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Cronache

Il principe e la sua Napoli, ‘lascio qui il cuore’

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A Napoli era nato il 12 febbraio del 1937 e a Napoli volle tornare nel marzo del 2003 appena terminato l’esilio, cinquantasette anni dopo averla suo malgrado lasciata quando di anni ne aveva solo nove per rifugiarsi in Svizzera. Un filo mai spezzato quello tra l’erede al trono e la città alle falde del Vesuvio, presente anche nel titolo nobiliare impartitogli alla nascita di Sua Altezza Reale e Principe di Napoli, Vittorio Emanuele. Era stata l’ultima città italiana prima dell’esilio – era il 5 giugno del 1946 quando salì a bordo di un’imbarcazione alle spalle di Castel dell’Ovo – e quella da sempre indicata per il suo ritorno in Patria al termine dell’esilio forzato, quasi a voler chiudere un cerchio ideale. Quando ciò avvenne, in occasione di una movimentata tre giorni fatta di manifestazioni di affetto ma anche di contestazioni, tra il 15 e il 17 marzo del 2003, il principe di Napoli fu inevitabilmente travolto dalla commozione visitando gli ampi saloni di quella che era stata la sua casa, a Palazzo Reale. Emozioni che lo portarono a dire al momento della partenza per Ginevra “di aver lasciato il cuore a Napoli”.

Tanta la commozione per l’erede di casa Savoia, ripercorrendo quel balcone dove da piccolo correva ammirando il golfo di Napoli e rivedendo la stanza dove era nato. Vittorio Emanuele, accompagnato dalla moglie Marina e dal figlio Emanuele Filiberto, ripartì da Napoli assicurando di voler ritornare: “Siamo stati così bene che non volevamo andarcene più”. Un’ affermazione suffragata anche da un fuori programma, con la partenza rinviata di cinque ore rispetto al programma ufficiale. Il mini tour partenopeo – tutto all’insegna della memoria – toccò altre tappe care ai Savoia, a partire dalla Biblioteca nazionale, uno spazio che una volta ospitava l’appartamento privato, i saloni per le feste e quelli di rappresentanza con vedute spettacolari sul mare e sul Vesuvio. ”Papà si è molto commosso – rivelò ai cronisti Emanuele Filiberto – ascoltava ogni cosa e si ricordava soprattutto le passeggiate fuori al balcone della sua stanza. E’ stato anche molto bello ed emozionante vedere il piano superiore, dove non c’è più la sala del trono”.

”Vedere la stanza dove sono nato – confessò Vittorio Emanuele – mi ha dato un’ emozione indescrivibile, mi ha riportato alla mente tanti ricordi”. E ancora l’omaggio a San Gennaro, e al circolo nautico Savoia, le passeggiate da bambino nei giardini di Palazzo Reale e quelle vicino a villa Rosebery, lungo la ”fettuccia”, dove il piccolo Vittorio Emanuele si faceva spesso male cadendo. Alla fine di quella tre giorni così intensa commentò: ”Ho la testa piena di ricordi: il sole, il mare, la gente e il Vesuvio. Tutto è sicuramente più bello di Ginevra. Mi considero un buon napoletano”, confidò. Da allora un rapporto con la città all’insegna della riservatezza ma non per questo meno intenso. Spesso mediato dal figlio Emanuele Filiberto che nella vicina Torre Annunziata – poco più di un anno fa – ha rilevato la squadra di calcio che porta il nome della casata, il Savoia, rafforzando il legame con quella terra dove il nonno Umberto avrebbe voluto morire e che il papà Vittorio Emanuele non avrebbe mai voluto lasciare. Non senza lasciarci il cuore.

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Cronache

Prostituzione: adescavano minorenni, 10 arresti a Bari

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Avrebbero indotto, favorito, sfruttato, gestito ed organizzato la prostituzione di tre ragazze minori d’eta’. Per questo dieci persone – quattro donne e sei uomini, tutti finiti in carcere – sono stati arrestati dagli agenti della squadra mobile di Bari. Per due clienti, di anni 47 e 42 che, consapevoli della minore d’eta’ delle ragazze non hanno esitato a consumare rapporti sessuali con loro, in cambio di danaro, sono scattati gli arresti domiciliari.

