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Economia

Il salasso dei consumatori di gas e luce, nel 2019 arriverà una maxi stangata (+13%) da 2 miliardi per coprire le malefatte dei gestori del mercato libero

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È la seconda volta in tre mesi che le bollette di luce e gas aumentano. A luglio l’energia elettrica è rincarata del 6,5% (ovvero su base annuo una spesa media di 537 euro), negli ultimi tre mesi del 2018 la maggior parte delle famiglie (quelle del cosiddetto  mercato tutelato) sborseranno il 7,6% in più; mentre sul fronte del metano si è passati dall’8,2% del terzo trimestre (pari a 1.050 euro) all’attuale +6,1%. E i conti non tornano ai consumatori. Per una famiglia tipo, l’anno si concluderà con una spesa di 552 euro per la luce e 1.096 euro per il gas. Il maggiore rincaro dal 2010 a oggi, in un anno già difficile per le famiglie.
E dire che grazie all’Autorità dell’Energia abbiamo pagato meno rispetto alla stangata dovuta: il garante è intervenuto sia nel terzo che nel quarto trimestre congelando gli oneri di sistema che pesano per un quarto del totale della bolletta e servono a finanziare la messa in sicurezza del nucleare, gli incentivi alle rinnovabili, il sostegno alla ricerca, il bonus sociale destinato alle famiglie meno abbienti, le agevolazioni per le imprese a forte consumo di energia e per il settore ferroviario. Tanto che se non ci fosse stato l’intervento, le bollette sarebbero cresciute ben oltre i 10 punti percentuali.

Ma la situazione bollette è solo destinata a peggiorare, soprattutto perchè andiamo incontro all’inverno e dunque ad un maggiore consumo di gas ed elettricità per riscaldarci.  Inoltre entro la fine dell’anno la quotazione del prezzo del petrolio dovrebbe salire fino a quota 100 dollari al barile, mentre quella del gas – il combustibile più usato in Italia per produrre energia – sfiorerà il 70% di aumento colpa anche delle tensioni internazionali nei luoghi di produzione. Come se non bastasse che, dal primo semestre 2011 al primo semestre 2018 (al netto della sterilizzazione degli oneri), i consumatori abbiano già visto esplodere i costi della bolletta, con un aumento della commercializzazione (+162%), del trasporto dell’energia e della gestione del contatore (+55%), delle imposte (+15%) e degli oneri di sistema (+147%), mentre la spesa per la materia energia (che dovrebbe essere la voce più corposa) è diminuita del 15% con il suo peso in bolletta passato dal 55% al 38%.
A gravare sui bilanci familiari sarà anche il completamento della riforma tariffaria per l’ energia elettrica. Una riforma che – ha spiegato l’Arera – “comporterà inevitabili aumenti di spesa annua per larghe fasce della popolazione” con rincari fino al 46% in più per chi consuma meno di 1.500 kWh/anno con 3 kW di potenza, vale a dire anziani, pensionati e famiglie monoreddito, mentre chi ha consumi elevati pagherà di meno. Ma le brutte notizie non finiscono qui.
C’ è poi, da affrontare una questione ancora aperta che nei prossimi mesi si ripresenterà con un conto assai salato: è il caso dei “morosi”. La storia è nota. Per una serie di ricorsi e sentenze del Tar e del Consiglio di Stato, l’Arera è stata costretta a stabilire che una parte degli oneri di sistema (circa 200 milioni di euro) lasciati insolventi da alcuni operatori del mercato libero nei confronti dei distributori di rete, da gennaio 2019 potrebbero essere spalmati su tutti i clienti che pagano regolarmente e che si ritroveranno così a versare circa 2 euro in più all’anno. L’Arera deve, invece, ancora comunicare a quanto ammonta il tesoretto che spetta ai venditori coinvolti. Soldi che potrebbero sempre essere richiesti ai clienti. “Questo dimostra come sia necessario affrontare definitivamente la questione degli oneri di sistema che vanno tolti dalla bolletta, perché sono politiche industriali che drogano il mercato”, commenta Marco Vignola, responsabile del settore energia dell’ Unione nazionale consumatori. Un clima di incertezza in un settore già disorientato dalla continua proroga della fine del mercato tutelato.

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Economia

La nave rigassificatrice è in banchina a Piombino

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La nave rigassificatrice Golar Tundra di Snam è finalmente arrivata nel porto di Piombino (Livorno) dopo 26 giorni di navigazione da Singapore (via Suez) e ha fatto il suo ingresso intorno alle 23 venendo posizionata alla banchina di attracco della darsena nord. Quattro rimorchiatori l’hanno trainata all’ormeggio con una manovra lenta e precisa dopo una sosta di attesa di circa quattro ore alla fonda nel golfo di Follonica.

E’ entrata di prua poi, a centro rada è stata fatta ruotare per portarla al punto di arrivo definitivo. La nave è lunga quasi 300 metri e alta 55 quindi per gestirne l’ingombro è servita un’operazione notturna cioè si è agito quando il traffico dei traghetti si ferma fino all’alba dopo l’ultima corsa. L’arrivo della nave rigassificatrice a Piombino – e così l’altra simile prevista su Ravenna – affrancherà l’Italia da una significativa quota di dipendenza di importazione di metano dai gasdotti transazionali di terra, dalla Russia e anche dall’Azerbaigian.

