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Il Papa striglia leader Sud Sudan, basta guerre civili

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L’immagine del Papa inginocchiato a baciare i piedi dei leader politici del Sud Sudan è rimasta nella storia. Era il 2019 e in Vaticano Papa Francesco voleva suggellare in quel modo il processo di pace. La guerra civile insanguina il più giovane Paese del mondo fin da quando era un unico Stato nel Sudan. Ma con l’indipendenza conquistata nel 2011 le cose non sono migliorate. Nel 2013 è esplosa una guerra interetnica tra Dinka e Nuer, i primi fedeli al presidente Salva Kir, gli altri al vicepresidente Riek Machar. Poi la ricerca di accordi, puntualmente disdetti e il risultato è che in sette anni il conflitto ha causato circa 400mila vittime e oltre 2 milioni di sfollati interni.

Da quel 2019, quando il Papa fece il forte gesto di baciare i piedi di questi politici litigiosi, non molto è cambiato. E allora il Papa ha deciso di venire qui, a Giuba, per chiedere di porre fine a questi conflitti intestini che insanguinano il Paese, lo impoveriscono, e che continuano a provocare morti. Ventisette persone ieri sono state uccise, nella contea di Kajo-Keji, circa 150 chilometri a sud della capitale, in un raid per il furto di bestiame proprio alla vigilia della visita del Papa. Perché in contesto del genere, la gente è sempre più povera e basta l’idea di appropriarsi delle vacche altrui per mettere mano ai fucili. Ma a sorpresa il presidente del Sud Sudan, Salva Kir, prende subito un solenne impegno: “In onore della storica visita di Papa Francesco nel nostro Paese annuncio ufficialmente la sospensione dell’interruzione dei colloqui di pace” nel Paese e dunque il dialogo dovrebbe riprendere. Bergoglio, appena arrivato, ha detto di essere qui come “pellegrino di pace e riconciliazione”; questa seconda tappa in Africa, dopo quella della Repubblica Democratica del Congo, ha un carattere ecumenico con la presenza dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il moderatore della Chiesa di Scozia Iain Greenshields.

“Signor presidente, signori vice-presidenti, in nome di Dio, del Dio che insieme abbiamo pregato a Roma, del Dio mite e umile di cuore nel quale tanta gente di questo caro Paese crede, è l’ora – ha detto Papa Francesco – di dire basta, senza ‘se’ e senza ‘ma’: basta sangue versato, basta conflitti, basta violenze e accuse reciproche su chi le commette, basta lasciare il popolo assetato di pace. Basta distruzione, è l’ora della costruzione. Si getti alle spalle il tempo della guerra e sorga un tempo di pace”. Il Papa avverte i politici del Paese africano: “I vostri ‘figli’ e la storia stessa vi ricorderanno se avrete fatto del bene a questa popolazione, che vi è stata affidata per servirla. Le generazioni future onoreranno o cancelleranno la memoria dei vostri nomi – dice il Papa usando parole forti – in base a quanto fate ora perché, come il fiume lascia le sorgenti per avviare il suo corso, così il corso della storia lascerà indietro i nemici della pace e darà lustro a chi opera per la pace”. E allora qui il processo di pace e di riconciliazione, che è sostanzialmente impantanato, “domanda un nuovo sussulto”.

“In un mondo segnato da divisioni e conflitti, questo Paese ospita un pellegrinaggio ecumenico di pace, che costituisce una rarità – rileva il Papa riferendosi alla visita congiunta con gli altri due leader cristiani -; rappresenti un cambio di passo, l’occasione, per il Sud Sudan, di ricominciare a navigare in acque tranquille, riprendendo il dialogo, senza doppiezze e opportunismi”. Un passaggio infine sulla corruzione e sulle troppe armi presenti nel Paese dove è anche diffuso il fenomeno dei bambini-soldato. “Come tutti i bambini di questo continente e del mondo, hanno il diritto di crescere tenendo in mano quaderni e giocattoli, non strumenti di lavoro e armi”, ha concluso il Papa.

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Mosca: bilancio finale vittime Belgorod è di 15 morti

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E’ di 15 morti e 17 persone tratte in salvo il bilancio finale del crollo parziale di un condominio residenziale di 10 piani nella città russa sudoccidentale di Belgorod, colpita ieri da un attacco ucraino. Lo ha reso noto stamattina a operazioni di ricerca terminate il Ministero per le Emergenze russo, citato dall’agenzia di stampa Tass.

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Dramma ad Algeri, 5 bambini annegati in una gita scolastica

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Una gita scolastica in Algeria si è trasformata in dramma: cinque bambini sono morti annegati ad Algeri, mentre altri due sono ancora ricoverati in terapia intensiva. Lo riferisce un comunicato della protezione civile pubblicato nella tarda serata di ieri su Facebook. La stessa fonte ha indicato che le sue squadre sono intervenute intorno alle 19:30 ora locale (20:30 ora di Roma) per recuperare sei bambini sulla spiaggia del Parco Sablette, sulla baia di Algeri. La nota spiega che un bambino è stato recuperato morto sul posto, mentre altri sei sono stati trasferiti all’ospedale universitario Mustapha Pacha nel centro della città, dove quattro di loro sono morti dopo numerosi tentativi di rianimazione . Da parte sua, la radio ufficiale algerina ha riferito che i bambini provenivano dalla provincia di Médéa (100 chilometri a sud di Algeri). I Dati ufficiali della protezione civile algerina mostrano che l’anno scorso più di 200 persone sono annegate al mare, stagni e dighe.

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Idf, avanti con operazione Rafah per portare ostaggi a casa

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“Le Forze di Difesa di Israele stanno continuando la loro operazione mirata contro Hamas a Rafah come parte degli sforzi per ottenere una duratura sconfitta di Hamas e per portare a casa tutti i nostri ostaggi”. Lo ha detto il portavoce dell’Idf, Rear Admiral Daniel Hagari, in un video diffuso sul canale Telegram dell’esercito israeliano. “La nostra guerra – ha aggiunto – è contro Hamas non contro la popolazione di Gaza”.

“Le nostre operazioni contro Hamas a Rafah restano limitate e dirette a progressi tattici, aggiustamenti tattici, progressi militari e ad evitare aree densamente popolate – ha sottolineato il portavoce dell’Idf -. Dall’inizio della nostra azione mirata contro Hamas a Rafah abbiamo eliminato dozzine di terroristi, scoperto tunnel e numerose armi. Prima delle nostre operazioni invitiamo i civili a spostarsi temporaneamente nelle aree umanitarie e ad allontanarsi dal fuoco incrociato in cui li mette Hamas”.

“Negli ultimi giorni – ha spiegato Rear Admiral Daniel Hagari – abbiamo facilitato l’ingresso di 200.000 litri di carburante dal valico di Kerem Shalom, abbiamo facilitato e coordinato l’apertura di un nuovo ospedale da campo a Gaza e ci stiamo adoperando per consentire il flusso di aiuti umanitari verso Rafah attraverso il valico di Salah Al-Din Road. Solo negli ultimi giorni, ci siamo ricordati del perché il nostro attacco contro Hamas sia vitale: Hamas ha lanciato missili da Rafah verso il valico di Kerem Shalom attraverso il quale Israele lascia entrare gli aiuti umanitari per la popolazione di Gaza. E venerdì notte, Hamas ha lanciato 9 missili da Rafah verso la città israeliana di Beer Sheva, colpendo un parco giochi per bambini. Continueremo a compiere la nostra missione per ottenere la sconfitta di Hamas e per riportare a casa i nostri ostaggi”.

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