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Esteri

In Iran un presidente riformista,’tendo la mano a tutti’

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“Tenderemo la mano dell’amicizia a tutti”. È all’insegna dell’apertura e della conciliazione la promessa di Masoud Pezeshkian, il politico riformista diventato il nuovo presidente dell’Iran dopo la netta vittoria, con quasi il 54% dei consensi, al ballottaggio con l’ultraconservatore Saeed Jalili. “Il cammino che ci attende è difficile e non può essere percorso senza la vostra fiducia, cooperazione ed empatia”, ha detto dopo il trionfo, segnando uno stacco netto con la chiusura e la rigidità che avevano contraddistinto la retorica di Ebrahim Raisi, il presidente ultraconservatore eletto nel 2021 e morto il 19 maggio in un incidente aereo.

La mano di Pezeshkian si presenta tesa verso tutte le diverse anime della società iraniana. Non solo i conservatori fedeli alla Guida Suprema Ali Khamenei o i riformisti, di cui fa parte, ma apparentemente anche verso la maggior parte della popolazione, che non ha votato in queste elezioni, dove ha partecipato solo il 49% degli aventi diritto e la campagna elettorale è stata segnata da moltissimi appelli per boicottare il voto da parte di prigionieri politici, dissidenti o famiglie di persone morte sotto il regime degli ayatollah. Pezeshkian, un cardiochirurgo di 69 anni che ha guidato il dicastero della Sanità durante l’amministrazione del riformista Mohammad Khatami dal 2001 al 2005, ha dato segnali in campagna elettorale su una possibile rimozione delle restrizioni a internet o sul fatto che non vede di buon occhio la repressione delle proteste, come successe nel 2022 con le manifestazioni dopo la morte di Mahsa Amini, la ventenne curda che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non avrebbe portato correttamente il velo, obbligatorio in pubblico nella Repubblica islamica. L’apertura promessa da Pezeshkian sembra essere rivolta anche all’esterno del Paese, dopo che negli ultimi anni Raisi aveva rafforzato le relazioni con Paesi storicamente vicini all’Iran, come Russia e Cina, alzando invece un muro verso l’Occidente, con cui il nuovo presidente pare volere tenere un atteggiamento diverso, con l’obiettivo di rimuovere le sanzioni che affossano l’economia iraniana.

Durante la campagna elettorale, il politico riformista aveva affermato che non è possibile raggiungere una crescita economica per l’Iran senza “aprire i confini con altri governi”, mentre è stato sostenuto apertamente da Javad Zarif, l’ex ministro degli Esteri che contribuì alla firma dell’accordo sul nucleare del 2015, fallito però solo tre anni dopo. Gli analisti ritengono comunque che, per cambiare davvero qualcosa, Pezeshkian abbia davanti a sé un percorso difficile, come ammesso da lui stesso, soprattutto per la forte influenza sulle decisioni che vengono prese in Iran della Guida Suprema, a cui il nuovo presidente ha giurato fedeltà subito dopo la vittoria, affermando che “se non fosse stato per lui, non penso che il mio nome sarebbe uscito facilmente da queste urne”. Khamenei da parte sua ha espresso soddisfazione per l’aumento dell’affluenza rispetto al primo turno, che aveva segnato il record negativo dalla fondazione della Repubblica islamica con meno del 40%. “Questa grande e brillante mossa è indimenticabile, poiché ha sventato i complotti dei nemici, che miravano a iniettare delusione nel popolo iraniano”, ha detto la Guida suprema, sebbene abbia votato soltanto il 49% degli aventi diritto. Pezeshkian ha ricevuto subito le congratulazioni da parte della Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi Jinping e poi da parte dei Paesi dell’area del Golfo: Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

I complimenti sono arrivati anche dal leader siriano Bashar Al Assad e poi da India, Pakistan, Serbia, Armenia e Giappone. Si è congratulato con Pezeshkian anche Ilham Aliyev, il presidente dell’Azerbaigian, e Recep Tayyip Erdogan, il capo di Stato turco che ha definito l’Iran una “nazione amica e fraterna”. Non arrivano molte congratulazioni invece dal mondo occidentale, dopo che negli ultimi anni le relazioni con Teheran sono precipitate, anche nel contesto del coinvolgimento iraniano nella guerra a Gaza e della repressione delle proteste. In Italia a congratularsi “con il popolo e il governo iraniano” è stato il vice ministro degli Esteri Edmondo Cirielli, “nella speranza che si possa lavorare per il perseguimento della pace e stabilità soprattutto nel Golfo di Aden ed in generale in Medio Oriente”.