I gestori potranno rivolgersi al mercato di altri Continenti (Africa, Americhe, pure Asia Oceania) e ovviare alle turbolenze geopolitiche che possono gravare sul trasporto di gas solo via terra. La nave Fsru di Piombino è accreditata di una capacità potenziale di trasformazione di gas liquido in 5 miliardi di metri cubi l’anno. Tuttavia, insieme alla Fsru che ci sarà a Ravenna si parla di ben 13 miliardi di metri cubi annui, un segnale forte nell’approvvigionamento e nella distribuzione di gas per l’Italia. La Golar Tundra non entra subito in funzione. Bisogna aspettare maggio, dicono le previsioni tecniche quando al cantiere di Snam visibile in lontananza, dalla parte opposta del porto commerciale saranno terminati gli allacci con il nuovo metanodotto di terra. La presenza della Golar Tundra ha già un forte valore simbolico.

Il presidente della Toscana, Eugenio Giani, è intervenuto già domenica sera sul porto sottolineando l’importanza di questa tappa nell’ambito delle politiche energetiche nazionali e rilanciando il tema delle compensazioni per Piombino, secondo polo siderurgico italiano, città che ha manifestato dissenso per esser stata scelta. Sulle divergenze col Comune di Piombino e il sindaco Francesco Ferrari, oltre ai comitati degli abitanti, Giani ha detto che siccome “ora c’è la nave ci si renderà conto che si deve lavorare finalmente ai vantaggi per la popolazione”. Giani ha “invitato soprattutto le autorità di Piombino a sedersi con me, con il ministro e le autorità del governo per poter indicare le opere complementari” compensative per Piombino, ma su quando vedrà il sindaco ha detto: “Mi cercherà lui”.

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Economia

Credit Suisse-Ubs, nasce una delle banche big d’Europa

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Un’operazione da tre miliardi di franchi svizzeri per creare una delle banche maggiori d’Europa. Le nozze fra Credit Suisse e Ubs sono le prime fra due banche importanti a livello di sistema dalla crisi del 2008. E sono state architettate nel giro di pochi giorni con l’aiuto delle autorità svizzere, che hanno organizzato nel dettaglio la complessa operazione.

– I TERMINI DELL’ACCORDO: L’intesa valuta Credit Suisse tre miliardi di franchi, meno della metà dei 7,4 miliardi alla chiusura di venerdì e una frazione rispetto ai 100 miliardi del suo picco nel 2007. L’accordo con Ubs sarà chiuso entro l’anno. Il presidente di Ubs Colm Keller e l’amministratore delegato Ralph Hamers manterranno i ruoli all’interno della banca che nascerà dalle nozze, anche se il management di Credit Suisse resterà al suo posto fino alla chiusura dell’intesa.

– LA BANCA DI INVESTIMENTO DI CREDIT SUISSE: La nuova banca avrà attivi investiti per 5.000 miliardi di dollari. Ubs intende ridimensionare la banca di investimento di Credit Suisse: “vogliamo ridimensionarla e allinearla alla nostra culturadel rischio più conservatrice”, ha detto Keller.

– TAGLI AI POSTI DI LAVORO: Pur precisando che è ancora troppo presto per quantificarli, Ubs ha detto che sarà un numero significativo, secondo indiscrezioni dell’ordine di 10.000 tagli.

– AIUTI DALLE AUTORITA’ SVIZZERE: Ubs si è assicurata un linea di liquidità per 100 miliardi di franchi dalla banca centrale svizzera. E il governo ha offerto 9 miliardi di garanzie su eventuali perdite di Credit Suisse. Garanzie che sono come una “polizza assicurativa” che scatterà se le perdite supereranno una determinata soglia.

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Economia

Landini rieletto segretario: distanze da Meloni, pronti anche allo sciopero

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Maurizio Landini è stato rieletto segretario generale della Cgil. Al termine del XIX congresso nazionale, l’assemblea lo ha confermato alla guida del sindacato per il secondo mandato di quattro anni, con il 94,2% di voti favorevoli. La proclamazione è stata accompagnata da un lungo applauso della platea. “vi ringrazio”, le sue prime parole.

Con il governo e la premier Gorgia Meloni c’è “una diversità molto profonda, molto consistente. Per tutto il sindacato italiano non c’è possibilità di discussione, bisogna avviare una mobilitazione che non esclude alcuno strumento, compreso se necessario lo sciopero. Lo vogliamo fare insieme a Cisl e Uil, ne discuteremo con loro, abbiamo già un incontro fissato la prossima settimana”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, nell’intervento di chiusura del XIX congresso, all’indomani dell’intervento della presidente del Consiglio.

Landini parla in particolare del fisco e ribadisce che “non siamo assolutamente d’accordo con la delega” approvata giovedì in Consiglio dei ministri. In un Paese in cui “il 94% dell’Irpef la pagano i lavoratori dipendenti e i pensionati, che ha 100 miliardi di evasione e dove le rendite hanno una tassazione inferiore al lavoro. Non siamo più disponibili ad accettare l’idea di un sistema fiscale che continua a gravare sui lavoratori dipendenti e pensionati”, un sistema che deve rispettare il principio della progressività, rimarca il leader della Cgil. Serve “una seria riforma fiscale per un nuovo patto di cittadinanza”, insiste.

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