Per un terzo cliente 55enne l’obbligo di dimora nel Comune di residenza. Medesima misura cautelare e’ stata disposta nei confronti di un 45enne barese, gestore di una struttura ricettiva nella quale tollerava l’esercizio abituale della prostituzione. Le indagini sono partite nel marzo 2022 a seguito della denuncia presentata dalla mamma di una 16enne, che ha notato comportamenti anomali nella figlia e riscontrato la sua frequentazione con una maggiorenne, descritta dalla voce pubblica come escort operativa nelle Marche.

I pedinamenti, gli appostamenti, le intercettazioni, una pluralita’ di audizioni, comprese quelle delle minori coinvolte nella prostituzione, eseguite con l’ausilio di psicologhe, hanno consentito di acquisire gli elementi investigativi. I fatti si sono consumati in alcune strutture ricettive, anche di lusso, delle province di Bari e BAT, a partire dal mese di ottobre del 2021.

Le minorenni, all’epoca 16enni, sono state adescate ed introdotte nel mondo della prostituzione con la promessa, riscontrata, di facili guadagni, ove si consideri che alcuni clienti hanno pagato anche centinaia di euro per singole prestazioni sessuali. Il danaro guadagnato con la prostituzione veniva utilizzato, dalle ragazze, per acquistare abiti, borse e cenare in ristoranti costosi, adottando le cautele utili a non far scoprire ai propri parenti le cospicue disponibilita’ economiche e gli acquisti eseguiti.

Per la gestione dell’attivita’, venivano utilizzate utenze telefoniche dedicate, inserite in appositi annunci on line; vi era chi provvedeva alla prenotazione delle strutture ricettive, chi accompagnava le ragazze nelle camere e chi riceveva le telefonate dei clienti, fissando gli appuntamenti. Le maggiorenni arrestate e il 29enne barese sfruttatore attendevano in stanze attigue che le minorenni terminassero le loro prestazioni, per ricevere personalmente il danaro dai clienti e corrispondere alla ragazze la quota loro spettante, corrispondente al 50% della somma ricevuta.

Tra gli indagati anche professionisti.

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Ergastolo per Alessia Pifferi, ‘ha ucciso la figlia’

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Ergastolo. Alessia Pifferi (nella foto sotto) è stata condannata al massimo della pena per l’omicidio della figlia Diana di un anno e mezzo, lasciata a casa da sola per sei giorni e morta di stenti. Lo ha stabilito la Corte di Assise di Milano, accogliendo la richiesta del pm Francesco De Tommasi. “È un dolore atroce”, ha commentato la mamma di Pifferi, Maria Assandri, subito dopo la lettura del dispositivo. “Si è dimenticata di essere una madre. Deve pagare per quel che ha fatto. Se si fosse pentita e avesse chiesto scusa… Ma non l’ha fatto”. La piccola Diana era stata trovata morta il 20 luglio del 2022, quando Pifferi era rientrata nella sua abitazione di via Parea a Milano dopo quasi una settimana.

Il tardo pomeriggio del 14 luglio era partita per la provincia di Bergamo, dove abitava il suo fidanzato dell’epoca, lasciando la bimba nel lettino con soltanto un biberon e una bottiglietta d’acqua. Tra le aggravanti che le venivano contestate, la Corte ha escluso quella della premeditazione, riconoscendo invece quelle dei futili motivi e dell’aver commesso il fatto ai danni della figlia minorenne. I giudici, presieduti da Ilio Mannucci Pacini, hanno poi condannato la 38enne a versare provvisionali da 20mila e 50mila euro rispettivamente alla sorella Viviana e alla madre Maria, entrambe parti civili nel processo. L’udienza si è aperta questa mattina con l’intervento dell’avvocato di parte civile Emanuele De Mitri, al quale è seguita l’arringa del difensore Alessia Pontenani. Il legale, che aveva chiesto l’assoluzione perché “è evidente che non volesse uccidere la bambina”, ha ricostruito la storia di Pifferi dall’infanzia al giorno in cui è uscita di casa, lasciandola sola per l’ultima volta. “Non ha mai voluto uccidere la figlia. Esiste il reato di abbandono di minore ed è il nostro caso”.