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Viktoriia Roshchyna, morta in carcere russo la giornalista ucraina: il corpo restituito con segni di tortura

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Il 14 febbraio scorso, la Russia ha restituito all’Ucraina il corpo di Viktoriia Roshchyna, giovane giornalista freelance ucraina scomparsa nell’agosto 2023 mentre documentava i crimini nei territori occupati nel sud-est del Paese. La restituzione è avvenuta nell’ambito di uno scambio di salme, ma la condizione del corpo ha subito destato allarme.

Segni di tortura e lesioni inflitte in vita

Secondo le indagini della Procura generale ucraina, rese note da Ukrainska Pravda, il corpo di Roshchyna era in avanzato stato di decomposizione e mostrava chiari segni di tortura: abrasioni, contusioni diffuse, una costola rotta, ferite al collo e probabili scosse elettriche ai piedi. Il capo del Dipartimento della Guerra della procura, Yurii Bielousov, ha confermato che le lesioni “sono state inflitte mentre era ancora in vita”.

Organismi interni mancanti e sospetti di occultamento

La conferma dell’identità è avvenuta tramite test del DNA con una corrispondenza del 99%, ma il padre della reporter ha chiesto ulteriori accertamenti, viste le condizioni del corpo. L’autopsia ha rivelato l’assenza di diversi organi interni, tra cui cervello, bulbi oculari e parte della trachea. Un medico legale internazionale ha ipotizzato che questo possa essere stato un tentativo di occultare prove di strangolamento o soffocamento.

Detenzione illegale e isolamento totale

Roshchyna, 27 anni, è la prima giornalista ucraina confermata morta in un carcere russo. Era stata detenuta senza accuse formali nel carcere Sizo-2 di Taganrog, uno dei centri dove la Russia trattiene civili ucraini in condizioni denunciate da diverse organizzazioni internazionali. Non le sarebbe stata consentita alcuna comunicazione con l’esterno.

Tajani: “Putin bluffa, ma la pace è possibile entro il 2025”

Mentre la vicenda scuote l’opinione pubblica internazionale, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, parlando dal congresso del Partito Popolare Europeo a Valencia, si è detto convinto che entro il 2025 la guerra finirà.

Secondo Tajani, la proposta di tregua avanzata da Vladimir Putin è “un bluff, come quella di Pasqua”, ma l’Italia è pronta a sostenere la pace sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il governo italiano sta organizzando una conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina a Roma, preceduta da incontri a Bruxelles e Verona. «Tocca a Putin fare il primo passo», ha dichiarato il ministro, auspicando un coinvolgimento diretto di Europa e Stati Uniti nel processo negoziale.

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Inferno di fiamme a Gerusalemme, è emergenza nazionale

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Un incendio gigantesco sta divorando le colline intorno a Gerusalemme, spinto da venti violenti e temperature estreme. Con il rischio, ha messo in guardia il premier Benjamyn Netanyahu, che raggiunga la città. Proprio nella ricorrenza per i caduti e l’inizio del Giorno dell’Indipendenza, sono stati cancellati tutti gli eventi e Israele ha dichiarato lo stato d’emergenza. “Stiamo affrontando forse il più grande incendio mai scoppiato nel Paese. Non abbiamo idea di cosa l’abbia causato. Posso dire che dopo i primi roghi, diversi incendi dolosi sono stati appiccati in altre località”, ha dichiarato in tv il comandante dei vigili del fuoco della Città Santa Shmulik Friedman.

