alla mezz’ora è ancora il turco sugli scudi: bordata siderale dal limite con il portiere friulano ancora bravissimo a respingere. Il possesso palla sale al 77% per gli ospiti, ma la saracinesca bianconera resta abbassata. L’Udinese passa la metà campo una sola volta, ma è quella buona: al 40′ Chalanoglu perde un pallone sanguinoso a metà campo, Kamara anticipa Dumfries e serve Samardzic che rientra sul sinistro e batte Sommer grazie a una deviazione velenosa e decisiva di Carlos Augusto, che su un tiro-cross all’apparenza innocuo inchioda Sommer, immobile.

L’Inter non ci sta e dopo un minuto Lautaro costringe Okoye a fare ancora gli straordinari su un’incornata di precisione. Per la seconda volta da inizio di stagione, la capolista va al riposo in svantaggio: era successo solo a Roma. Al 3′ l’Inter trova subito il pareggio con Carlos Augusto, ma sul tocco ravvicinato di Dumfries è in fuorigioco, seppur millimetrico. Gli ospiti mettono all’angolo i friulani e al 10′, sull’ennesimo cross di Dimarco, Thuram viene abbattuto in uscita alta da Okoye: rigore netto. Dal dischetto Chalanoglu emette la solita sentenza. Cioffi rinforza gli ormeggi e all’ora di gioco toglie Samardzic per Lovric, inserendo anche Joao Ferreira al posto di uno stanco Ehizibue. L’Udinese ci prova in contropiede con Kamara (in posizione molto dubbia) ma sul traversone la difesa recupera in extremis.

I padroni di casa arretrano ancora il baricentro con Payero per Zarraga: si gioca senza alcun riferimento offensivo. Inzaghi risponde con Darmian per un impalpabile Dumfries e, a sorpresa, con Frattesi per Mikhitaryan, fino a quel momento equilibratore del gioco. Il tecnico pensiona il suo credo tattico: toglie Chalanoglu per inserire l’ex Sanchez, Nino Maravilla sbocciato proprio da queste parti. Poco dopo dentro anche Arnautovic e Buchanan. Si fa male Lovric e Cioffi prova la mossa disperata con il centometrista Ebosele come centravanti arretrando Pereyra. L’inter fa girare palla ma non trova il varco. Piccinini concede 7′ di recupero e al quinto il centrocampista-bomber della Nazionale la decide: Lautaro fa partire un bolide che Okoye devia sul palo. Sulla respinta Frattesi appoggia in fondo al sacco facendo esplodere il Bluenergy stadium, popolato per almeno due terzi da nerazzurri.

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Marino: campionato squilibrato da anni, troppa disparità fatturati e ricavi

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“Il nostro campionato non è equilibrato da diversi anni, ci sono disparità di fatturati e ricavi, non è una questione di oggi. Però è stato un bel campionato per quanto riguarda lo spettacolo offerto dalle squadre e anche per certe novità tecnico-tattiche. L’Inter ha ripercorso il campionato del Napoli dell’anno scorso. A volte ci sono anche i demeriti che determinano certi divari in classifica. Demeriti di alcune squadre che dovevano fare e non hanno fatto”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 Pierpaolo Marino, decano dei dirigenti sportivi italiani, sul campionato di Serie A ormai alle ultime curve, a quattro giornate dalla fine. Si dovrebbe tornare a un campionato a 18 squadre? “Ho fatto tanti anni con l’Avellino e con il Napoli con campionati a 16 squadre. Sia a 16 che a 18 squadre sono campionati che nella loro brevità non fanno emergere i reali valori tecnici. Una sconfitta determinava una classifica in maniera inappellabile. Sono contrario alla riduzione delle squadre. I format migliori sono la Premier e la Liga, tutti campionati a 20 squadre che non vanno a ridurre l’organico. A mio avviso, quello attuale è il format giusto”.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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