Pifferi, che già in passato aveva lasciato a casa la bimba per andare dal compagno per il weekend, “lo ha commesso più volte”. Per il difensore, “non è una psicotica, ma una ragazza che è cresciuta in assoluto isolamento morale e culturale”. Da piccola “ha subito abusi, è stata vittima di violenza assistita, non è andata a scuola, ha un deficit cognitivo, è vissuta senza avere un lavoro, era in condizioni di estrema indigenza. Partorisce in un bagno, non sa di essere incinta. Una donna cresciuta in questo modo può non avere problemi?”. La perizia psichiatrica eseguita nel corso del processo dallo specialista Elvezio Pirfo aveva però accertato che la 38enne era capace di intendere e volere al momento dei fatti. Un aspetto, questo, che è stato sottolineato anche dal pm Francesco De Tommasi, replicando che Pifferi “non ha nessun deficit”. Per il pm “c’è una sola vittima e si chiama Diana. E c’è una bugiarda e un’attrice, che è Alessia Pifferi”. Lo stesso pubblico ministero, fuori dall’aula dopo la condanna, ha sottolineato che si tratta di “una sentenza giusta, la prima tappa per l’accertamento della verità. Ci ho sempre creduto – ha detto – e con questo verdetto hanno riportato al centro del processo la vittima”. Della stessa idea è la sorella Viviana Pifferi: “penso che i giudici abbiano fatto quello che è giusto – ha osservato -, perché per me non ha mai avuto attenuanti, non è mai stata matta o con problemi psicologici”. L’avvocato Alessia Pontenani ha già fatto sapere che farà ricorso e che chiederà “la riapertura dell’istruttoria e una nuova perizia”. Pifferi “era molto dispiaciuta per l’atteggiamento della sorella e della mamma” le quali “quando il presidente ha detto ‘ergastolo’ hanno festeggiato”. “Alessia – ha riferito – ha pianto tantissimo”.

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Errore del macchinario, falso alert blocca aeroporto Bologna

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Cancellazioni e ritardi in partenza, voli in arrivo dirottati su altre destinazioni. È il bilancio del pomeriggio di passione dell’Aeroporto Marconi di Bologna, le cui operazioni sono state sospese dalle 15 fino alle 16.15 dopo che è scattato un allarme sicurezza. Tutto è nato da “un errore di lettura”, come ha poi spiegato la Questura di Bologna, di un controllo di un bagaglio, “causato da un nuovo macchinario arrivato di recente” allo scalo bolognese. “Per un errore umano o tecnico”, a quanto ha precisato la polizia, è stato “creato un alert” perché sembrava che nel bagaglio di un passeggero “ci fosse la sagoma di una pistola”. Nella valigia, però, non è stato trovato nulla, anche se poi sono continuati gli accertamenti da parte della polizia di frontiera. Pesanti le conseguenze sull’operatività dello scalo. Sono stati bloccati tutti i voli in partenza dopo le 14.30 e alcuni sono stati cancellati, mentre diversi sono partiti con pesanti ritardi. Alcuni voli in arrivo sono stati dirottati su altri aeroporti. Complessivamente, comunica la Questura di Bologna, sono stati cancellati nove voli. Altri undici sono stati dirottati su altri scali nazionali e diciotto voli hanno subito un paio di ore di ritardo: in totale, quindi, hanno subito disagi di vario genere i passeggeri di almeno 38 aerei. Il pomeriggio di passione del Marconi è arrivato in un periodo in cui l’Aeroporto si trova ad affrontare diversi cantieri, tra cui la riqualificazione dell’area di sicurezza a passaporti: qui si sta portando avanti l’inserimento delle nuove macchine radiogene standard 3, che consentono di non togliere liquidi dai bagagli, e la riqualificazione dell’area partenze Schengen. Disagi che hanno portato il Marconi a chiedere ai passeggeri di presentarsi con tre ore di anticipo: in cambio, dall’1 maggio, l’Aeroporto offre il caffè a chi deve presentarsi tra mezzanotte e le 4.

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