Hamas ha cavalcato la crisi con un messaggio incendiario su Telegram: “Palestinesi bruciate tutto ciò che potete, boschi, foreste, case dei coloni (tutti gli israeliani vengono chiamati coloni dai palestinesi). I giovani della Cisgiordania, di Gerusalemme, di Israele hanno dato fuoco alle loro auto… Gaza attende la vendetta dei liberi”, ha scritto l’organizzazione fondamentalista. Prima ancora un post del Jenin news network ha invitato i palestinesi a “bruciare i boschi vicino agli insediamenti”. Alcuni canali hanno maledetto l’Anp di Abu Mazen per aver offerto aiuto a Israele e invocato: “Eroi, questo è il vostro giorno. Sfruttate gli incendi e fateli crescere.

Benzina e una scintilla possono trasformare Israele in un inferno di fuoco”. Sul canale arabo Nablus News è stato diffuso un video di incitamento che invita a “trasformare la notte in un giorno di fuoco’”. Una fonte anonima della sicurezza israeliana ha riferito che gli inquirenti non escludono che l’ondata di incendi abbia a che fare con il terrorismo. Ma si tratta di indagini delicate, al momento non c’è alcuna prova che l’innesco sia stato volontario. Lo Shin Bet (l’intelligence interna) partecipa alle indagini, dando corpo ai timori delle autorità. La polizia ha fatto sapere solo dell’arresto di un piromane di Gerusalemme Est segnalato da testimoni e preso mentre cercava di accendere la sterpaglia, ore dopo che gli altri roghi si erano propagati. I media riportano altri due fermi.

Le fiamme si sono diffuse in sette località principali, in alcuni casi si tratta di cittadine molto popolose. L’ospedale Ein Kerem di Gerusalemme ha chiesto ai cittadini di non raggiungere la struttura se non in caso di assoluta necessità, il personale ha evacuato i pazienti che non necessitavano di ricovero e si è preparato ad accogliere le eventuali vittime degli incendi mentre si segnalano decine di intossicati dal fumo. In serata le forze di emergenza si sono preparate a evacuare l’ospedale Alin di Gerusalemme. Le fiamme hanno raggiunto strade e autostrade provocandone la chiusura, gli automobilisti sono stati costretti ad abbandonare i mezzi per mettersi in salvo. I treni tra Gerusalemme e Tel Aviv e i collegamenti con altre cittadine sono stati sospesi per oltre sette ore, in alcuni casi i viaggiatori sono stati recuperati con autobus e mezzi di soccorso.

Il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha chiesto assistenza internazionale e parlato con gli omologhi di Italia, Regno Unito, Francia, Repubblica Ceca, Svezia, Argentina, Spagna, Macedonia del Nord e Azerbaigian. Ed ha sentito anche Antonio Tajani che ha confermato di aver immediatamente attivato il nostro Dipartimento di Protezione Civile. Netanyahu, che segue personalmente lo sviluppo degli eventi dall’unità di crisi, ha fatto sapere che due Canadair sono attesi a stretto giro dall’Italia e uno dalla Croazia. All’enorme operazione di spegnimento delle fiamme sta prendendo parte oltre a un centinaio di squadre dei vigili del fuoco, anche l’esercito con i suoi mezzi e aerei. Per la prima volta nella storia del Paese, l’emittente più seguita, Channel 12, ha annunciato in diretta che lo studio stava per essere evacuato e le trasmissioni sarebbero state “consegnate” a una struttura alternativa poiché il fuoco ha raggiunto la sede di Neve Ilan durante la trasmissione del telegiornale.

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Vicina la svolta sui minerali, Mosca frena sulla pace

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Il Cremlino frena l’impazienza di Donald Trump per raggiungere un accordo sull’Ucraina, affermando che “le cause del conflitto sono troppo complesse per essere risolte in un giorno”. Ma da Kiev arrivano segnali che potrebbe esserci una svolta per la soluzione di una delle questioni legate ai negoziati, l’accordo con Washington sui minerali: secondo il governo ucraino l’intesa potrebbe essere firmata nelle prossime ore.

“Non appena tutti i dettagli saranno definiti, nel prossimo futuro, spero entro le prossime 24 ore, l’accordo sarà firmato”, ha affermato il premier ucraino Denys Shmyhal. Il governo ha già concordato i punti principali e sono state ricevute tutte le approvazioni necessarie dai ministeri chiave, ha aggiunto il premier. Secondo la Bbc, che fa sapere di avere visto il testo, l’intesa prevede anche impegni americani per investimenti in “settori critici dell’economia ucraina”, ma non garanzie precise per la sicurezza di Kiev.

Poche ore prima il presidente americano era tornato a commentare la posizione di Vladimir Putin, al quale nei giorni scorsi aveva riservato qualche stoccata mettendo in dubbio la sua volontà di arrivare a una soluzione pacifica del conflitto. Trump ha detto di “pensare” che il presidente russo voglia la pace in Ucraina. “Il suo sogno era prendere tutto il Paese ma non lo farà, mi rispetta”, ha assicurato. Ma i tempi giudicati necessari da Mosca non sembrano essere veloci come quelli auspicati a Washington. La Russia capisce che gli Usa vogliono “un successo rapido” nei negoziati, ha commentato il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, secondo il quale però questa fretta si scontra con la complessità delle questioni in gioco, in particolare relativamente alle “cause di fondo” del conflitto.

“Ci sono molte sfumature che devono essere tenute in considerazione”, ha aggiunto Peskov. Sempre secondo il portavoce, la Russia ha il “dovere di vincere” per “raggiungere gli obiettivi stabiliti all’inizio dell’operazione militare speciale”, perché deve salvaguardare i suoi “interessi nazionali”. Tuttavia sarebbe “preferibile” raggiungere questi obiettivi per vie pacifiche e quindi Putin “rimane aperto a metodi politici e diplomatici per risolvere il conflitto”, ma finora non c’è stata “nessuna reazione da Kiev”. Lo stesso Putin, tra l’altro, ha annunciato a sorpresa che ci sono “cittadini francesi che combattono fianco a fianco” con i militari di Mosca perché “condividono i principi e i valori russi”. E questi francesi “hanno chiamato la loro unità, come i loro nonni e bisnonni, ‘Normandie-Niemen'”.

Vale a dire come un reparto da caccia dell’aeronautica militare della Francia libera che a partire dal 1944 operò sul fronte orientale affiancato alle forze dell’Unione Sovietica contro gli invasori nazifascisti. Finora Mosca aveva ammesso ufficialmente solo la partecipazione di truppe nordcoreane alle operazioni per respingere le forze ucraine penetrate nella regione russa di Kursk dall’agosto dello scorso anno. Secondo fonti parlamentari sudcoreane, sarebbero circa 600 i soldati di Pyongyang uccisi nell’operazione, e oltre 4.000 i feriti. Un deputato ed esperto di intelligence di Seul, Lee Seong-kweun, ha detto che i corpi dei soldati deceduti sono stati cremati in Russia e le loro ceneri sono state rimpatriate.

Nel frattempo le agenzie di Mosca hanno annunciato che Russia e Corea del Nord hanno avviato i lavori per la costruzione di un ponte stradale sul fiume Tumen per collegare i due Paesi. Un progetto che secondo il primo ministro russo, Mikhail Mishustin, “simboleggia l’aspirazione comune a rafforzare le relazioni amichevoli e di vicinato e a promuovere la cooperazione interregionale” Sul terreno, il ministero della Difesa russo ha rivendicato la conquista di un nuovo villaggio, Novoye, nella regione ucraina di Donetsk. Mentre Volodymyr Zelensky ha denunciato bombardamenti con oltre cento droni su Kharkiv, Dnipro e Dobropillya. L’agenzia Ukrinform parla di un morto a Dnipro e un altro nella regione di Donetsk, oltre a 45 feriti a Kharkiv, tra cui una donna e due bambini. Il presidente ucraino ha chiesto agli Usa e agli europei di esercitare “pressioni” sulla Russia perché ponga fine ai raid e di fornire maggiori difese aeree a Kiev.

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